
Ovvero Find, Focus, Flesh-out, Felt, beFriend, Fears
La scorsa settimana abbiamo iniziato ad approfondire il tema della famiglia interiore e dei dialoghi che si attivano dentro di noi, proprio come se fossimo una rumorosa famiglia seduta a tavolino. Questa settimana vorrei darti qualche strumento in più per riconoscere le parti della famiglia interiore e il ruolo che possono avere nella dinamica emotiva. Questa teoria si deve, in buona parte al lavoro di Richard Schwartz. Richard aveva un tema familiare importante, figlio primogenito di uno scienziato, medico, sembrava destinato dal padre a seguire le sue orme fino a che decide di virare verso la psichiatria e si trova a lavorare con adolescenti con disturbi gravi di personalità, ricoverati in clinica. Il suicidio di una delle pazienti, una ragazza di 16 anni, avvenuto dopo che lui aveva assistito alla visita e al dialogo tra la ragazza e i suoi genitori, ha un fortissimo impatto creativo su di lui. Negli anni ’80 sviluppa il suo approccio al trattamento psicoterapico attraverso il riconoscimento delle parti interne della nostra personalità, di quella che è la nostra Famiglia interiore. Questo approccio – Internal Family Systems o IFS – si rivela particolarmente efficace quando siamo in presenza di aspetti autodistruttivi. Lo scopo di questo trattamento è quello di permettere il riconoscimento delle diverse sfaccettature del nostro Sé, imparando ad ascoltare e, soprattutto, riconoscere il dialogo interiore che queste parti producono dentro di noi. A tutti sarà capitato di voler fare qualcosa con il cuore ma, razionalmente, di essere portati a decisioni diverse. Oppure di provare, nei confronti dello stesso argomento, attrazione e repulsione. Insomma dichiariamo l’importanza della coerenza ma dentro di noi siamo abitati molto spesso da voci in contraddizione l’una con l’altra che ci lasciano bloccati in un circolo vizioso di ripetizione delle solite situazioni.
Tendenzialmente vorremmo eliminare le nostre parti peggiori e sistemarle una volta per tutte ma questo metodo “chirurgico” non funziona con la nostra psiche. Proprio a partire da questa constatazione Richard Schwartz iniziò, negli anni ’80 a costruire delle ipotesi alternative. La spiritualità e la psicoterapia fanno spesso riferimento ad un’essenza che potremmo definire il nostro Sé. Per alcuni potrebbe coincidere con l’anima, per altri potrebbe rappresentare una parte divina. Per tutti è la sede della nostra coscienza, il luogo della consapevolezza, lo spazio dove si realizza la nostra essenza più profonda. Proviamo a partire e tornare lì, in questo luogo immateriale in cui si realizza il cuore pulsante della nostra vita.Un luogo da cui esiliamo le nostri parti sofferenti: con la speranza di proteggerci dal dolore finiamo per limitare le nostre possibilità
Diventare amici di sé stessi: imparare a volersi bene
Una delle conseguenze, altamente indesiderate, del rifiuto nei confronti di alcuni aspetti del nostro carattere – per dirla nel modo più neutro possibile – è che iniziamo a provare ostilità per alcuni aspetti della nostra personalità e a lottare contro questi tratti come se fossero dei veri e propri nemici interiori. L’idea di Richard Schwartz è tanto semplice quanto radicale: iniziamo ad ascoltare queste parti interne, anziché rimproverarle, proviamo ad ascoltarle con interesse e curiosità. Aiutiamo i nostri pazienti a riprendere un dialogo con la loro negatività, ostinazione, crudeltà e proviamo a scoprire insieme cosa hanno da dirci e qual è il loro vero scopo. Spesso potremmo scoprire che la vera ragione della loro comparsa nel panorama interiore è proteggerci. Solo che, nel tempo, hanno iniziato a farlo in modo esagerato o controproducente. Accompagniamo le persone che curiamo in questo viaggio interiore con mindfulness, attenzione pienamente ancorata al corpo e calma interiore. Potremmo scoprire risorse che non credevamo fossero possibili dentro ognuno di noi.
Find, Focus, Flesh-out, Feel, beFriend e Fears
Per alcune persone è molto chiaro il fatto di avere aspetti divergenti: per strano che possa sembrare più parti di noi riusciamo ad identificare e meglio è. Per altre invece la sensazione è quella di avere una personalità unitaria ma “sbagliata” che porta a fare errori e disastri. Questa visione unitaria della propria personalità è una generalizzazione molto dannosa. Un conto è pensare che ci sia qualcosa di definito in noi che non funziona e un conto è credere di essere sbagliati in generale. Identificare le nostre parti problematiche offre un vantaggio: ridimensiona il problema e ci toglie dalla generalizzazione. Come fare però per identificare le nostre parti? Attraverso il percorso identificato dalle 6F. Eccole parola per parola (ho lasciato la denominazione in inglese per mantenere la siglatura internazionale)
Find: che cosa attira la nostra attenzione in questo momento? Dove notiamo qualcosa di interessante?
Focus: il passo successivo, una volta che la nostra attenzione ha agganciato qualcosa, è rivolgere l’esplorazione all’interno, alla percezione di sé.
Flesh out: entriamo nel dominio sensoriale. Possiamo vedere questo aspetto? Se lo vediamo che apparenza ha? Se non lo vediamo come potremmo definire l’esperienza che ne abbiamo in questo momento? Assomiglia a qualcosa? potremmo descriverlo attraverso una metafora? È un aspetto che sentiamo vicino o lontano?
Feel: Come ci sentiamo rispetto a questo aspetto? Questo elemento è un elemento centrale perché è qui che potremmo incontrare resistenze ed ostacoli dovuti al nostro pregiudizio contro di noi. Queste parti hanno funzionato in modo indisturbato finora e noi entriamo in campo in un sistema che ha un suo equilibrio. Normale incontrare resistenze: pericoloso non accorgersene. Spesso abbiamo solo bisogno di riconoscere e validare la reattività e trovare un terreno di accordo, uno spazio libero da conflitto.
beFriend: Se siamo arrivati qui possiamo iniziare a sviluppare una relazione amichevole con questa parte di noi. Possiamo riconoscere se il suo modo di procedere è efficace, che cosa potrebbe fare di alternativo o diverso. potremmo scoprire quanto è vecchia, ossia quanto è legata ad aspetti della nostra infanzia e adolescenza. Potremmo addirittura chiederle quant anni ha…e così via. Proprio le stesse domande che faremmo incontrando un amico nuovo e vecchio insieme.
Fear. Anche se ci è difficile ammetterlo, abbiamo paura di cambiare. Abbiamo bisogno di essere incoraggiati per fare un cambiamento anche quando lo riteniamo positivo, come succede per esempio con le diete o con lo smettere di fumare. Riconoscendo che cosa questa parte ha fatto di buono per noi ed esplorando che cosa temiamo potrebbe succedere se smettesse di fare questo lavoro, non nascondiamo la nostra paura. Dietro al nostro mantenere comportamenti nocivi sta sempre una paura più grande: cosa potrebbe succedermi se smettessi di fare questo?
Tre tipologie di parti nella nostra famiglia interiore
Richard Schwartz riconosce tre grandi tipologie di parti della famiglia interiore. Ci sono le parti esiliate, che sono quelle che influenzano maggiormente il nostro comportamento, i protettori pro-attivi che ci consentono di continuare a funzionare malgrado le nostre parti esiliate e i protettori reattivi che hanno il compito di distrarci dal dolore e dalla consapevolezza delle nostre parti esiliate. Questi due tipi di protezione sono spesso in contrapposizione tra di loro: la prima è costruttiva e moderatrice, la seconda è eccessiva e distraente spesso con modalità molto tossiche. Sono due aspetti centrali del dialogo interiore che meritano attenzione: guardiamoli separatamente:
- Il protettore pro-attivo è focalizzato sul funzionare, sull’imparare, sull’essere preparato e stabile. Cerca di prevenire che le nostri parti esiliate prendano il sopravvento invadendoci con emozioni difficili e lo fanno attraverso una serie di tattiche tra cui la determinazione, l’attività, la critica e, qualche volta, la vergogna.
- Il protettore reattivo ha lo stesso obiettivo del protettore pro-attivo: estinguere e ridurre la percezione del dolore ma si comporta come se fosse un vigile del fuoco che deve sedare un incendio o il guidatore di un ambulanza che deve portare un paziente grave in ospedale. Tende ad essere molto reattivo, con un senso forte di pericolo che, a volte, può essere decisamente sproporzionato. È un protettore che si attiva quando scatta l’emergenza e l’emergenza può essere attivata anche da segnali minimi. Può arrivare ad usare manovre estreme per tenere a bada il dolore come l’alcol, le droghe o l’abuso di antidolorifici. A volte è in aperto conflitto con il protettore pro-attivo e diventa allora necessario trovare il modo di uscire da questa polarizzazione per riportare all’attenzione l’interesse primario: la cura del nostro Sé.
Il passato si scioglie e torniamo nel presente
Il grande vantaggio di questo lavoro è che si apre così una finestra temporale che permette alle parti esiliate, che sono aspetti congelati nel passato, di sciogliersi e di riportare le loro energie nel presente della nostra vita. Se le parti esiliate possono oscurare il nostro Sè, liberarle dall’incantesimo restituisce al Sè le sue qualità naturali di calma, curiosità, creatività coraggio, capacità di cura e di relazione, chiarezza, compassione, presenza, pazienza, costanza, prospettiva e giocosità.
Forse ti sarà capitato di essere insolitamente e stranamente senza energia. Niente di fisico ma senza capire perché. Succede spesso quando parti esiliate di noi chiedono troppa energia. Riportare queste parti alla consapevolezza, re-integrarle anziché esiliarle non è solo un modo per incontrare il nostro dolore. È un vero semplice sincero atto di amichevolezza nei confronti di noi stessi: un atto di coraggio che ci restituisce tutta la nostra energia. Un modo per imparare a volersi bene davvero. Con-affetto, consapevolezza e conoscenza, le tre C preferite della mia vita.
Solo con-affetto si diventa sentimentali, solo con conoscenza si diventa freddi, solo la consapevolezza illuminata da amore e saggezza ci rende davvero liberi.
© Nicoletta Cinotti 2020
https://www.nicolettacinotti.net/eventi/reparenting-ritiro-di-mindfulness-con-susan-bogels-e-nicoletta-cinotti/