
Ci sono diversi paradossi nelle relazioni. Paradossi che ci spingono oltre i nostri limiti. Il primo paradosso è che per amare è necessario essere aperti ma, questo, ci espone di più al dolore delle ferite. Così è vero che amare è bello ma può anche diventare complicato.
L’altro paradosso è che vorremmo che l’amore fosse per sempre ma, per essere vitale, un amore ha bisogno del desiderio e il desiderio si nutre di libertà. Così se lavoriamo troppo sulla sicurezza diminuisce l’altro ingrediente, quello del desiderio. E l’amore diventa troppo ovvio e meno nutriente.
Il terzo paradosso è che cerchiamo l’amore quando siamo soli e questo lo trasforma in qualcosa di cui l’amore dovrebbe essere esente: “Ti amo perché ho bisogno di te”. Invece dovremmo innamorarci quando siamo soddisfatti di noi per trovare compagni/e che siano davvero adatti.
L’ultimo paradosso è che, anche quando la storia finisce l’amore – molto spesso – continua. Vorremmo chiudere il cuore come chiudiamo una porta e, invece, rimane aperto anche oltre la nostra volontà.
Cosa fare con tutti i paradossi e le sfide che l’amore ci chiede? Forse potremmo considerare che quello che l’amore ci fa scoprire non è una qualità di quella specifica relazione ma una qualità del nostro cuore, che nella relazione si esprime al massimo. Una qualità è una qualità: ci appartiene. Non considerare il cuore solo quando è abitato da un altro: apprezza sempre il suo panorama.
Il modo in cui ti ami è
il modo in cui insegni agli altri
ad amarti. Rupi Kaur
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© Nicoletta Cinotti 2018 Amore e passione tra mindfulness e bioenergetica. Milano