
Hai presente la sensazione che si prova quando, improvvisamente, ti accorgi di qualcosa che hai sempre avuto sotto gli occhi? Oppure quando un problema che ti sembrava insormontabile rivela improvvisamente una via d’uscita? O più semplicemente quando la realtà ti sveglia dal sonno mettendoti davanti quello che era evidente a tutti meno che a te?
Come mai a volte siamo così alieni da noi stessi da non accorgerci di che cosa sta succedendo? Capita in micromomenti anche in meditazione. Arriva un pensiero e ti trasporta altrove, lontano da dove ti trovi e quando torni presente è come se atterrassi. Questo è uno degli effetti della dissociazione. Fra tutte le difese è quella che è più silente e difficile da scalzare. Perché richiede consapevolezza. Se qualcun altro ti dice cosa non vedi è difficile credergli: ci fidiamo di quello che sentiamo ma non di quello che vedono gli altri. E di solito questo è un buon criterio ma non con la dissociazione.
Perchè la dissociazione ci rende alieni a noi stessi. Mette sotto silenziatore, congela, i nostri più intimi bisogni. Per evitarci un dolore evitiamo di sentire. Siamo immemori come sotto una coltre di neve. poi arriva Aprile, e direbbe Eliot, ci sveglia crudelmente alla realtà
Nelle relazioni questo dissociarsi da se stessi può prendere molte forme. La più frequente è scegliere di fare quello che l’altro vuole, senza tenere conto di dove siamo noi e di cosa desideriamo. Non facciamo quello che vogliamo entrambi: uno dei due silenziosamente si adegua a quello che vuole l’altro. Convinto che questo sia amore e invece è distacco da sé e dai propri più intimi bisogni. Convinto che così non sia possibile sbagliare. Convinto che così non si sarà mai lasciati.
A volte questa distanza dai propri bisogni può sembrare una forma più elevata di maturità, perchè priva di sussulti emotivi. Invece è aver perso l’orientamento personale e mettere la propria vita nelle mani dell’altro. Raramente l’ho visto funzionare. La vita ci chiede radici, ci chiede responsabilità e scelta. Raramente essere come tu mi vuoi conduce alla felicità. Perchè, prima o poi qualcosa ci sveglia e ci dice quanto è stata sbagliata la nostra posizione. E ci ricorda quanto è urgente tornare sulle proprie gambe. In quel momento la consapevolezza può essere dolorosa ma rende liberi e presenti.
Essere come tu mi vuoi fa rima con non essere presente. E quell’assenza prima o poi pesa più di mille dolori.
Il vero senso di appartenenza si crea solo quando presentiamo al mondo il nostro sé autentico e imperfetto e non può mai superare il nostro livello di autoaccettazione. Brenè Brown
Pratica del giorno: Grounding
© Nicoletta Cinotti 2018 Amore e passione tra mindfulness e bioenergetica