
Perché nella pratica di mindfulness e nei nuovi approcci alla psicoterapia facciamo così attenzione al momento presente? Soprattutto perché lo facciamo visto che per quasi cento anni (cento anni di psicologia dinamica) ci siamo occupati del passato?
Queste domande mi vengono rivolte spesso, in forma diversa, dalle persone che incontro. Ci sono moltissime risposte. Proverò a dirtene alcune mettendo insieme anche il parere di chi, invece, lavora di più sugli aspetti “storici”della nostra vita.
La prima ragione è che il momento presente – la cui durata è misurabile come spazio di presenza – offre una possibilità di novità. Se per esplorare il passato dobbiamo guardare a ciò che è strutturato, per il momento presente guardiamo a ciò che viene percepito come novità, perché la percezione è continuamente mutevole.
La seconda ragione è il corpo. La percezione del corpo parla il linguaggio del presente. È in questo momento che sento, gusto, percepisco me stesso. Il corpo però trattiene anche la storia passata attraverso le contrazioni muscolari croniche. Se queste contrazioni rimangono attive determinano un restringimento percettivo.
La terza ragione è la coscienza. Gli approcci psicodinamici credono che il cambiamento passi attraverso il lavoro sull’inconscio, la mindfulness e le psicoterapie esperenziali sostengono che il cambiamento passi attraverso la consapevolezza. Guardando il passato rintracciamo gli indizi che realizzano la nostra storia, guardando il presente rintracciamo i punti di svolta aperti dalla consapevolezza. Ci invita a passare dall’esperienza narrata all’esperienza vissuta: che modo diverso di pensare alle nostre storie!
Eppure siamo affezionati al passato. Perché? Perché è conosciuto, stabile, concreto e ci permette di fare previsioni sul futuro. Previsioni che magari sono sbagliate ma questo non ci trattiene dal farle. Il presente invece è fluido, intangibile (per esempio quanto dura il momento presente?) e non ci consente previsioni. Ci invita a coltivare qualità di stabilità, saggezza e concretezza interiori per rispondere adeguatamente a qualcosa che è imprevedibile.
Possiamo stare nel momento presente? È una domanda a cui possiamo rispondere solo momento per momento sapendo che, più riusciamo a stare nel presente più coltiviamo la novità, l’esperienza vissuta, il cambiamento. Più stiamo nel passato (o nel futuro che del passato è figlio) più coltiviamo la storia narrata e la nostra struttura.
Se ricordi la consapevolezza non giudicante nel momento presente come una possibilità e stai imparando a fidartene e vai a trovarla di tanto in tanto, a maggior ragione se vi prendi residenza per tempi più lunghi, allora non solo «stai facendo bene», ma in realtà non c’è nessun «fare» e non c’è mai stato, né c’è qualcuno che lo faccia. Non si tratta, non si è mai trattato di «fare»; si tratta di essere: essere il sapere, compreso il sapere di non sapere. Che differenza c’è? Fermiamoci un attimo a meditare su questo fatto. Jon Kabat Zinn
Pratica del giorno: La consapevolezza del respiro o la meditazione live delle 8 su FB
© Nicoletta Cinotti 2019
Parlerò di questo argomento al Convegno “Mindfulness: competenza in psicoterapia e relazioni d’aiuto”, sabato 12 Ottobre a Roma. Trovi qui un paper sulla mia relazione “Mindfulness la rivoluzione del presente”