Il desiderio di essere visti non è solo un desiderio narcisistico: è il desiderio di sentirsi conosciuti e compresi. E’ la fame di quel nutrimento che arriva dal sentire che esisti per un’altra persona e che c’è tra noi e l’altro, un legame di condivisione.
Questo desiderio esiste perché abbiamo sperimentato questa sensazione e, anche, perché temiamo di non sperimentarla di nuovo come avremmo bisogno. Forse perché qualcuno che desideravamo ci vedesse, si è sottratto. Forse perché la paura di esistere prende a volte il sopravvento.
Poiché la paura gioca brutti scherzi e ci fa vedere solo ciò che ci manca possiamo prenderci 5 minuti di tempo, all’interno della nostra pratica quotidiana, per lasciar emergere la memoria di tutte le volte che ci siamo sentiti conosciuti e compresi. Potremmo così scoprire che 5 minuti di pratica sono troppo pochi per lasciar emergere queste sensazioni e la traccia di calore che lasciano in noi. E allora potremmo desiderare di praticare altri 5 minuti e poi altro tempo ancora.
Perché quello che ci fa interrompere la pratica spesso è proprio la paura di non esistere, di non essere visti. Invece praticando si compie il miracolo di renderci visibili a noi stessi.
[inlinetweet prefix=”null” tweeter=”null” suffix=”null”]Il più delle volte simili momenti sono privi di parole: spesso accadono in silenzio, in un gioco parallelo di “fare insieme” ed “essere insieme”, senza parlare. Forse basta lo scambio di uno sguardo, un’occhiata, un sorriso, la sensazione che dà essere tenuti in braccio o presi per mano. Comunque sia, in quel momento ci si sente visti e conosciuti e percepiti e niente, niente al mondo fa sentire meglio.[/inlinetweet] Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Self compassion breathing
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Laurie York
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