
Abbiamo due possibilità rispetto al dolore che ognuno di noi ha incontrato nel corso della sua vita. La prima possibilità è quella di costruire delle difese che ci proteggano dall’esterno in modo che con il tempo la ferita si cicatrizzi. Spesso ci dimentichiamo di togliere le difese anche dopo che la ferita è cicatrizzata per cui se potessimo vedere al di là delle apparenze saremmo come bambini pieni di cerotti e bende che ormai non servono più. L’altra possibilità è quella di considerare ogni ferita come un insegnamento rispetto alla nostra capacità di amare, alla nostra possibilità di aprirsi. Considerare ogni ferita come un’apertura e non solo come un taglio. Considerare le ferite come un taglio è normale ed è, per tutti, il primo passo.
La vera differenza la fa il passo successivo. Il considerare necessario mantenere la difesa o esplorare l’apertura inaspettata; considerare il dolore uno dei modi per imparare ad amare la vita che abbiamo. Se poi questo passo è stato intimo possiamo anche andare oltre e accorgerci che è il dolore che ci ha insegnato a provare compassione. Compassione per noi e per gli altri. Questo terzo passo richiede coraggio: il coraggio di non scappare di fronte a quello che ci fa male o di fronte a quello che fa male.
Tutto quello che abbiamo vissuto non è solo una ferita narcisistica che minaccia la nostra integrità. È anche una opportunità straordinaria per guardare in profondità. Anche oggi, proprio nella relazione che abbiamo vissuto o che stiamo vivendo. Un’occasione straordinaria per ricordare che l’amore non è perfetto: è amare le imperfezioni che costruisce l’amore.
Non è ciò che ci ha ferito a spezzarci ma quello che avremmo potuto costruire se fossimo rimasti insieme.
Cosa c’è di più forte del cuore umano che si schianta di continuo e ancora vive. Rupi Kaur
Pratica del giorno: Il desiderio profondo del cuore
© Nicoletta Cinotti 2020 Andare oltre la paura di vivere