
La nostra tendenza a dare statuto di verità ai nostri pensieri, è molto radicata. Possiamo banalizzare le sensazioni fisiche. Possiamo razionalizzare le sensazioni emotive ma quando si parla di pensieri siamo sempre convinti che raccontino la verità.
In realtà i pensieri non sono altro che eventi mentali, nuvole nel cielo della mente, che sorgono, permangono e scompaiono, a seconda del nostro umore. L’umore tende a rendere congruenti i pensieri e i ricordi che emergono e riattiva catene di pensieri automatici. Catene positive – se siamo felici – catene negative se siamo infelici.
Così, quando all’interno del protocollo MBCT, consegno la lista dei pensieri automatici più frequenti, c’è sempre un misto di sentimenti. Sollievo perché mostrandoli così, in liste ordinate come soldatini, appare evidente che non sono reali e non affermano una verità su di noi. Tristezza, perché, improvvisamente, realizziamo quanto potere diamo a quell’intangibile esperienza mentale che chiamiamo pensiero.
Se di colpo prendete consapevolezza che la vostra fabbrica dei pensieri non chiude mai per ferie e invece di lasciarvi trascinare nell’agitazione riuscite a «essere la conoscenza stessa», allora state andando bene. E se di fatto siete travolti dall’agitazione e dalla proliferazione dei pensieri e dalla loro fabbricazione e dal fragore di cascata della mente pensante e ne siete consapevoli, e riuscite a «essere quella conoscenza» in quel momento, allora state andando bene.
Di fatto non c’è niente che possiate fare o che vi possa capitare che non possa far parte della pratica a buon diritto, se ne siete consapevoli e riuscite ad abbandonarvi alla fiducia e a dimorare nella consapevolezza invece di restare perennemente intrappolati nella turbolenza, nell’agitazione, nell’attaccamento, nel desiderio, nel rifiuto di tutto ciò che si presenta. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Aprirsi al panorama
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