
Il mio studio di Chiavari è proprio nella via centrale, quella del passeggio: una strada che non è mai deserta perché, anche in lockdown, i chiavaresi non hanno mai perso l’abitudine di fare due passi. La struttura della strada – con i portici da entrambi i lati – fa da cassa di risonanza dei suoni che arrivano alle mie finestre amplificati. C’è un suono che, tra tutti, attira la mia attenzione, da sempre: il pianto dei bambini. Magari sono in carrozzina, oppure a piedi e, ad un certo punto, per ragioni che non posso conoscere, scoppiano a piangere.
È normale che succeda questo: i bambini usano spesso il pianto come registro comunicativo. Un aspetto che noi adulti abbiamo spesso perduto. Quello che accade dopo è interessante perché molti genitori si arrabbiano. Forse sono esasperati da un capriccio oppure provano la rabbia dell’accudimento, quando ti arrabbi perchè la persona che ami fa qualcosa di pericoloso. In ogni caso la rabbia fa sempre la stessa cosa: amplifica l’intensità del pianto. Poi, gradualmente, i suoni si allontanano e tutto torna come prima.
Il ruolo delle difese e una distinzione importante
Le difese sono spesso atti a posteriori, si attivano quando è già successo qualcosa e non sempre sono utili. C’è però una difesa che è sempre giusta: la difesa delle ragioni di un bambino. la difesa delle ragioni della nostra parte bambina. In quel caso, se desideriamo portare guarigione alle ferite del passato, è necessario che ci sia uno schieramento a nostro favore. Solo così possiamo iniziare il processo di guarigione. Che non vuol dire che i bambini hanno sempre ragione e che dobbiamo inchinarci al loro dominio. Vuol dire, piuttosto, che le ferite vanno curate indipendentemente dal torto o dalla ragione.
Forse ti domanderai perché tornare a ri-svegliare il nostro bambino/bambina visto che, a volte, le cose non sono state proprio facili. Le ragioni sono diverse: la prima, la più ovvia, è per curare e consolare quello che non è rimasto consolato. Non tutti i genitori hanno consolato tutto il nostro dolore. La seconda è per tornare al nostro Sé autentico, quello che abbiamo ridotto e modificato per essere approvati dalle persone che amiamo. Quello che ancora, con rapida intuizione, continuiamo a nascondere per “evitarci problemi”. La terza è la ragione fondamentale: per imparare una vera autonomia rispetto alla regolazione delle nostre emozioni.
Il ruolo della disciplina
Quando entriamo in questa area finiamo per cadere nelle maglie dell’argomento disciplina. Guardiamo la radice di questa parola. Questa parola deriva da discepolo, ossia colui che impara e apprende una materia. Da qui deriva la parola disciplina che significa, prima di tutto, materia che viene insegnata. Ogni disciplina richiede anche delle regole. La regola del reparenting non è un regime severo: è darsi tutti i giorni attenzione con strumenti precisi e gentili. È nutrirsi ogni giorno e imparare a farlo perché, molto spesso, abbiamo imparato il digiuno più che il nutrimento. O almeno, per me è stato così: prima ho imparato a digiunare, poi ho ripreso gradualmente a mangiare. Ce la possiamo fare? Credo di sì perché se non riusciamo a farcela vuol dire che lasciamo le cose a casaccio oppure che continuiamo a dipendere dagli altri per confortarci o consolarci. E dipendere dagli altri per una cosa così intima e delicata espone a molta incertezza.
Le tre P della psicoterapia
Eric Berne diceva che la psicoterapia ha tre P: potenza, permesso e protezione. Sono perfettamente d’accordo con lui. La protezione offerta dalla psicoterapia serve perché per cambiare dobbiamo rompere delle regole disfunzionali che però abbiamo imparato proprio per difenderci. Così, all’inizio è una battaglia interiore tra il solito modo di guardare a noi stessi e alle cose del mondo e quello che ci propone il nostro desiderio di guarigione. Io ho imparato prestissimo a impegnarmi e l’ho considerato la mia fonte di salvezza. In effetti lo è stato. Adesso, per guarire davvero, avrei bisogno di dis-impegnarmi e ogni giorno combatto, guadagnando pochi millimetri al giorno, per avanzare nel territorio del dis-impegno. Non sono sola in questa battaglia: molti di noi, su altri territori, hanno paura a fidarsi di ciò che emerge in psicoterapia. Continuiamo, come dico scherzosamente, a fare gli psicologi di noi stessi e dentro di noi intavoliamo lunghe discussioni teoriche su cosa è meglio per noi.
Nell’ultima settimana ho avuto due colloqui orientati a questa battaglia interiore, con una partecipante al protocollo MBCT e un paziente. Stavano cercando di capire se “assumermi”. Se potevano fidarsi di me. Li capisco, li capisco profondamente. possiamo avanzare solo a piccoli passi nei territori molto difesi del cuore.
Così, a volte, non possiamo che chiedere il permesso, chiedere il permesso di entrare o chiedere alla persona di fare un esperimento a tempo, per la durata del protocollo, per la durata del ritiro. Questo permesso ha una intenzione implicita, che dentro di me è questa:
[box] Chiedere permesso
Permetti, per qualche momento, per qualche giorno, per qualche ora a te stesso di essere chi sei davvero. Dai a te stesso il permesso di disobbedire alle regole che ti hanno dato i tuoi genitori ma, soprattutto, alle regole che tu ti sei dato per proteggerti dalla vergogna e dall’umiliazione. Datti il permesso di correre il rischio e abbraccia la tua paura di essere punito o abbandonato se disubbidisci agli ordini[/box]
Perché il potere
La terza p è il potere e forse ti domanderai cosa c’entra il potere con la guarigione. Perché le persone mi diano il permesso devono sentirmi sufficientemente forte, potente, competente ed esperta. Mi mettono nelle mani la parte più vulnerabile che hanno. Chi lo farebbe senza verificare se quella parte vulnerabile viene messa in mani “potenti”? Inoltre io incontrerò i vostri genitori interni: è giusto ritenermi più forte di loro, altrimenti la mia disfatta sarà la vostra disfatta.
Ma io sono abbastanza forte? Me lo chiedo spesso con un’onesta nei confronti di me stessa che a volte è davvero cruda. Sono sicuramente attenta ad essere competente e aggiornata. Ti mostro, con sincerità, i risultati della mia ricerca ogni giorno. Non nascondo i miei errori perché l’onesta e la verità sono le basi di ogni retto sforzo e infine non combatto solo per te ma anche per me. Ogni volta che riesco a riportare a riva un naufrago so che ho salvato anche un pezzettino di me. In quel momento il mio potere si chiama salvezza e nessuno si salva da solo. Ogni volta che non riesco a riportare a terra un naufrago soffro la sua stessa sconfitta. Abbiamo perso entrambi anche se possiamo ancora, entrambi, riprovare. Per questo ci occorre la disciplina. Ho capito che la magia dell’atto unico, salvifico è una magia di breve durata. Blandisce la vanità ma non incide a fondo. Le cose del passato tornano e ritornano e quindi è bene prepararsi a non fare questa cura una volta ogni tanto ma spesso. Ogni giorno se possibile. Ogni giorno un millimetro. Ogni giorno 5 minuti.
Se torniamo autentici torniamo potenti
Il potere è qualcosa che può appartenere a tutti. Più che potere lo chiamerei potenza, qualcosa che può dispiegarsi anche se ancora rimane chiuso. I bambini vedono i loro genitori come forti, potenti, grandi. Anche il nostro bambino interiore ha bisogno di vederci così altrimenti non si affiderà mai a noi ma rimarrà in difesa, in chiusura. Allora ogni tanto abbiamo bisogno di ricordarci le cose che sappiamo fare, quelle che abbiamo imparato bene, senza metterle in ordine di importanza ma in ordine di capacità.
[box] La lista delle 10 cose che so fare ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________[/box]
Dopo che hai fatto la lista guarda se il tuo bambino interiore ti guarda con ammirazione: mi raccomando, digli solo la verità!
La potenza della sincerità
Forse conosci già l’etimo della parola sincerità, significa senza cera. È una parola nata nel rinascimento quando la polvere di marmo era mischiata alla cera per coprire le imperfezioni delle statue commissionate. Una statua senza cera, cioè sincera, aveva più valore perché era autentica, senza correzioni o inganni. in che modo possiamo essere sinceri con il nostro bambino interiore? Includiamo la possibilità di sbagliare e chiediamogli perdono in anticipo. Nel Programma MSC, proprio all’inizio, si fa una dichiarazione di perdono. È un momento importante: non promettiamo che non sbaglieremo mai – che sarebbe fare una caricatura della potenza – ma che sapremo riconoscere gli errori e sapremo chiedere perdono.
[box] Intenzione di perdono
Per favore perdonami in anticipo per ogni dolore che posso causarti, inconsapevolmente, durante questo corso. Che sia possibile imparare a perdonare gli altri per il dolore che possono causarci, probabilmente in modo inconsapevole e perché non ci conoscono abbastanza Che sia possibile imparare a perdonare noi stessi anche per il dolore che possiamo causare agli altri. Kristin Neff e Chris Germer[/box]
© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves