
Nelle ultime settimane ti ho raccontato qualcosa del rapporto che può esserci tra la cura delle malattie fisiche e la mindfulness. L’abbiamo fatto con le parole di Giuseppe Coppolino, che ha scoperto a 16 anni di avere il morbo di Crohn – una malattia infiammatoria cronica che colpisce il tratto digerente – e ha trovato la mindfulness in uno dei momenti più dolorosi della malattia. Quella di Giuseppe è una storia particolare?
Direi proprio di no.
La meditazione è una forma di cura?
La meditazione può essere considerata una forma di cura? In realtà la parola cura attiva delle aspettative legate alla guarigione o al miglioramento. Quindi, ad un’occhiata superficiale potremmo dire che la meditazione non è una forma di cura perchè ci chiede di lasciar andare le aspettative. Però possiamo anche vedere un punto di vista diverso: la meditazione si occupa della sofferenza, in tutte le sue forme. Fisiche e psichiche Quindi, in qualche modo, riguarda proprio la medicina e la psicologia.
[box] Già negli anni 20 del secolo scorso una ricerca condotta da un gruppo di fisiologi in India ha riscontato che praticare Hatha yoga aiuta a combattere l’ipertensione e l’aritmia e migliora l’asma. Successivamente sono stati evidenziati, attraverso ricerche sperimentali, i benefici effetti su: abbassamento del livello di colesterolo; effetti positivi sul sistema immunitario; migliore funzionalità del sistema digestivo; migliore prognosi per malattie dermatologiche [/box]
Quindi la meditazione fa bene!
Oggi possiamo dire che abbiamo molti riscontri che meditare fa bene, non solo perchè stiamo soggettivamente meglio ma perchè cambia qualcosa sia a livello fisico che psichico. In che modo funziona? Direi che qui torna davvero in mente il titolo del libro di Giuseppe Coppolino “A mente serena”, perchè i benefici della meditazione partono proprio da un cambiamento nel modo in cui attribuiamo significati agli eventi e un cambiamento nel modo di relazionarci al dolore e ai pensieri. Il ruolo centrale della mente è stato esplorato in un ambizioso progetto di ricerca – Il Progetto Shamatha – condotto su 60 meditanti impegnati in un ritiro di 3 mesi sulle Montagne Rocciose, negli Stati Uniti. Clifford Saron, il neuroscienziato che ha ideato questa ricerca, ha trovato che ci sono importanti connessioni tra attenzione, salute, empatia ed emozioni. Vediamo in sintesi i risultati connessi ad una prolungata pratica di mindfulness.
Il ruolo chiave dell’attenzione
I meditanti che hanno partecipato a questa ricerca praticavano mindfulness e, in questa pratica, un ruolo centrale è dato alla capacità di padroneggiare l’attenzione. Cosa c’entra questo con la salute? L’attenzione ha un ruolo chiave nei processi di attribuzione di significato e nell’inibizione di risposte impulsive che possono alimentari schemi disfunzionali di risposta, sia a livello fisico (un esempio può essere l’alimentazione compulsiva) che a livello mentale, come accade per i pensieri rimuginativi legati alla depressione.
Padroneggiare l’attenzione modifica inoltre la soglia percettiva e ci permette di riconoscere più adeguatamente le nostre risposte fisiche, entrando in allarme in un numero minore di casi e in casi più adeguati alle reali circostanze. Inoltre padroneggiare l’attenzione ha effetti positivi sull’umore e una ricaduta positiva sulla funzionalità del sistema immunitario: entriamo meno in allarme, attiviamo meno – a livello subclinico – le risposte da stress e siamo più adeguati nel reagire efficacemente al pericolo, quando questo si presenta, perchè non abbiamo esagerato dando allarmi inutili!
Un miglioramento nelle telomerasi
Cosa è la telomerasi? Le telomerasi sono enzimi che hanno un ruolo cruciale nei processi di invecchiamento. Le cellule del corpo sono sottoposte ad un processo di divisione che serve alla riproduzione. Durante questa riproduzione la cellula madre prima copia il suo DNA e poi si divide in due cellule figlie, ciascuna delle quali con il suo stesso corredo cromosomico. Sono i telomeri che controllano che questo passaggio sia corretto. Però, ogni volta che queste cellule si riproducono i telomeri diventano più corti: la telomerasi è un enzima che permette di ripristinare la lunghezza dei telomeri assicurando così la correttezza della trasmissione cellulare. La pratica regolare di mindfulness aumenta il livello di telomerasi e questa direi che è un’ottima notizia perchè la lunghezza dei telomeri è un indice di longevità!
Inoltre i livelli di telomerasi si riducono quando siamo sotto stress. Ridurre il livello di stress ha un effetto positivo che combatte la riduzione dei telomeri, come hanno dimostrato le ricerche sull’efficacia del protocollo MBSR.
Miglioramento nella capacità adattative
Migliorare le nostre capacità adattative è fondamentale: non possiamo controllare la vita ma tanto più siamo adattabili tanto più siamo in grado di trovare soluzioni adeguate alla nostra realtà.
La pratica di mindfulness si è dimostrata in grado di migliorare l’indice di adattabilità grazie, di nuovo, ad una migliore gestione delle risorse percettive e di una migliore regolazione emotiva. Essere più empatici con gli altri e maggiormente in grado di riconoscere le nostre emozioni ci rende più flessibili e meno spaventati verso quello che accade.
E passando dalla ricerca alla storia personale
Certamente potremmo pensare che questi dati siano così positivi grazie all’intensità della pratica dei meditanti che hanno partecipato alla ricerca. E se invece che essere dei super-rmeditanti fossimo semplicemente persone che hanno bisogno di imparare a gestire meglio i propri problemi, cosa potremmo trovare di utile nella mindfulness?
Giuseppe Coppolino ha fatto un suo sunto personale che vi riassumo così:
- Chi guida? Andreste in una macchina guidata da un pilota assente? Direi di no eppure molti di noi vivono la propria vita con il pilota automatico innestato. Sempre altrove, sempre immersi nei propri pensieri. La prima cosa che suggerisce Giuseppe ( e la pratica di mindfulness) è uscire dal pilota automatico. Potremmo dirla così “Il problema non è tanto il pilota automatico ma quale tipo di reazioni si scatenano ogni volta che lo inneschiamo? siamo sicuri che valga la pena far guidare la propria vita da un pilota assente?“
- L’intima distanza: lo spazio necessario per passare dall’essere distratti abitanti della propria vita all’essere protagonisti e spettatori di quello che succede. Sì, perché uscire dal pilota automatico sviluppa due abilità essenziali in tutte le situazione ( e fondamentali con il dolore acuto e cronico, emotivo o fisico): la capacità di essere presenti, protagonisti e nello stesso tempo la possibilità di non identificarsi troppo con l’esperienza perchè Panta rei, tutto scorre
- Dalla lotta all’abbraccio: lottiamo con quello che ci accade come se, vincendo la battaglia, tutto potesse tornare come prima. Non è così. Accogliere, abbracciare, quello che è entrato nella nostra vita ci permette di tornare integri. Cosa vuol dire tornare integri? Vuol dire ritrovare un senso di interezza che includa la possibilità di graffi e ferite. Non è a causa della nostra inadeguatezza che ci troviamo di fronte ad una difficoltà: le difficoltà fanno parte della vita. Integrità significa accettazione sincera profonda e incondizionata di ogni parte di noi.
Se vuoi avere la possibilità di Incontrare e praticare insieme a Giuseppe Coppolino, ti ricordo che sarà a Genova il 23 Marzo alle 20.30. Per partecipare registrati su Eventbrite.
Se vuoi sperimentare i benefici della mindfulness per ritrovare la serenità, ecco le date dei prossimi protocolli
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© Nicoletta Cinotti 2018
Bibliografia essenziale
A mente serena, di Giuseppe Coppolino
Guarire con la meditazione, AA.VV
©Photo by Ahmed Saffu on Unsplash