
Dedicare tempo al corpo, al lavoro corporeo, nello spazio di una seduta, nello spazio di un protocollo, può sembrare, a molti, una stravaganza e una perdonabile perdita di tempo. In fondo a cosa ci serve il corpo se non a fare quello che la nostra mente vuole? Così racconto spesso le sue meraviglie e altrettanto spesso racconto come sia il nostro corpo, più frequentemente di quello che crediamo, che offre alla nostra mente la tonalità emotiva di quello che pensiamo. Sono le sensazioni fisiche che dicono alla mente se il contesto è piacevole, spiacevole o neutro. E, molto spesso, il corpo salta completamente il passaggio della mente per correre ai ripari prima ancora che ce ne accorgiamo.
In questa geografia del corpo un ruolo assoluto lo rivestono le nostre radici – quelle che ci danno radicamento alla realtà – e la nostra colonna vertebrale. Le radici non stanno solo nei piedi: sono radici gli occhi – che a volte guardano ma non vedono – gli orecchi, la propriocezione che ci racconta come siamo collocati nello spazio. Se pensiamo agli occhi come radici capiamo subito perché guardare una persona negli occhi è così intimo: vediamo se è presente o sfuggevole, se è disponibile a stare con noi o è solo un’apparente vicinanza. Teniamo spesso la testa basta per non essere sovrastati dalla forza della realtà. Una realtà diffusa nel corpo che il nostro corpo registra, proprio come un saggio animale, a volte troppo spaventato o frettoloso ma pur sempre saggio.
La nostra colonna vertebrale è però una vera opera d’arte. Sfida il cielo e lo vuole raggiungere. Si nutre, attraverso il respiro, proprio del cielo. Offre sostegno agli organi interni e mette in comunicazione l’alto e il basso, con tutta la dignità e la nobiltà di chi sa che la propria opera è complessa e ardua. A volte per questo si inclina – come la mia colonna avvolta attorno ad una S – a volte si schiaccia oppure parla, dolentemente, dei propri sforzi. La nostra vita però la leggiamo lì, nella nostra colonna vertebrale e nessuno, meglio di Vladimir Nabokov, l’ha descritto. Perché i poeti e gli scrittori lo sanno sulla loro pelle che la bioenergetica è l’arte del vivere.
Benché si legga con la mente, la sede del piacere artistico è tra le scapole. Quel piccolo brivido che sentiamo lì dietro è certamente la forma più alta di emozione che l’umanità abbia raggiunto sviluppando la pura arte e la pura scienza. Veneriamo dunque la spina dorsale e i suoi fremiti. Siamo fieri di essere dei vertebrati, perché siamo dei vertebrati muniti nella testa di una fiamma divina. Il cervello è solo una continuazione della spina dorsale; lo stoppino corre in realtà per tutta la lunghezza della candela. Vladimir Nabokov
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2019 Paura di vivere: il prossimo ciclo di gruppi terapeutici: Stay tuned!
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