
Ovvero com’è il Rifugio dove saremo per #Scriverelamente
I miei genitori avevano un ristorante. Per tutta la vita il cibo è stato un elemento centrale e come sono spesso gli elementi centrali, amato/odiato. Posso digiunare se non c’è un cibo che mi piace. Posso divorare qualunque cosa a caso se ho fame. Sembra un paradosso ma è così. Non posso fare a meno di mangiare prima con gli occhi, il naso, e poi con un gusto – personale come tutti i gusti – molto preciso. E vegetariano. Raramente commento un piatto: mai nessuna recensione negativa. Al massimo non torno più.
Accanto a questo mettiamoci la montagna, che amo tantissimo, e i piatti di montagna che mi uccidono nel giro di tre giorni. Troppo abbondanti, ricchi, troppo diversi da me. In montagna quando dici che sei vegetariano ti guardano come se non capissero la parola. Un po’ come mia madre che malgrado sia diventata vegetariana a 16 anni continua a chiedermi se voglio un po’ di arrosto perché le è venuto buonissimo (e comunque sappiatelo, il pollo per lei non è un animale!)
Poi sono arrivata al Rifugio Serot, dove lo Chef si chiama Aronne Odisseo (e francamente già il nome è tutto un programma). Figlio di una insegnante di filosofia e di un enologo. Ha fatto un anno di liceo classico, terminato con la media del 9 dopodiché ha sentenziato che lui voleva fare il cuoco e nessuno si è opposto.
Aromatizza i suoi piatti con i fiori dei campi della zona seccati e finemente tritati. Così a bordo piatto trovi tracce di fiordaliso e calendula, rosa, porro, foglie di fragola, finocchio selvatico così sottili che ne rimane solo il profumo a inebriarti. Quando può le raccoglie lui, lottando con le due caprette tibetane che amano molto il suo orto. Le ortiche le raccoglie nei campi. Cucina le carote con i bastoncini di cannella tagliati a tronchetti. Aromatizza delle mele tagliate sottilissime con “niente” – come dice lui – poi lo fai parlare e scopri che quel niente che le rende così fragranti e perfette è un po’ di citronella, una lacrima di senape, una spilla di aceto di mele.
Lui dice di essere un cuoco trentino ma io non gli credo. Credo che lui sia un poeta trentino che rende le cose della sua terra con amore. Roberto Patti, proprietario del Rifugio Serot gli dice “scrivi le ricette, le dosi, così vengono sempre uguali” e lui risponde “io cucino a sentimento” a conferma che non è un cuoco comune. Ogni volta la stessa ricetta è sempre un po’ diversa e legata al sentimento del giorno.
L’unica ricetta tradizionale che lascia così come gliel’ha insegnata sua nonna è lo strudel che fa con la pasta matta trentina – farina,olio, aceto e grappa (fatta da lui) – commenta così la sua cucina “a me piace la mia semplicità. Sono un uomo umile, non mi interessano i ristoranti stellati. Mi piace dare dei buoni piatti e delle buone porzioni“.
È arrivato al Serot con la sua ragazza: cercavano un cuoco ma lei lo aveva accompagnato. E a quel punto hanno proposto anche a lei di lavorare lì. Sono una bella coppia. Anna è di padre sardo ma è sempre vissuta in Trentino. Quando Roberto Patti andrà in Sicilia – vicino a Noto – per il suo progetto di ristrutturazione di piccoli rustici in mezzo ai mandorli e alle arance e limoni – loro avranno la gestione. Vorrebbero vivere lassù, isolarsi e stare in pace in un posto dove in tutto vivranno 20 persone in un territorio fatto di malghe sparse. “Ma tra cinque anni dove vi immaginate“, gli chiedo? Non lo so. È già tanto che io sia qui da due anni. Anna dice,che in quattro anni hanno cambiato 4 case. Anna sta bella vicina al suo Odisseo, non fa l’errore di Penelope che lo lasciò andare da solo: e fa bene! Chissà cosa succederà – riprende Aronne Odisseo -…di certo so che cucinerò!
Alla fatidica domanda “Cucini anche per vegetariani?” che, vista la mia esperienza, ho fatto con trepidazione, Aronne mi fa il suo bel sorriso e mi dice “sì, certo, anche vegani – se proprio è necessario – certo che venire in Trentino in mezzo alle malghe ed essere vegani è un po’ un peccato!”
L’aiuto di Anna, Aronne e Roberto è Adama – stesso pizzetto bianco di Areil Sheney – dalla Costa d’Avorio, attraverso la Libia. È arrivato a Marco, nel centro accoglienza della Croce Rossa, vicino a Rovereto. Un centro che adesso è chiuso. Era amico di una collega della sorella di Aronne: fa il custode, le camere e sta diventando un aiuto in cucina. La cucina era un posto dove non aveva mai messo piede prima perché non era da uomo. Solo le donne cucinano. Il primo giorno che è arrivato, a Maggio, ha fatto mezzo metro di neve. Era la prima volta che la vedeva. Così Adama sta facendo cose nuove insieme: entra in cucina e vede le montagne, il freddo, la neve.
L’età media di questo gruppo composto oltre che da Anna, Aronne, Adama anche da Roberto è di 29 anni. Il più giovane ne ha 24, il più vecchio ne ha 36 ma non vi dirò chi è il più giovane, né chi è il più vecchio.
Raccontano una bella storia: la storia di persone che si spendono nel fare qualcosa che amano. La storia di qualcuno che accoglie, non solo ospiti paganti, ma anche migranti.
Il Rifugio Serot
Il Rifugio è nato negli anni dopo la seconda guerra mondiale, quando si arriva su solo con la slitta. Il proprietario portava pane, salame e vino e li vendeva a chi passava. È stato gestito da varie famiglie, con alterne vicende, proprio come succede nella vita. Poi Roberto Patti, trentino di padre siciliano, l’ha rilevato 12 anni fa e lavorando come un matto, in cucina e in falegnameria, come muratore e come albergatore l’ha ingrandito e reso quello che è adesso. Lasciato il suo lavoro da commercialista oggi si occupa solo del Serot e del suo altro sogno: tornare a Noto e ristrutturare due piccoli rustici. Ha gli occhi berberi: forse ci riuscirà a staccarsi da questo paradiso fresco, per il profumo dei mandorli.
Il Serot (1600 m.) si trova In mezzo al Lagorai orientale, tra malghe e prati, lungo l’Ippovia del Trentino orientale,È meta di partenza e arrivo del giro ad anello del Lagorai occidentale che permette di salire 4 cime – Monte Cola 2268 metri s.l.m. – Cima Hoabonti 2342 metri s.l.m. – Monte Gronlait 2383 metri s.l.m. – Monte Fravort 2347 metri s.l.m. – oppure è meta di scialpinismo e ciaspolate. Ma niente paura: ci sono anche comode passeggiate tra le malghe in mezzo ad un verde strepitoso. Nell’ordine ho incontrato pecore, asini, cavalli, mucche, capre, una malga dove mi hanno offerto del Prosecco fresco, un’altra dove mi hanno guardato come si guarda i foresti, un’altra dove mi hanno offerto il caffè e una torta fatta da una signora che mi ha detto “Io non faccio mai la spesa: ho tutto qui. Compro solo farina, sale e zucchero”.
Cosa non aspettarsi
I trentini non vivono di turismo, vivono di montagna. Non pensare mai di comprarli perché sei un turista. Però se cammini ti guardano con rispetto e se sei in difficoltà ti aiutano. Al Rifugio Serot devi ricordarti che sei in un Rifugio e non in un albergo: tratta le persone con rispetto e riceverai altrettanto rispetto. Spero che apprezzerai la poesia di Aronne e gli occhi verdi di Anna, l’aria rock di Adama e lo spirito berbero di Roberto Patti, alto e forte come un albero.
Al Serot troverai quello che sta nel tuo cuore perché, dove c’è gente autentica, si incontra chi siamo davvero.
Se vieni per Scrivere la mente, porta:
- un quaderno e delle penne,
- il tuo libro preferito – non importa se di poesia o di prosa –
- delle scarpe comode per camminare,
- dei vestiti caldi perché potrebbe fare freddo
- dei vestiti leggeri perché se fa caldo, fa proprio caldo,
- la crema solare (mai dimenticare la crema solare),
- qualche medicina base perché la farmacia più vicina è comunque lontana.
- Io porterò tappetini e panchetti. Se vuoi alimenti speciali portali con te: io mi fiderò della poesia di Aronne Odisseo Cavagna (che cucina anche per i vegetariani)
AL Serot per Scrivere la mente dal 18 al 23 Agosto – con Nicoletta Cinotti alla meditazione e scrittura, Roberto Patti e Anna Atzeni in sala, Aronne Odisseo Cavagna in cucina e Adama Kabrè un po’ dappertutto.
© Nicoletta Cinotti 2019