
Nel dicembre del 2003 Joan Didion perde suo marito per un infarto. Sono sposati da una vita ed essendo entrambi scrittori lavoravano insieme, a casa. Un matrimonio riuscito e un sodalizio intimo, forte e generoso. Joan pubblica, due anni dopo “L’anno del pensiero magico” in cui racconta l’anno in cui si trova ad elaborare il lutto per la perdita di suo marito. Un lutto che avviene contemporaneamente alle gravi condizioni di salute della loro unica figlia Quintana, che era in rianimazione proprio il giorno in cui John Dunne morì.
Una situazione drammatica ma non è questo che troverai descritto nel libro. Joan fa un’operazione di grande valore: prende la sua vicenda personale ed esplora il lutto che vive sia descrivendolo che approfondendo con letture e saggi lo svolgersi del processo e lo svolgersi della realtà che la circonda. La sua formazione giornalistica emerge e trasforma quella che è una vicenda strettamente personale, intima, in un affresco che coinvolge tutti noi. Chi non ha conosciuto il lutto e la perdita? Chi non ha attraversato il senso della mancanza di qualcuno che credevi sarebbe stato per sempre accanto a te? Come l’amore è un sentimento magico che ci fa credere all’impensabile e all’impossibile anche il lutto è coperto di magia. Facciamo fatica a credere che sia successo davvero e cerchiamo ancora la persona nei luoghi in cui l’abbiamo incontrata in precedenza. Ci sentiamo ovattati e distanti, anche se tutto attorno a noi scorre.
La ragione per cui ti parlo del libro non è solo questo prezioso intreccio tra personale e collettivo. Joan Didion, molti anni prima di Naja Marie Aidt fa la stessa operazione: la morte le ha tolto qualcosa e lei restituisce molto. Anche Naja Marie Aidt vive un lutto, straziante, quello per la morte del suo secondogenito, Carl, a 25 anni. Il libro è un modo per restituire Naja e Carl alla vita. È un libro che ha una struttura simile a quella della Didion, che cita, ma anche una forma grafica poetica e una struttura narrativa avanguardistica. Citazioni di poeti e scrittori diventano le tessere del suo mosaico del lutto, brani del diario di Carl si uniscono a scorci di vita familiare. Il libro distrugge l’idea consueta di narrazione lineare ma offre molto di più: entri dentro una casa psichica di cui puoi scoprire i mattoni che l’hanno costruita. Naja cerca in altre voci, in altri dolori, le parole per il suo dolore e il suo lutto. Parole altre che diventano parole sue perché il dolore permette di condividere una comune umanità. Nella tragedia greca l’evento narrato suscita paura e compassione. La paura è data dal riconoscere che quello che è accaduto ad altri potrebbe accadere a noi. Per questo la morte ci fa paura, per questo Naja e Joan restituiscono alla vita qualcosa di significativo: la loro narrazione.
Il ritorno dei ricordi è presentato con la ripetizione della stessa scena, con piccoli particolari aggiunti, scritta in corsivo e inserita casualmente nel testo. Proprio come funzionano i nostri pensieri. Nello stesso modo è presentata la spiegazione delle ragioni della morte di Carl che arrivano con piccole ripetizioni a cui, ogni volta, vengono aggiunti dei particolari. Il lettore rimane sospeso come, nella realtà, è rimasta sospesa Naja. Quando perdi qualcuno il suo ricordo arriva a graffiarti nei momenti più imprevedibili e ogni volta interrompe per un attimo lo scorrere ordinario del tempo. Entrambe queste donne hanno vissuto un lutto che nessuno vorrebbe incontrare. Entrambe hanno restituito qualcosa, strappandola alla morte, per restituirla alla nostra stessa vita. L’hanno fatto attraverso la scrittura perché scrivere, per un attimo, ci rende sospesi dal tempo e rende vivo anche ciò che sembra irrimediabilmente perduto. Sono grata ad entrambe perché il loro scrivere mi ha accompagnato nell’anno di un lutto e mi ha fatto comprendere che se la morte ci toglie qualcosa noi dobbiamo trovare qualcos’altro da restituire alla vita. Forse è per questo che, almeno una volta all’anno, festeggiamo i morti: perché sappiamo che tra noi e loro c’è un dialogo continuo, che va al di là di qualsiasi scaramanzia.
© Nicoletta Cinotti 2021 Addomesticare pensieri selvatici e Scrivere la mente