“Nell’organismo sano c’è un equilibrio fra contenimento ed eccitazione; l’individuo si sente libero di esprimere impulsi e sentimenti ma ha una padronanza di Sé che gli consente di farlo in modo efficace ed appropriato. In lui la mente e il corpo sono intimamente connessi.”(A.Lowen 1990, p.57)
Per Lowen la padronanza di Sè è la terza colonna del Sè corporeo ed è uno degli elementi chiave della sua teoria sulla regolazione delle emozioni. Si forma come esperienza propriocettiva ogni volta in cui riusciamo a percepire, distinguere e nominare, senza farsi travolgere, emozioni anche intense. Quando falliamo e non riusciamo a rimanere integri di fronte all’esperienza emotiva – ossia quando le nostre emozioni superano la finestra di tolleranza – dobbiamo attivare delle difese a lungo temine, attraverso la contrazione muscolare. SI può valutare la padronanza di sé come la capacità di reagire in modo appropriato alle necessità della vita ed è in relazione alla capacità dell’Io di dare un significato alle proprie risposte emotive, mantenendo un senso di integrità.
Padronanza o controllo?
Come abbiamo visto nella sezione dedicata alla espressione di sé, questa soppressione organizza due schemi difensivi generali: la sottomissione o la ribellione. Questi due schemi difensivi sono espressione di due modalità di espressione emotiva collegati ad emozioni che superano la finestra di tolleranza. La persona in cui prevalgono risposte di ribellione tende ad iperattivarsi mentre la persona in cui prevalgono risposte di sottomissione tende ad ipoattivarsi. Le emozioni che entrambe queste modalità cercano di regolare sono la paura intensa, la rabbia e la disperazione.
La soppressione di questi sentimenti diminuisce lo stato di eccitazione del corpo ma anche la capacità mentale di mettere a fuoco alcuni contenuti e diminuiscono il senso di padronanza.Non siamo più in grado di fronteggiare le emozioni e quindi rispondiamo attivando modalità di controllo cosciente, di evitamento e di perdita di messa a fuoco della realtà.Questi tre elementi e l’importanza della loro presenza, ci dicono già molto sulla qualità della padronanza della persona che abbiamo di fronte, permettendoci di raccogliere altri elementi diagnostici sul Sè corporeo.
Iniziamo a domandarci quanto controllo è presente, quanto evitamento e quanta distrazione? Queste risposte ci permetteranno di passare alla fase successiva che sottolinea la relazione tra padronanza e vitalità.
L’eccitazione, la padronanza e la vitalità
I bambini reprimono le loro emozioni per adattarsi alle condizioni dell’ambiente familiare. L’effetto della soppressione è la diminuzione della vitalità corporea e comporta una riduzione della capacità di concentrazione. Una persona è in grado di sostenere la carica eccitatoria delle proprie emozioni perché è capace di padronanza senza necessariamente attivare modalità di controllo. Questa carica eccitatoria fornisce nutrimento alla vitalità e stabilizza l’umore. Ma se perdiamo fiducia nella nostra padronanza dobbiamo necessariamente evitare situazioni che potrebbero fare emergere contenuti minacciosi o sfuocare la nostra percezione dell’ambiente.
La situazione più tipica di evitamento di emozioni minacciose è espressa da tutti i diversi tipi di disturbi fobici – che in genere si accompagnano per l’appunto, a modalità di evitamento – e dai disturbi legati alla difficoltà di concentrazione – una perdita di attenzione necessaria per non individuare gli stimoli pericolosi e che comporta una perdita di consapevolezza.
La domanda quindi sulla carica, che abbiamo affrontato nella sezione relativa alla espressione di sé, diventa quindi un anello di congiunzione anche rispetto alla padronanza. Meno la persona è padrona di se stessa, meno potrà tollerare la pressione, l’eccitazione, la carica che provengono da certe situazioni e più limiterà di conseguenza le proprie scelte, con una conseguente abbassamento del profilo di vitalità generale.
Entrare davvero nel mondo
La padronanza svolge però anche un’altra funzione importante: ci permette di sentirci parte di sfere d’azioni sempre più ampie. Se guardiamo lo schema proposto da Lowen, crescere significa essere in grado di aprirsi ad appartenenze sempre più ampie. Ma se non siamo padroni di noi stessi dovremo evitare questa apertura ed evitare, di conseguenza, anche di appartenere, alla famiglia delle cose.
Per esistere dovremo cioè limitare il nostro appartenere, con una perdita che risulta evidente prima di tutto sul piano delle relazioni sociali. Lo schema accluso ci permette quindi una prima guida per comprendere in quali situazioni la persona sente di perdersi e quali limitazioni impone alla sua espansione relazionale per mantenere un senso coerente di padronanza di sé.
Potremo quindi domandarci in quali ambiti – familiare, professionale, sociale o spirituale – si senta più adeguato e avremo una schema di come la sua padronanza gli permetta di esistere ed anche di appartenere al mondo.
Qual è il posto degli esercizi bioenergetici?
Lowen dedica una sezione specifica agli esercizi sulla padronanza di Sé nel suo libro “Bioenergetica” con quegli esercizi che mettono la persona in condizione di sperimentare l’ansia di cadere. Questa paura è significativa perchè rappresenta una transizione tra l’essere senza grounding e il radicamento a terra. E’ inoltre espressione simbolica e reale della nostra padronanza di noi. Se l’ansia di soffocare esprime un bisogno represso di protendersi verso l’altro, l’ansia di cadere esprime la paura legata alla perdita di padronanza. Queste due paure sono collegate tra di loro e vengono sperimentate solo quando si dà la possibilità all’impulso di esprimersi oltre i limiti della propria struttura caratteriale. Come abbiamo visto nel contributo dedicato a “Hangs up e strutture caratteriali” per ogni tipo di carattere è possibile disegnare una qualità di paura di cadere. Questo aspetto – che può essere ulteriormente approfondito negli altri due contributi “Ruolo e funzione dei blocchi in bioenergetica “ e “Dall’essere appesi al grounding: la paura di cadere” – può essere esportato attraverso l’esercitazione classica di Lowen.
L’esercitazione a cadere
In questo esercizio la persona, in piedi su una gamba sola, con di fronte un materasso, deve rimanere nella posizione fino alla caduta. Per essere efficace la caduta deve avere una qualità involontaria. Questa semplice istruzione apre lo scenario del conflitto tra controllo e possibilità di lasciarsi andare. Alla fine la volontà deve cedere alla forza di gravità ma è estremamente interessante vedere quanto difficile e combattuta può essere questa “resa al corpo”(Lowen,1975, p. 179). La riflessione e il dialogo sull’esperienza del cadere apre un nuovo e più ampio scenario terapeutico e diagnostico.
Concludiamo così con una breve citazione di Lowen, relativa ad un dialogo con una paziente che aveva appena fatto l’esercizio. Non è infrequente che il soggetto esclami spontaneamente:”Non sto per cadere”. La frase viene pronunciata con determinazione, a volte a pugni chiusi. Adesso la battaglia della resa al corpo è cominciata davvero. La battaglia che passa dall’abbandono del controllo e che matura una nuova padronanza di sè, intesa anche come possesso del proprio corpo, non più “ceduto” ai desideri dell’altro. Lasciamo parlare Lowen: “Per una giovane paziente che ripetè l’esercizio 4 volte, la lotta fu drammatica. Prima volta: < Non sto per cadere, non sto per fallire….ho sempre fallito e cadde>. Seconda volta:< Non sto per cadere…non sto per fallire….Fallisco sempre…Fallirò sempre. Di nuovo cadde e pianse>. Terza volta: “Ma non voglio fallire…Non dovevo cadere…Avrei potuto stare su per sempre…non sto per cadere…non posso stare su per sempre…Non posso e cadde”. Quarta volta:<Non sto per cadere…tutte le volte che provo fallisco…non voglio provare…ma devo provare…Fallimento>. Perchè deve finire con il fallimento? chiese Lowen. Le chiesi cosa stesse cercando di realizzare:”Essere quello che gli altri si aspettano che io sia…”
Questo è spesso il compito impossibile che sta dietro la nostra perdita di padronanza, un compito destinato a fallire e portato avanti solo a prezzo del tradimento del corpo.
a cura di Nicoletta Cinotti
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