
Ho passato un fine settimana in famiglia, nella mia famiglia d’origine. Porte aperte, persone che vanno e che vengono, un paese piccolo dove, fino a non molto tempo fa, la chiave rimaneva sempre sulla porta di casa. Fuori ovviamente, così era più comodo entrare e uscire. Un paese come tanti di un’Italia in cui bastava che si sapesse il nome dei tuoi genitori perché qualcuno dicesse “ti conosco”. Ho fatto due passi insieme a mio marito e tutti ci salutavano. Io non riconoscevo nessuno ma salutavo lo stesso molto contenta. A Camogli, dove vivo da molti anni, se saluti sei strana, stranissima, quindi evito. Al massimo faccio un cenno con la testa un po’ equivoco, come se dovessi scacciare una mosca così, se non mi vogliono salutare, non sbaglio. Forse penseranno che ho un tic! Comunque salutare mi piace moltissimo per cui mi sentivo veramente in vacanza.
Tutto questo preambolo per dire una cosa semplice semplice: ci si può sentire soli anche quando si è in compagnia e me ne sono accorta quando, parlando con mia mamma, non sono riuscita ad avere nemmeno un pezzetto di intimità. Lei è troppo occupata a nascondermi quello che non va per non farmi preoccupare e così mi parla d’altro con una conversazione che assume toni assurdi. Non succede solo con lei ma con lei è più acuto il dispiacere. Ci sono tante persone con le quali la conversazione sembra fatta apposta per evitare di dirsi le cose importanti, quelle che dovremmo dirci. Allora, dopo un po’, non ho più voglia di parlare. Quando sono più le cose che si evitano di dire che quelle vere che si dicono l’intimità diventa un colabrodo e affiora solo un senso di solitudine senza motivo. La solitudine scelta, quella delle mie camminate mi è preziosa. La solitudine colabrodo no, mi fa solo tristezza.
Poi l’ho accompagnata a letto. Mia madre intendo (oggi scrivo a colabrodo ma è voluto) e l’ho abbracciata forte. Le ho dato un abbraccio lungo e forte come quelli che avrei voluto ricevere da lei quando ero bambina e avevo paura del buio e di una serie piuttosto lunga di cose improbabili e surreali. Un abbraccio silenzioso che ha detto più di mille parole sul tempo, i vicini di casa, la badante, la pandemia, il telegiornale, i nipoti, i figli e chi più ne ha più ne metta. In quell’abbraccio non ho abbracciato solo lei. Ho abbracciato anche me e mi sono detta che perdersi è inevitabile, che forse l’ho già persa e che non posso trattenerla. Mi scivola tra le dita come la sabbia della sua memoria perduta. Che forse l’unico modo per ritrovarsi è accettare che sia così. Mi sono detta che la solitudine che brucia di più è quella che proviamo quando siamo insieme. Di quella che provo quando sono da sola non ho più paura.
Ha una sua solitudine lo spazio,
Solitudine il mare
E solitudine la morte – eppure
Tutte queste son folla
In confronto a quel punto più profondo,
Segretezza polare,
Che è un’anima al cospetto di se stessa:
Infinità finita. Emily Dickinson
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2021. Senti, domani c’è la serata di presentazione del protocollo MBSR e MBCT. Se vuoi essere presente per saperne di più iscriviti su zoom!