
C’è un dolore nascosto dentro a tutti i nostri dolori. Perché i dolori sono come una matrioska, quelle bamboline di legno che contengono altre bamboline di legno. Le apri e alla fine arrivi al cuore, alla bambolina più piccola, quella che non contiene nient’altro che sé stessa.
Ecco il dolore funziona così. C’è quello che mostriamo agli altri, che spesso è una sorta di leggerezza e normalità, poi dentro c’è l’emozione difficile nel suo strato difensivo, ossia quello che facciamo per difenderci da quell’emozione difficile. Poi c’è l’emozione che ci procura davvero dolore e, in fondo, c’è la convinzione che se proviamo quello che proviamo è perché siamo difettosi. Che solo noi abbiamo quel problema e che tutti gli altri sanno gestire la loro vita molto meglio di noi.
Non è vero: siamo tutti matrioske che nascondono il loro dolore dietro alla normalità e dietro alle difese e la convinzione che il nostro dolore sia un’esclusiva ci rende infelicemente speciali e sicuramente isolati. Un isolamento che è la nostra trance dell’inadeguatezza, la nostra vergogna, il nostro imbarazzo. Una tendenza a nascondere la verità per paura di essere sbagliati o difettosi. Non siamo sbagliati se qualcosa non va: siamo profondi.
Ci confrontiamo con i nostri amici reali e virtuali e ne usciamo perdenti con grande facilità. L’evoluzione ha modellato il nostro cervello in un modo che, psicologicamente, ci fa soffrire: confrontarci, valutarci, criticarci sarà uno stimolo al miglioramento ma è anche una tortura quotidiana. da Mindfulness in cinque minuti
Pratica di mindfulness: Be water
© Nicoletta Cinotti 2022 Mindfulness ed emozioni