
Quando pensiamo allo stress lo immaginiamo sempre come una situazione dinamica, lavorativa o affettiva e ci dimentichiamo molto spesso che il nostro corpo affronta ogni giorno una dose quotidiana di stress: si chiama forza di gravità.
È la forza di gravità che modifica, con gli anni, la nostra struttura fisica, toglie vigore ai muscoli e ci rende un po’ più bassi, e tutto questo silenziosamente. Lo so, non sono buone notizie, ma non abbatterti per questo. La mia intenzione infatti è di darti qualche buona idea per una saggia relazione con il tuo corpo e, quindi, con la forza di gravità!
Stare in piedi
Stare in piedi non è un processo meccanico: siamo aiutati dall’allineamento delle ossa e dai muscoli collaborano per mantenere la nostra posizione: i muscoli stabilizzatori. Quando siamo stanchi questo lavoro di allineamento inizia ad avere punti di cedimento e la nostra struttura crolla un po’ assumendo posture che, con il tempo, diventano dannose. Quindi saper stare in piedi non è per niente un fatto meccanico: è saper stare nella nostra qualità di allineamento che, tradotto, vuol dire saper stare nel nostro mondo interno ed esterno. È per questo che gli stabilizzatori sono muscoli molto importanti (e chi mi conosce sa quanto mi appassiona la bioenergetica degli stabilizzatori!).
Gli “stabilizzatori ” sono muscoli che si trovano più profondamente rispetto ai muscoli che danno il movimento. Sono muscoli con capacità di generare il movimento ma la loro funzione principale è statica: controllano – dando equilibrio – i muscoli di movimento. Ecco perchè si chiamano stabilizzatori ed ecco perchè sono tanto importanti quando siamo in piedi. Stare in piedi infatti presuppone la gestione della mini caduta che avviene ad ogni passo e la gestione della forza di gravità. Inoltre, altra ragione per cui mi sono tanto simpatici, sono muscoli che si attivano quando siamo in condizioni di incertezza e instabilità. Sono muscoli anticipatori, ossia capiscono prima quello che succederà al nostro movimento e proteggono in questo modo la nostra colonna.
Hanno una importanza fondamentale dal punto di vista propriocettivo perché inviano informazioni (anticipatamente) al sistema nervoso centrale, sulla posizione e il movimento articolare del rachide, così che questo possa adeguare le migliori strategie di movimento modulando il reclutamento delle unità motorie.
Così se siamo in una situazione di incertezza, fisicamente o emotivamente, i muscoli stabilizzatori sono profondamente attivati e ci mandano quelle sensazioni propriocettive che molte persone scambiano per segnali di allarme. Sono segnali di incertezza e più impariamo a comprenderli più il nostro equilibrio psicofisico ne gioverà.
Lo stress come una forza che preme
Lo stress può essere visto come una forza che preme l’individuo dall’alto o lo tira giù dal basso. I carichi che sosteniamo – emotivamente e fisicamente – ci premono verso il basso. Per contrastare queste pressioni impieghiamo energia esercitando una pressione inversa sul suolo per “tirarci su”. La nostra posizione eretta mostra, agli altri, prima la nostra parte tenera, quella ventrale e poi la nostra struttura di sostegno che è la parte dorsale. Il perno di questa posizione è il bacino e i grandi muscoli delle natiche sono fondamentali al supporto della nostra posizione. Èd è proprio il bacino la prima parte che risente dello stress, modificando il suo assetto e il suo allineamento e modificando anche la funzionalità degli organi coinvolti in questa zona ossia la funzionalità sessuale e la funzionalità intestinale.
Il nostro schema di risposta allo stress si struttura nell’infanzia e rimane abbastanza stabile fino a che non ne prendiamo consapevolezza. Impariamo a trattare lo stress dal modo in cui abbiamo imparato a rispondere alle pressioni dei nostri genitori! Questo ti dà qualche informazione in più?
Lo schema di risposta allo stress si stabilisce nella prima infanzia quando la persona cerca di contrastare le pressioni dei genitori. Questo schema determina il modo in cui l’individuo si comporterà da adulto nei confronti dello stress. Alexander Lowen
Per questa ragione la nostra modalità di risposta allo stress può essere di tre tipi: di ribellione, di sottomissione o di sfida. Nella sottomissione subiamo le condizioni di stress e comprimiamo la nostra energia vitale per sopportare. Nella ribellione esprimiamo la reazione attraverso comportamenti oppositivi, nella rigidità sfidiamo lo stress aumentando addirittura la posta in gioco. Siamo stressati? Aggiungiamo qualche impegno in più anziché qualche impegno in meno per sentirci padroni della situazione e per dimostrare a noi stessi che ce la facciamo.
Il carattere e gli schemi di risposta allo stress
Strutturiamo quindi delle modalità di risposta allo stress e, se lo stress che abbiamo subito è abbastanza intenso, queste modalità di risposta diventano parte del nostro carattere. O, addirittura, diventano il nostro carattere vero e proprio. Agiamo a livello corporeo quello che ci opprime a livello fisico e tutto questo diventa evidente leggendo la nostra posizione nella condizione di allineamento, ossia quando siamo in piedi. I muscoli stabilizzatori ci raccontano come teniamo l’equilibrio in situazioni di incertezza e che cosa facciamo per “rimanere in piedi” nelle difficoltà.
Se torniamo alle tre fasi della reazione da stress descritte da Hans Selye vediamo che la prima fase, ossia quella che corrisponde allo stress acuto, è una fase che coinvolge primariamente la risposta endocrina con l’aumentata produzione di adrenalina: è la reazione di allarme. Le ghiandole surrenali, che secernono l’adrenalina, sono situate nella regione lombare, sopra i reni, contro la parete posteriore del corpo. Se tutto va bene torniamo alla calma in modo equilibrato. Se lo stress continua entriamo nella fase di adattamento allo stress che, a lungo andare, porta anche una stabilizzazione posturale della risposta corporea: assumiamo la posizione che usiamo per combattere lo stress in maniera più stabile e definita. In questo modo si alimenta un circolo vizioso: il corpo assume una posizione di stress e la posizione del corpo stesso mantiene lo stress perchè non torniamo all’allineamento naturale. È qui che il lavoro corporeo diventa fondamentale: scaricando le tensioni muscolari di risposta allo stress riportiamo un diverso allineamento nel corpo e torniamo ad un modo più fisiologico di rispondere allo stress e alla forza di gravità. Non a caso la sensazione di stress è una delle sensazioni che viene descritta con più termini di tipo fisico – pressione, oppressione, pesantezza, stanchezza, esaurimento – e la senzazione di miglioramento diventa subito un elenco di sensazioni fisiche opposte: leggerezza, libertà del respiro, scioltezza nei movimenti.
Ecco come descriverei la situazione di molte persone: faticano sotto il peso di un grande stress ma ciononostante sentono che non andare avanti equivarrebbe ad ammettere la propria debolezza, la sconfitta o il fallimento. Alexander Lowen
Il colpo della strega
Il fatidico colpo della strega – un dolore acuto alla parte bassa della schiena che immobilizza – non è responsabilità di nessuna strega: è lo stress che bussa alla nostra porta. È dovuto allo spasmo di più muscoli, si accompagna ad una riduzione totale del movimento che di solito viene trattata con farmaci che rilassano la muscolatura e antidolorifici. Spesso avviene in attività innocue fatte però in momenti significativi della propria vita, sotto il profilo dello stress. Perchè diamo forfait proprio lì? Perchè lì si incontrano due forze contrapposte:
una è la gravità e la pressione che riceviamo dall’alto – sia in senso fisico che emotivo – l’altra forza è quella dell’energia che proviene dal basso, dalle gambe e dai piedi e che ci sostiene in posizione eretta. Queste due forze contrapposte – una dall’alto verso il basso e l’altra dal basso verso l’alto – si incontrano lì e, nel colpo della strega, ci immobilizzano. I nostri stabilizzatori danno forfait!
Guardiamo cosa succede alle gambe in questa situazione e perchè non rispondono adeguatamente allo stress. Il ginocchio dà flessibilità al nostro corpo ed è deputato ad assorbire gli shock. Se la pressione che riceve dalla parte superiore del corpo è troppo intensa, il ginocchio si flette e scarica, giustamente, a terra la tensione. Se blocchiamo le ginocchia in iper-estensione – come viene fatto spesso per sostenere la tensione della parte superiore del corpo – questa flessibilità del ginocchio sparisce e gli urti non hanno più ammortizzatori. È come sbattere su un muro di gommapiuma o sbattere su un muro di mattoni: le conseguenze sono molto diverse. Se le ginocchia sono rigide o iper-estese è come sbattere su un muro di mattoni. In questo caso, come mostra la figura a lato, lo stress, invece che scaricare a terra scarica nella zona lombare o nella zona dorsale nel caso di una postura con la testa avanzata. Entrambe sono zone in cui sono fondamentali i muscoli stabilizzatori. Lo stress li immobilizza in posizioni contratte e arriva il dolore o l’immobilità con il colpo della strega.
Nella figura centrale risulta anche evidente come la pelvi diventi il punto di scarica di tutto lo stress, bloccandosi. Nel tentativo di contrastare l’incertezza e la pressione rispondiamo contraendo spasmodicamente i nostri muscoli: la contrazione ci dà inizialmente una sensazione di forza ma, prolungandosi diventa spasmo.
Nella figura di destra il punto di scarico è dorsale: è la posizione di quando ci sottomettiamo alla pressione
Come uscirne?
Non basta la psicologia per uscire dallo stress: ci vuole il corpo. Che tipo di lavoro corporeo? Io unisco tre diversi approcci: lo yoga, la bioenergetica e il lavoro con un personal trainer. E vi spiego perchè. Non c’è niente meglio dello yoga per l’allungamento e il lento sprigionarsi della consapevolezza corporea ma lo yoga mi fa incontrare le mie contrazioni muscolari. E le contrazioni muscolari sono legate ad emozioni represse, ecco perchè ho bisogno della bioenergetica (In questo articolo spiego bene le differenze tra Yoga e Bioenergetica: clicca qui per leggerlo). C’è un bel libro che potete leggere sulla relazione tra allineamento e contrazioni muscolari L’emozione e la forma ( e trovare la mia recensione qui) I muscoli però hanno bisogno di tono muscolare, che si ottiene con un movimento ben strutturato: per questo mi piace molto il lavoro che faccio con Michela Verardo, una personal trainer con la quale ho imparato ad usare il bosu, le palle con i liquidi e ad approfondire tutto il lavoro sul corretto tono muscolare degli stabilizzatori (in più, devo dire, ridiamo parecchio a lavorare con l’incertezza: la faccenda è comica!).
Quindi abbiamo bisogno di passare dal corpo per capire come rispondiamo all’incertezza e alla pressione. Tutto qui? No, dopo questa esplorazione del corpo possiamo integrare con la mente attraverso la pratica di consapevolezza della mindfulness. Se vuoi sperimentare potresti seguire questi due semplici ausili: un video per migliorare la consapevolezza corporea e, a seguire una pratica di mindfulness “La consapevolezza del corpo”. In questo modo esploriamo il corpo attraverso l’attività e la quiete. Perchè il corpo impara nuovi schemi di risposta con il movimento ma poi ha bisogno della quiete per integrare ciò che ha imparato e farlo diventare una esperienza di nuova saggezza. Perchè per cambiare è necessario ascoltare il silenzio delle parole per sentire il discorso del corpo.
© Nicoletta Cinotti 2018
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