
Ho fatto un liceo di periferia, o meglio, ero in una classe popolata da ragazzi di quattro diverse periferie della città. Non era stata una scelta illuminata: era difficile frequentarsi nel tempo libero e formavamo piccoli sottogruppi rivali all’interno della classe. Portare l’ordine non era facile: il silenzio impossibile. In genere una buona parte delle lezioni era dedicata a questa missione: farci stare abbastanza zitti da poter fare lezione. Non era un vantaggio per nessuno ma questo l’avremmo scoperto solo molto tempo dopo.
C’era solo un insegnante che riusciva in questa impresa. Un tipo che, dicevamo, portava il silenzio attorno a sé. Quando passava nei corridoi affollati nell’intervallo o durante le assemblee era come se fosse circondato da un’aura che rendeva lo spazio attorno a lui più ampio, tridimensionale. Qualche giorno fa una mia ex compagna di liceo, in fase di trasloco, ha ritrovato degli appunti che aveva preso durante una delle sue lezioni e me li ha mandati per whatsApp. Ho capito perché faceva silenzio.
Rileggendoli la sua voce è tornata nitida e le cose che erano scritte sono riaffiorate. Non si limitava ad insegnare la sua materia: condivideva la sua passione. E le sue parole erano toccanti. Lasciavano un segno, aprivano domande, prendevano spazio dentro, attiravano l’attenzione perché nascevano da un luogo intimo e profondo che cerchiamo sempre di raggiungere e che non è facilmente accessibile.
In quel disordine di periferie distratte e operose in cui vivevamo avevamo bisogno di quelle parole. Parole che andassero al di là dello scopo immediato per cui nascevano: insegnare. Non parlava il professore: parlava una persona ad altre persone e chiamava in causa tutta la nostra autenticità. Una autenticità che si nascondeva. Non eravamo tanto autentici, non basta essere adolescenti per essere autentici. Eravamo uno stereotipo di adolescenti ribelli ma non sapevamo in che direzione guardare e nemmeno in che direzione andare. Lui spiegava e ti dava una mappa, un riferimento, in cui intuivi perché quella cosa potesse essere importante per la tua vita. Insegnava e diceva quello di cui tu avevi bisogno che era anche quello di cui lui disponeva: passione e onestà.
Quando vogliamo essere ascoltati molto spesso alziamo la voce: non è quello che ci farà ascoltare. Non è alzando il volume che attiriamo attenzione. Quando i bambini iniziano a parlare declinano l’ultima sillaba delle parole. Così elefante diventa fante, farfalla diventa lalla e così via. È perché memorizzano la parte più intensa della parola e impariamo tutti a parlare da lì: dall’intensità.
È cercando l’intensità delle parole che possiamo farci sentire. Cercando parole che siano autentiche e non sterotipate. Cercando le parole che aderiscono al significato. Non cucineremmo mai un piatto mettendo ingredienti a caso, solo perché sono tutti commestibili. A volte però parliamo così: corretti nella forma ma vuoti nella sostanza e quelle parole scivolano via. Non abbiamo rischiato di dire la verità, di esporci. Abbiamo solo parlato e portato a casa la frustrazione di non essere stati ascoltati. La frustrazione di non essere stati visti e riconosciuti. Una frustrazione che, spesso, troppo spesso, ha una radice dentro di noi. Nella nostra paura di esporci e di rischiare l’intensità – e non il volume – delle parole.
Non l’ho più rivisto e non so neanche come si chiamava. Posso solo dire che quell’incontro c’è stato veramente e si è svolto proprio come l’ho descritto. Allora non ero che un ragazzotto ingenuo ma niente può spiegare o negare quel momento: il momento in cui la cosa di cui avevo maggior bisogno nella vita – chiamatela una stella polare, un punto di riferimento – mi si presentò davanti per caso e con generosità. Nessun’altra cosa sia pure vagamente simile a quell’attimo mi è più accaduta da allora. Raymond Carver
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
Parlerò di questo tema al Convegno/Laboratorio “La bellezza delle parole” che si terrà a Chiavari il 27 Ottobre 2018. Il titolo del mio speech e del laboratorio è “Meditazione e scrittura: l’intensità delle parole” Iscrizioni a prezzo ridotto fino al 17 Ottobre