
Faccio una premessa a questo articolo. Curo con passione e non mi piace perdere, se per perdere si intende non ottenere risultati, direi che non vorrei perdere mai. In questo cerco di essere ragionevole: so che non si può ottenere tutto e che ci sono aspetti di noi che non cambiano. Spesso non lo sappiamo prima ma curare vuol dire accettare e riconoscere che ci sono cose che possono cambiare e altre che vanno, semplicemente, accettate. Però mi appassiona scoprire cosa cura e, quindi, anche cercare cosa fa “ammalare”. Il nostro è un po’ un lavoro da detective e come tutti i detective spesso capiamo di più ad osservare i piccoli particolari che a vedere la “scena del crimine”.
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscere la differenza. Reinhold Niebuhr
“La scena del crimine”
Come mai stiamo male per cose che sono accadute molti anni prima? Come possono rimanere impressi dentro di noi i traumi e, soprattutto, le risposte sbagliate ai traumi? Questo è lo scenario dal quale partiamo sempre. Le persone arrivano da me perché stanno male. Spesso hanno anche una spiegazione del perché stanno male (devo dire che al 90% le persone sanno perché stanno male ma non lo dicono). Non solo, le persone sanno anche cosa le fa stare meglio ma non lo fanno. Perchè? Quello che dicono è – di solito – l’ipotesi più accettabile che non sempre è quella vera. Ma, dentro di loro le persone la verità la sanno o la intravedono: è rarissimo che non sia così. Detto questo conoscere la ragione non cambia le cose: ripetiamo gli stessi errori, facciamo le solite scelte. Facciamo fatica ad uscire dai binari che sembrano segnati dentro di noi. Deragliamo poco anche quando, apparentemente deragliamo moltissimo. Perché, come raccontavo la scorsa settimana, abbiamo dei demoni che controllano che tutto proceda come al solito. Temono il cambiamento, amano la ripetizione. Come mai?
Il demone della ripetizione
Le nostre risposte cerebrali sono di tre tipi: c’è un cervello primitivo che è attivo fin dalla vita intrauterina, un’area limbica e la neocorteccia che è quella che elabora le risposte cognitivamente più evolute. Il cervello rettiliano è quello che offre risposte istintive, rapide e legate alla sopravvivenza. L’area limbica offre, invece risposte emotive legate ai sistemi difensivi su base emotiva. Per tutti e tre questi livelli di risposte neuro-psicologiche il problema è sempre lo stesso: come faccio a ridurre la percezione del dolore? Tutte le nostre difese psicologiche si occupano di questo. Come diceva Carl Gustav Jung, “La nevrosi è il sostituto di una sofferenza legittima”. ossia è quello che abbiamo inventato con il desiderio di non soffrire mai più (o di provare piacere più a lungo possibile). Peccato che sia una missione “demoniaca” ossia che ci condanna alla ripetizione.
Ma dov’è la radice della ripetizione? Nella parte più arcaica del nostro cervello, nell’area rettiliana, quella meno disponibile a sentire “ragioni” e quella che è convinta di salvarci, ogni volta, la vita, anche quando i fatti dimostrano che non è così. Un esempio? Un buon esempio sono le dipendenze. Le persone che hanno una dipendenza possono avere comportamenti di dipendenza molto compulsivi ma, quando riescono ad uscire da una dipendenza è molto molto probabile che entrino in un’altra. Per cui un fumatore smette di essere dipendente dalla nicotina ma inizia a mangiare compulsivamente caramelle. Oppure un’anoressica riprende a mangiare ma lavora compulsivamente in palestra o studia compulsivamente. Perché? Perchè abbiamo un’impronta – forte – alla ripetizione. per la quale dobbiamo ringraziare il nostro cervello rettiliano. Come facciamo a fargli cambiare idea? Certamente non con il ragionamento perché a lui delle teorie importa poco. contano i fatti!!!
I problemi non possono essere risolti a parole ma solo attraverso esperienze, non solo esperienze correttive ma che portino sollievo alle nostre paure primitive. Alice Miller
[box] Come ti “addormento” il dolore:
negazione
repressione
dissociazione
proiezione
conversione
minimizzazione[/box]
E il movente?
Il movente di tutte le nostre difese è emotivo ed è mosso da sei grandi forze motivanti: interesse, gioia, sorpresa, stress, paura e rabbia. Come possiamo vedere questi motivatori sono sia positivi che negativi: quando reprimiamo però è come se reprimessemo tutte queste forze, senza distinzione. Nel corso degli anni la nostra “repressione” ci toglie progressivamente sempre più energia perché l’effetto finisce per essere cumulativo. Quando lavoriamo per incontrare i nostri dolori del passato e confortarli – non a parole ma con una esperienza diretta – possiamo liberare l’energia emotiva che è rimasta intrappolata dalle nostre difese. Possiamo sciogliere il blocco che ci trattiene dall’espressione. Oppure, semplicemente, possiamo riacquistare vitalità. Rompendo due regole dis-funzionali “la regola del non-sentire” e “la regola del non dire”
Ma il bambino interiore cosa c’entra?
Più la nostra repressione è antica e riguardante qualcosa accaduto nella nostra infanzia e più alimenta gli aspetti ripetitivi. Questo accade perchè i bambini non hanno accesso libero alla riflessione: funzionano prevalentemente con risposte primitive e risposte limbiche. La neo-corteccia di sviluppa nel tempo. Quindi se i nostri problemi hanno una caratteristica di ripetitività rispetto alla quale ci sentiamo bloccati è molto facile che sia relativa alla nostra infanzia o meglio, al nostro bambino interiore che aspetta di avere una risposta o una consolazione e che, invece, si ritrova di fronte tanti buoni “ragionamenti”.
È qui che spesso si arresta la nostra possibilità di cambiamento: quando cerchiamo di far capire al nostro bambino interiore ragioni che appartengono alla nostra vita adulta. ma come facciamo per sapere se c’è in gioco un bambino interiore ferito che aspetta una risposta? Prova a fare questo test scritto e ideato da John Bradshaw, uno dei maggiori esperti di Reparenting
Il test di John Bradshaw
Quando esploriamo le diverse parti di noi spesso ci imbattiamo in aspetti legati al nostro passato, al nostro bambino e all’adolescente che eravamo. A volte ce ne sappiamo prendere cura. Altre volte siamo più severi dei nostri genitori reali. In questo test avrai modo di capire se il tuo bambino interiore sta bene o se ha qualche difficoltà.
SENSO DI IDENTITÀ
- Provo ansia o paura ogni volta che devo fare qualcosa di nuovo. Sì…….No……
- Non mi va mai bene niente Sì…..No…..
- Cerco sempre di compiacere gli altri. Sì…..No…..
- Sono ribelle: mi sento bene solo nei conflitti. Sì…..No…..
- Dentro di me ho la sensazione che ci sia qualcosa che non va. Sì…..No…..
- Sono una persona che accumula cose, oggetti anche insignificanti. Sì…..No…..
- Mi sento inadeguato/inadeguata. Sì…..No…..
- Sono confusa/confuso rispetto alla mia identità sessuale. Sì…..No…..
- Mi sento in colpa quando faccio qualcosa per me invece che per gli altri. Sì…..No…..
- Ho delle difficoltà ad iniziare cose nuove. Sì…..No…..
- Ho delle difficoltà a concludere delle esperienze. Sì…..No…..
- Raramente ho una mia idea su quello che succede. Sì…..No…..
- Mi critico in continuazione. Sì…..No…..
- Penso che andrò all’inferno. Sì…..No…..
- Sono rigido e perfezionista. Sì…..No…..
- Non mi va bene nulla. Sì…..No…..
- Sono molto competitivo/competitiva e performante. Sì…..No…..
- La mia vita è vuota. Sì…..No…..
- Penso di essere rifiutata o rifiutato se non ho buone performance sessuali. Sì…..No…..
BISOGNI DI BASE
- Sono poco in contatto con le mie sensazioni fisiche: non riconosco quando sono stanco, stanca, affamato, affamata…Sì…..No…..
- Non mi piace essere toccato o toccata. Sì…..No…..
- A volte ho dei rapporti sessuali anche se non li desidero davvero. Sì…..No…..
- Soffro di disturbi dell’alimentazione. Sì…..No…..
- Faccio fatica a distinguere quello che sento e provo
- Mi vergogno con facilità. Sì…..No…..
- Ho paura della rabbia delle persone e faccio di tutto per evitare questo tipo di situazioni.Sì…..No…..
- Mi vergogno se piango. Sì…..No…..
- Mi vergogno se ho paura. Sì…..No…..
- Non esprimo mai le mie emozioni spiacevoli.
- Soffro di disturbi del sonno. Sì…..No…..
BISOGNI SOCIALI
- Ho poca fiducia nelle persone. Sì…..No…..
- Ho una relazione – o ho avuto una relazione – con una persona che aveva una forma di dipendenza. Si…..No…..
- Ho una forma di dipendenza. Sì…..No…..
- Mi sento isolato o isolata. Sì…..No…..
- Odio essere da solo o da sola e faccio di tutto per evitarlo. Sì…..No…..
- Faccio quello che gli altri si aspettano da me. Sì…..No…..
- Raramente disobbedisco. Sì…..No…..
- Ho un senso di responsabilità eccessivo, che mi rende più preoccupato per gli altri che per me. Sì…..No…..
- Faccio fatica a dire No esplicitamente. Sì…..No…..
- Faccio fatica a gestire i conflitti: o subisco o mi oppongo esageratamente. Sì…..No…..
- Raramente chiedo spiegazioni anche se non capisco. Sì…..No…..
- Non c’è stata intimità con i miei genitori.Sì…..No…..
- Confondo l’amore con la pietà e finisco per avere relazioni con persone che mi fanno pena. Sì…..No…..
- Ridicolizzo me stesso e gli altri quando viene fatto un errore. Sì…..No…..
- Accetto male le sconfitte. Sì…..No…..
- La mia paura più profonda è quella dell’abbandono. Sì…..No…..
Se hai risposto si a più di 10 domande è arrivato il momento di dare voce al tuo bambino e adolescente.Come? Attraverso un’esperienza!
Le emozioni non ascoltate
Ci sono tre modalità di gestione emotiva che ci tengono bloccati nella ripetizione. Queste tre modalità mantengono attivi gli schemi disfunzionali di comportamento legati al nostro bambino interiore e ci separano dalle qualità, costruttive e positive che, invece sono legate al nostro desiderio di esplorazione, creatività e curiosità (tutti aspetti che il nostro Sé autentico ha in abbondanza!).
Queste tre modalità sono: 1) le nostre emozioni non vengono “validate” ossia non ci viene riconosciuto il diritto a provare quello che proviamo; 2) non sappiamo riconoscere e nominare le nostre emozioni e, infine, 3) proviamo vergogna e quindi neghiamo la loro esistenza o il nostro diritto a sentirle. In ogni caso usiamo le due regole disfunzionali: non sentire e non dire.
Cos’altro possiamo fare se non cercare di riportare un ponte, una comunicazione con questo aspetto che, se lasciato irrisolto, continua ad alimentare la ripetizione nella nostra vita? Ecco cosa facciamo con il Reparenting: ristabiliamo un ponte, riconosciamo il diritto a sentire e il diritto ad esprimere. Tutto qui! Sembra poco? Le soluzioni più semplici sono sempre le migliori!
Quindi, qual è il colpevole delle ricadute?
Alla fine ricadiamo negli stessi problemi perché la nostra difficoltà è espressione di una parte bambina non ascoltata adeguatamente. La ascoltiamo con la mente ma non le diamo un’esperienza diversa, un’esperienza che consoli ,comprenda, risponda alla domanda originaria. Ricadiamo perché curiamo con la “medicina sbagliata”, i nostri convincenti ragionamenti, anziché con quella giusta: un’esperienza diversa!
Inutile arrabbiarsi, dire che la psicoterapia non funziona o trovare scuse e spiegazioni per le nostre ricadute: chiudi gli occhi, cerca il tuo bambino o la tua bambina interiore e, finalmente, ascoltala. Se vuoi iniziare a fare da solo – sapendo che questo non sostituisce la partecipazione ad un ritiro e nemmeno una psicoterapia adeguatamente condotta – puoi iniziare a fare le pratiche della Playlist Reparenting ourselves. L’ho fatta perché potessi comprendere se questo è ciò di cui hai bisogno. Per curare questa parte però la solitudine non funziona: è perché siamo stati lasciati soli, è perché non abbiamo avuto una adeguata risposta educativa o psicologica che questa parte è rimasta una bambina capricciosa o inadeguata. A volte si esprime con comportamenti antisociali o egoistici: in ogni caso ha bisogno di relazione. Da soli non cambia ma ascoltarla e andarle in contro è un primo passo mai inutile.
© Nicoletta Cinotti 2020
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