
Ci sono persone che hanno moltissimi obiettivi: le riconosci subito perché quando ti parlano delle loro giornate iniziano a declinare il verbo “devo” in prima persona: devo fare questo, poi quest’altro, e quest’altro e poi devo fare anche questo e poi devo fare…una lista infinita che non distingue tra cose piacevoli, di divertimento, e cose di lavoro. Anche il piacere diventa un dovere. Non so quante volte ho ascoltato la frase “Devo andare in palestra” detta non da qualche pigro signore con la pancia ma da qualche atletico/a persona che, in palestra, ci passa molto volentieri tanto tempo.
Perché allora usare il verbo dovere? Perchè questi sono obiettivi e non intenzioni. Se fossero intenzioni la frase sarebbe “mi piace andare in palestra e mi ritaglio ogni giorno del tempo. Se non ci riesco mi manca qualcosa!” . Sono azioni in cui il risultato è più importante del piacere di farle. Certo, voglio andare in palestra, ma l’obiettivo è essere in forma, essere cool, essere perfetto, non il piacere di farlo.
Se l’intenzione apre alla consapevolezza del processo, e degli incerti e sorprese di qualsiasi processo, l’obiettivo contrare il più possibile il tempo e lo spazio tra l’iniziare qualcosa e il suo risultato. L’intenzione ammette di perdersi per strada. L’obiettivo no perché la messa a fuoco è assoluta. Come assoluto è il tenore che quel verbo “Devo” dà alle nostre azioni.
Peccato che il verbo “Devo” nutra anche il nostro sabotatore, quello che odia le regole, si diverte e prospera nella pigrizia e ama il fallimento perché lo solleva dalle responsabilità. Prima o poi, chi riempie la sua vita di “devo”, fa atti di fuga totali (o fantastica di farli in continuazione) perché a nessuno piace essere comandato ad oltranza, nemmeno da sé stessi.
Possiamo scoprire il significato della nostra vita in tre modi: realizzando un obiettivo, sperimentando un valore, incontrando una sofferenza. Se riempiamo la nostra vita di doveri affidiamo alla realizzazione dei nostri obiettivi il senso della nostra esistenza. Un senso povero perché nessun obiettivo, privato di valore, è nutriente; perché sia nutriente è necessario che soddisfi un’intenzione più profonda, più grande del semplice compiere un’azione. Se la nostra vita è solo una lista di doveri perdiamo il piacere di essere vivi, perdiamo la presenza e diventiamo macchine efficienti e dure. Come dice il proverbio “Fai quello che ami. Ama quello che fai”
Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In questo spazio si trova il nostro potere di scegliere la risposta. E nella nostra risposta si nascondono la nostra libertà e la capacità di crescere come persone.
Viktor Frankl
Pratica informale di mindfulness: Porta l’attenzione a quante volte usi, nelle tue frasi o nel dialogo interiore, il verbo devo e domandati perché eviti di riconoscere la componente di amore delle azioni che scegli di fare. Guarda se puoi sostituire il devo con il posso o con il voglio e ti accorgerai che la differenza tra devo, posso e voglio sta nella paura. Il devo non ammette delazioni, abbiamo paura di scoprire che, se non ce lo imponiamo, non lo faremo mai. Il voglio ci rende padroni, generali senza esercito, perché gli unici che possono ubbidire siamo noi. Il posso ci restituisce la pausa in cui avviene la scelta. E in quella scelta sta tutta la nostra libertà e il fiorire delle nostre intenzioni.
© Nicoletta Cinotti 2019 Scrivere la mente: una vacanza che ti cambia la vita
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