
Quando ci presentiamo spesso usiamo della parole che sono delle categorie: psicologa oppure avvocato. Insegnante o scrittore. Essendo parole-categorie sembrano dire tutto e invece non raccontano nulla. Ci sono migliaia di modi diversi di essere avvocato o psicologa, tanti quante sono le persone che fanno quel lavoro. Le usiamo perchè sono comode: a volte sono un modo per far stare zitti gli altri, più che un modo per parlare.
Perchè parlare è un’altra cosa. Parlare richiede la creazione di un vocabolario personale che ci esprima e ci rappresenti. Che ci ricordi chi siamo stati e che racconti chi saremo. Ognuno di noi dovrebbe avere un proprio vocabolario personale e così, quando incontra qualcuno di nuovo, qualcuno che vuole conoscere davvero, presentarsi secondo il suo vocabolario personale.
Il mio vocabolario personale ha poche parole, provo a dirtene alcune
Pentole: mi piace tantissimo conoscere le pentole con cui cucinano le persone. Vedere come le tengono, i segni delle cotture e del tempo. Sapere che c’è una pentola diversa per ogni cosa. Che dove cucini gli spaghetti non farai mai l’uovo al tegamino. Io mi sento una pentola. Le persone mettono dentro la mia pentola le loro storie. Io le cucino e gliele rimando. A volte è facile cucinare le loro storie. A volte impossibile e allora spero che trovino una pentola migliore. Magari a pressione. Di quelle che in un attimo cucinano tutto. Dicono che si perde il sapore ma a volte non conta perdere il sapore e l’importante è mangiare. Comunque, come dice Chandra, quando entri in casa prova a dire, ciao pentole, e vedrai che sorrisi che ti vengono sulle labbra!
Acqua dolce e salata: ho messo tanto tempo per imparare a nuotare ma non ho mai capito davvero perchè l’acqua del mare è salata se prende quella dei fiumi che sono dolci. Non ho mai capito perchè a volte nascono persone salate da persone dolci e nemmeno perchè le persone dolci a volte sono troppo dolci e a volte diventano salatissime. Comunque c’è un legame tra il sale e le pentole. Quel legame è il cibo. Senza sale, anche se hai cotto bene, non è la stessa cosa. Così è la nostra vita che deve avere un ingrediente in modica quantità – il dolore – perchè abbia senso.
Ristoranti: i miei genitori avevano un ristorante. Anch’io ho un ristorante con un menù del giorno. Perchè il posto dove lavoro è come un ristorante. Le persone arrivano perchè hanno fame. A volte hanno tanta fame. A volte hanno solo voglia di un piccolo sfizio, ben servito. E siccome ho tante pentole e un menù ricco – ma sono senza camerieri – provo a dar da mangiare agli affamati. Mi sembra un lavoro nobile. Alla fine mi sembra che la fame sia nobile anche quando, a causa della fame, si perde di dignità. Cerco il punto di soddisfazione: quel momento in cui vedi che la fame è sazia. Vorrei che il punto di soddisfazione lo cercassimo insieme perchè vedo tante persone che non si accorgono che sono sazie e così hanno un’infelicità senza soluzioni. Perchè se vediamo solo quello che ci manca e non quello che abbiamo la nostra infelicità è senza soluzioni.
Occhi: cerco quello che è invisibile agli occhi e, per strano che possa sembrare, lo trovo nello sguardo delle persone. Perchè il viso può essere poco espressivo o con un’espressione controllata, ma lo sguardo no. Mi sembra che dica sembra una verità non immediatamente visibile. E tra visibile e invisibile passo molto del tempo delle mie giornate. Cerco di rendere visibile l’invisibile e di rendere invisibile quello che è stato troppo visto.
Mi piacerebbe che le persone, arrivando, si presentassero con il loro vocabolario personale. Che non dicessero “Sono Mario Rossi” ma dicessero “Ho fame. Ho fame di futuro. Ho fame di cambiamento. Ho fame delle cose che fanno parte del mio vocabolario personale. E mi dicessero, invece che la loro storia, il loro vocabolario personale.
Ah, lo so, sono andata un po’ lunga ma è venerdì, il giorno che dedico alle parole.
Gli oggetti sono pieni di informazioni, e saturi del potere che hanno queste informazioni. Una osservazione attenta libera questo potere e lo fa sgorgare. Gail Sher
Pratica di mindfulness: Lasciar andare (meditazione live)
© Nicoletta Cinotti 2018 La nostra mente è un poeta
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