Tutti i pazienti, dice Lowen, soffrono di una qualche limitazione della loro personalità: limitata autoconsapevolezza, ristretta espressione di sè e/o ridotta padronanza di sè. Questi tre elementi, quando sono deficitari o squilibrati, creano insicurezza e sono anche elementi interessanti per la diagnosi in bioenergetica. Viceversa il loro equilibrio è quello che permette una vita soddisfacente e piena di gioia. Noi infatti, per sentirci pienamente vivi, abbiamo bisogno di sentirci padroni di noi, della nostra capacità espressiva e consapevoli dei nostri impulsi e delle nostre necessità.
Alla fine della seduta spesso sperimentiamo un senso di benessere che nasce proprio dalla liberazione da una tensione restrittiva, che imprigiona il nostro vero Sé. L’allentarsi della tensione restituisce un senso di padronanza: sentiamo che abbiamo fatto qualcosa per ridarci “spazio” e che siamo stati noi – con il sostegno del nostro psicoterapeuta – a farlo. Questa sensazione di padronanza di Sè è connessa all’aver riattivato la propria muscolatura espressiva e la propria consapevolezza corporea e può essere sperimentata anche nella classe d’esercizi bioenergetici.
Il tema della padronanza è un tema molto rilevante perchè apre la riflessione sulle restrizioni che il nostro Super-Io pone al nostro comportamento e il tema del conflitto tra spontaneità e valori morali o culturali. Insegnare come comportarsi, dice Lowen, è necessario per la società civile ma deve rispettare l’integrità della persona e dell’organismo ossia non deve attivare una risposta basata sulla resistenza. Perchè in quel modo non abbiamo più padronanza di noi ma siamo costretti, dalle nostre resistenze, dalle nostre difese, ad una limitazione espressiva e ad un controllo su una parte dei nostri impulsi. Un controllo che può essere attuato, nei casi più estremi, attraverso la scissione. Quando questo avviene subiamo una restrizione nella nostra possibilità di provare gioia e vitalità.
Come possiamo arrivare ad avere padronanza di noi anzichè controllo?
La risposta di Lowen è semplice e, come tutte le cose semplici, ardua. Lasciamo parlare lui:”Ciò che doveva arrendersi era la mia identificazione con l’io a favore di una identificazione con il corpo e le sue sensazioni. A livello dell’Io mi vedevo brillante, intelligente e superiore. Credevo di poter realizzare molto ma non sapevo cosa. Desideravo essere famoso. Ero spinto da una ambizione eccessiva instillata in me da mia madre per sopperire alla mancanza di ambizione di mio padre, ma fortunatamente ebbi da lui un sostegno sufficiente ad evitare che lei mi dominasse. Arrendersi al corpo implicava la rinuncia a questa immagine gonfiata dell’Io, che copriva e compensava sentimenti sottostanti di inferiorità, vergogna, colpa. Se avessi accettato quei sentimenti mi sarei sentito terribilmente umiliato, cosa che inconsciamente cercavo di evitare.(Lowen, 1994,14). Arrendersi al corpo e alle sue sensazioni primarie, alla loro percezione: un arrendersi che non significa perdere la padronanza ma perdere quel controllo che agisce come una misura restrittiva e, spesso, inconsapevole.
Arrendersi al corpo
Arrendersi al corpo significa quindi accettare ed identificarsi non con l’immagine di noi ma con le nostre sensazioni e stare nella realtà dei nostri sentimenti più profondi. Sentimenti che spesso vengono coperti con emozioni opposte, come abbiamo visto nell’esempio di Lowen:abbiamo paura e mostriamo rabbia ; ci sentiamo umiliati e mostriamo orgoglio e così via. Questa possibilità di comprendere le emozioni in profondità, di distinguere tra le emozioni superficiali – le formazioni reattive – e quelle profonde ci permette di lavorare con la regolazione delle emozioni e di comprendere come le emozioni più ricorrenti abbiano strutturato la nostra personalità.
L’idea della resa al corpo per acquisire una vera padronanza di sé sembra paradossale: resa significa che l’io riconosce il proprio ruolo subordinato al Sé, la propria funzione di organo di coscienza e non di padrone del corpo.Inoltre la resa non è un fare ma piuttosto un abbandono del fare a favore dell’essere. Quest’ultimo passaggio – il passare dalla modalità fare alla modalità essere – insieme al processo di riconoscimento e identificazione con le nostre sensazioni e al processo di consapevolezza di sè, sono le principali ragioni per cui mindfulness e bioenergetica sono così vicine, due strade dello stesso percorso.
La paura di arrendersi al corpo
La paura che abbiamo dei propri sentimenti negativi negati costruisce il nucleo centrale della propria resistenza ad arrendersi al corpo. Esprimiamo questa paura – che a volte Lowen definisce come paura di vivere – attraverso le nostre tensioni muscolari che ci evitano di “sentire” le emozioni sottostanti.
Le tensioni muscolari croniche sono responsabili della prigione che ci trattiene dall’essere noi stessi e che sostituisce il controllo alla padronanza di sé. Queste tensioni possono trovarsi nella mascella, nel collo, nelle spalle, nel torace, nella schiena, nelle gambe. Causano l’inibizione degli impulsi che temiamo di esprimere per la paura di venir rifiutati o per la minaccia che l’amore nei nostri confronti si ritiri. Nel tempo questa tensione, cronicizzandosi, fa perdere la percezione chiara del dolore e della paura. Una percezione che può riafforare attraverso il riaffacciarsi della consapevolezza corporea, il rallentare i ritmi e il radicamento nella realtà.
La perdita del piacere
In questa situazione il piacere è subordinato alla sopravvivenza e l’io, che originariamente era al servizio del corpo, controlla il corpo nell’interesse della sicurezza. Tra l’io e il corpo si sviluppa una scissione che si struttura come una fascia di tensione alla base del cranio, che spezza la connessione energetica tra la testa e il collo, tra pensiero e sentimento. Badare alla sopravvivenza è una delle funzioni dell’IO e può farlo proprio attraverso la capacità di coordinare la risposta volontaria del corpo attraverso la muscolatura (muscoli rossi). In questo modo l’Io assume il controllo di tutte le funzioni corporee che possono interferire con la sopravvivenza. Come sappiamo noi possiamo percepire come minacce alla nostra sopravvivenza anche tensioni emotive oltre che fisiche. Lo stesso stress prolungato può essere percepito come una minaccia alla nostra sopravvivenza. Ogni muscolo cronicamente contratto – dobbiamo ricordarci – è un muscolo cronicamente spaventato o arrabbiato che con il tempo, mantenendosi la contrazione, non verrà più percepito.
L’inconscio
L’inconscio è quella parte del corpo che l’individuo non percepisce: alcune parti del nostro corpo sono naturalmente non percepibili. Molti dei nostri organi interni non vengono direttamente percepiti ma qui parliamo di parti del corpo che non sono più percepite perche immobilizzate da una tensione cronica. Questa perdita di consapevolezza comporta, inevitabilmente, anche una perdita di padronanza e una perdita di quella parte del sé che è connessa al conflitto rimosso.
Essere se stessi:ritrovare il bambino perduto
I sentimenti profondi che abbiamo seppellito appartengono a quel bambino innocente e libero che sapeva godere della vita. Quel bambino vive ancora nei nostri cuori e nelle nostre viscere ma abbiamo perso il contatto con lui perchè abbiamo perso il contatto con la parte più profonda di noi stessi. Per ritrovarci dobbiamo scendere nei territori profondi del nostro essere, nell’oscurità dell’inconscio.
La padronanza di sè
La padronanza di sè significa che l’individuo sa cosa sente ed è in contatto con se stesso. Ha anche la capacità di esprimersi adeguatamente nel proprio interesse. Sono scomparsi i controlli inconsci originati dalla paura di essere se stesso, così come la vergogna e il senso di colpa per quello che si prova. Al loro posto c’è l’accettazione della propria vera natura e la libertà di essere se stessi, una libertà che non significa mancanza di rispetto ma che nasce da un profondo rispetto per se e per gli altri.
A cura di ©Nicoletta Cinotti
Per approfondire si suggerisce il libro di Lowen “Arrendersi al corpo”, Astrolabio editore.
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