
La gratitudine e la misura della generosità
Siamo nella stagione dei regali e dell’attesa. A volte anche dell’attesa del regalo. Un regalo che mantenga la sua natura di novità e imprevisto. Quei regali che, proprio perché sorprese, fanno sorgere un moto di gioia e gratitudine. Quel “grazie” che diamo in risposta che, prima ancora che una parola è un movimento del corpo.
Per questo potremmo pensare che la gratitudine sia una risposta a qualcosa che ci è stato dato. In realtà la gratitudine è qualcosa presente a priori: è prestare attenzione, essere in ciò che accade dentro e fuori di noi, con pienezza. È quello lo stato che ci fa dire grazie. In quel momento siamo in contatto e comprendiamo lo scambio, mischiato, confuso e affettuoso che c’è tra noi e gli altri, e il privilegio di farne parte. Così la gratitudine non è altro che il riconoscimento della forza del nostro essere connessi, parte di un insieme, per il quale non abbiamo dovuto fare domanda. Siamo arrivati così, nudi e crudi e nudi e crudi ce ne andremo.
E nel mezzo – gratuitamente – avremo visto e ricevuto al solo costo della nostra attenzione. I colori del cielo, delle stagioni, dei vestiti, i volti, le mani, gli occhi delle persone, la loro grazia nel movimento e la loro stanchezza. I suoni e gli odori, i frammenti dei movimenti e i gesti. Il protendersi e il ritirarsi. Ogni cosa può entrare a far parte di quella gratitudine. Perché la gratitudine è la misura della generosità della nostra presenza, della nostra partecipazione.
Il ringraziamento avviene quando il nostro senso di presenza incontra la presenza degli altri. Non apprezzare significa, semplicemente, che non abbiamo prestato attenzione. David Whyte
Pratica del giorno: Protendersi
© Nicoletta Cinotti 2022 Il programma di Mindful Self-compassion online
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