
Ho iniziato ad occuparmi di formazione in area sanitaria ai margini di una epidemia: quella di AIDS. Un’epidemia che ha fatto, dal suo esordio ad oggi, 75 milioni di morti e che vede 39 milioni, in tutto il mondo, di persone contagiate. Era, ed è, un’epidemia diversa. Colpisce chi ha comportamenti definiti a rischio. È una malattia trasmissibile sessualmente o tramite sangue infetto. Ci permette di credere che, se ci si comporta bene, non si avranno problemi. Colpiva, allora, prevalentemente una fascia di popolazione giovanile e si accompagnava con un senso di vergogna e di paura. Come se dire di essere sieropositivi significasse dire di essere colpevoli, nei confronti di sé stessi. Io avevo iniziato a lavorare con gli operatori che si occupavano di questi pazienti e, per estensione, con gli operatori sanitari che lavoravano con pazienti cronici e pazienti affetti da altre forme di terminalità.
Ero coetanea di molti pazienti e molti miei conoscenti erano entrati in quel tunnel. Ero letterariamente innamorata di Hervé Guibert, uno scrittore francese, morto di HIV, che raccontava così il suo ingresso in rianimazione.
Quando si entra nel reparto di rianimazione, a causa delle macchine, dei rumori, dei bip-bip infernali, delle porte aperte, delle corse disordinate nel corridoio, delle grida delle infermiere che chiedono aiuto, si comincia con il dire che è un altro inferno. poi mi dico che mi sembra il luogo ideale per morire, ce n’è bisogno. Ho creduto che non avrei più potuto scrivere questo diario, a causa del trauma, ma è il solo modo per dimenticare. Hervé Guibert
Questa epidemia è diversa: nessuno è colpevole ma tutti ci possono contagiare. Può far ammalare a qualsiasi età ma fa danni prevalentemente agli anziani e ai pazienti con altri problemi di salute. Lascia soli, solissimi, proprio perché il contagio è facile. Lo stress degli operatori però è lo stesso: è un lutto che si infila sotto la pelle e che si cura con la forza del gruppo e con la gentilezza. Solidarietà di gruppo, e gestione dello stress vanno insieme.
Il lutto dell’operatore: stress e burn out
Il lavoro che viene richiesto alle persone che operano con pazienti Covid – o che curano altri pazienti in tempo di COVID – è veramente molto grande perché li espone sia nei confronti del lutto delle famiglie che nella ripetuta vicinanza della morte. Ormai da più parti si fa riferimento al lutto, nelle situazioni di malattia, non solo per la situazione che segue la morte, ma anche per quelle perdite che indicano il deterioramento e l’avvicinarsi della fase terminale. Spostare un paziente in rianimazione è un lutto, anche se tutti sperano che ne uscirà. La famiglia entra nel processo del lutto in maniera personale, con il proprio stile ma sicuramente molto prima dell’esitus, coinvolgendo così direttamente le persone che sono implicate nel processo di cura. Le situazioni più critiche sono quelle in cui il paziente è, per età, condizione familiare, caratteristiche di personalità e altro ancora, più vicino all’operatore, molto giovane o ancora con molti obblighi familiari da compiere.
Lo stress può venire da diverse fonti: endogene, in relazione alle precedenti o presenti esperienze dell’operatore, oppure da fonti esogene in relazione ad aspettative irrealistiche sulla quantità di lavoro che è possibile fare, sui risultati che questo lavoro deve produrre o a causa della mancanza di risorse per portare avanti il lavoro che deve essere fatto.
L’età è una variabile importante rispetto allo stress e, inaspettatamente, le ricerche hanno mostrato che gli operatori più giovani sono a più alto rischio di burn out.La sensazione di avere troppo lavoro da fare è una delle principali fonti di stress anche perché è percepito in associazione ad una sorta di imposizione esterna.
Il rapporto tra vita lavorativa e vita privata
Lo stress lavorativo si riflette nella vita privata. Le famiglie possono essere risentite per le domande e le limitazioni che il lavoro comporta nelle loro vite. Questo in alcune situazioni può far sembrare addirittura più piacevole stare al lavoro, dove si ricevono confronti magari gratificanti e soddisfazioni, che a casa dove si trovano risentimenti e rivendicazioni. Sia lo stress che il burn – out si esprimono attraverso una sintomatologia corporea. Per questo è particolarmente importante poter dare una risposta a partire dal corpo, anziché dalla mente, mente che spesso è ingabbiata in un circolo vizioso.
Ci sono tratti caratteriali che predispongono al burnout? Sì, ecco un breve elenco:
• Persone che si pongono mete eccessive e che si puniscono o rimproverano se non le raggiungono;
• Persone con uno stile di vita attivo, sempre di corsa;
• Persone molto capaci di organizzarsi ma che chiedono a se stesse di continuare a fare tutto anche se le condizioni esterne sono cambiate;
• Persone affidabili e iper-responsabili;
• Persone che si mettono in discussione facilmente;
• Persone che tengono poco conto dei loro bisogni e che arrivano a vantarsi di cavarsela sempre da soli
Insomma sono i medici, gli infermieri e il personale sanitario che vorremmo avere a fianco a noi in un momento di malattia ma qualcuno deve occuparsi di loro!
Sintomi fisici ed emotivi di stress e burn out
- Malessere generale;
- Disturbi del sonno;
- Perdita di peso;
- Mal di testa;
- Difficoltà sessuali;
- Disturbi gastrointestinali.
- Impulsività;
- Impazienza eccessiva;
- Irritabilità ed aggressività;
- Abuso di psicofarmaci, alcool
- Frequenti sensi di colpa;
- Difficoltà a distinguere tra ciò che appartiene a loro e ciò che riguarda altri.
- Distacco emotivo dai malati e dai familiari dei malati;
- Rigidità nelle procedure di lavoro;
- Negativismo o atteggiamento rigido.
Modalità di coping
Essere consapevoli dei propri elementi di stress è anche il passo necessario per trovare adeguate modalità di coping. Tra i più usati meccanismi di coping per queste situazioni troviamo lo sviluppo di un senso di competenza, controllo e piacere rispetto al proprio lavoro. Questo senso di competenza si sviluppa attraverso una serie di stadi nei quali gli operatori testano frequentemente le proprie abilità.
Per molti è essenziale anche avere la propria personale filosofia rispetto al lavoro e alla propria vita. Anche una sorta di filosofia di gruppo che espliciti le diverse competenze, cosa si sta facendo e come verrà fatto può essere molto utile. Possono essere utili anche dei protocolli di intervento che chiariscano le risposte da offrire sia all’ammalato che alla famiglia.Modalità e strategie di coping che sono diverse da persona a persona. Per alcune persone può essere utile una seduta di rilassamento, per altre lo stress va più sulla rabbia e l’agitazione e quindi può essere necessario qualcosa di fisico per scaricare la tensione. Per alcuni la tristezza è il sentimento dominante, per altri è il distacco emotivo. Inutile proporre una bella seduta di rilassamento a persone che – in condizioni di normalità – si scaricano andando in discoteca ma è importante sostenere le capacità personali di auto-istruzione rispetto al superamento dello stress.
Così abbiamo pensato di offrire tre diverse possibilità di coping rivolte agli operatori sanitari (dai medici agli infermieri e al personale sanitario in senso più ampio), proprio per dare una risposta adeguata alle diverse necessità.
Le tre pratiche rimarranno come ausilio da poter utilizzare a piacimento perché, a volte, il nostro umore ci fa decidere che abbiamo bisogni diversi da quelli ordinari. Per partecipare – anche in differita – è necessario iscriversi qui: https://www.maam.life/gestione-stress-webinar/
Buona domenica!
© Nicoletta Cinotti