Come tutte le persone che hanno una formazione accademica, sono uscita dall’università e dalle varie scuole di specializzazione con un linguaggio che faceva paura. Forse alcuni di voi non lo sanno ma all’università non ci insegnano a parlare alle persone. Ci insegnano a vedere le persone come oggetti di studio. E il nostro linguaggio – che è strumento permeabile come una spugna – ne risente.
Parlando con le persone – che forse dovrei chiamare pazienti ma non ci riesco ( e nemmeno riesco a chiamarli clienti) – mi sono accorta che le mie parole erano storte, dure come acciaio. Chiare solo per me e pochi altri. Che quando le dicevo non chiarivo ma spaventavo. Eppure avevo lavorato tanto per imparare quelle parole che non funzionavano.
Ancora meno poi, quelle scritte. Diventavano testi freddi, acidi e inoppugnabili (sì perchè le citazioni e le bibliografie servono a rendere i testi inoppugnabili) Ma questo, dirai, che vuol dire? Dove vuoi arrivare?
Voglio arrivare a dire che mi sono accorta che spesso le parole escono dalla nostra bocca a caso. Ripetiamo quelle che abbiamo imparato. Ci fanno sentire vestiti e invece, le parole vere, dovrebbero spogliarci. Mostrarci, renderci vulnerabili. Dovrebbero toccare perchè ci hanno toccato prima e hanno trasformato il nostro cuore e la nostra mente. Come possiamo pensare che le parole che diciamo e quelle che ascoltiamo siano neutre? Come possiamo se la nostra mente pensa così tanto in parole? E com’è confortante quando troviamo la parola giusta!
Tutto questo io lo devo alla poesia. Non ho mai scritto una poesia ma le poesie mi hanno insegnato a parlare. Certamente ho chiara la faccia di mio figlio quando cerco di condividere qualche poesia. Mi guarda disperato e divertito come a dire “No, davvero non le capisco” Le poesie non vanno capite: vanno sentite e dalle poesie nascono altre parole. Le parole nostre. Quelle vere, sincere. Quelle che non servono per nasconderci ma per rivelarci. Così domenica, al reading al Festival Internazionale di poesia, ero felice. Perchè raccontavo, senza dirlo, proprio questo. Cerca le tue parole, le parole che ti mostrano. Ascolta le parole degli altri e cosa rivelano. E quei suoni cambieranno la tua mente perchè cambiano il tuo modo di sentire. Non cercare di capirle, lasciale cantare.
Sono come un cristallo
le parole
Alcune un pugnale
un incendio
Altre
rugiada appena. Eugenio De Andrade
Pratica informale: Oggi cerca una parola, una parola che sia vera, che dice di te, anche a te stesso, dove sei ora.
Pratica di mindfulness: Ascoltare profondamente
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
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