
L’amore non può essere separato dalla libertà e dal piacere. Nessuno ama veramente l’altra persona se ne limita la libertà di essere se stessa, di esprimersi e di agire da sé. Alla stessa stregua non si dovrebbe parlare d’amore e causare dolore. Le due cose sono inconciliabili. Se amiamo qualcuno vogliamo vederlo felice e gioioso, non infelice e sofferente. Un altro punto importante è che le azioni d’amore siano dettate dal cuore e non dalla testa.
È difficile vedere come l’amore e la disciplina possano combinarsi insieme. So che questo suonerà come una idea estremista. La disciplina fa talmente parte del nostro modo di vivere e di pensare che non riusciamo a vederne i pericoli. “Risparmia il bastone e vizierai il bambino” è un vecchio adagio della cultura occidentale che fa coincidere l’obbedienza e il senso del dovere con l’amore. Fa parte di questa tradizione il fatto di vedere il piacere come qualcosa di peccaminoso mentre lavoro e produttività sono virtù cardinali. Un altro aspetto consiste nel considerare il corpo come un aspetto inferiore della natura umana. Nel libro “Il tradimento del corpo” ho mostrato che quando questa tradizione è spinta troppo oltre conduce ad una condizione schizoide.
Il mio principale argomento contro la disciplina nasce dal rapporto che impone a genitori e figli. Una disciplina senza punizione non avrebbe senso, quindi, in verità, è il problema della disciplina che ci preoccupa. Quando si arroga il diritto di punire il genitore si pone nella condizione di giudice. Deve giudicare il comportamento del suo bambino per decidere se questi meriti la punizione e in che misura. L’atto stesso del giudicare distrugge un rapporto basato sull’amore. L’amore chiede comprensione mentre il giudizio richiede onniscienza. Il giudice non è alla pari con la persona giudicata. Occorre una posizione superiore; la persona giudicata ne occupa una inferiore. Quest’ultima non può fare a meno di provare risentimento per una tale negazione della sua posizione di parità in famiglia. Il bambino è pari ai suoi genitori? In saggezza, maturità, responsabilità ovviamente no. Ma nel senso che i suoi sentimenti sono importanti quanto quelli degli adulti è pari. Una relazione d’amore è caratterizzata dal fatto che i sentimenti della persona amata sono altrettanto importanti per entrambi. Se nel rapporto manca un senso di uguaglianza, si trasforma in un rapporto autoritario. Potrà contenere forti sentimenti d’amore ma non si tratta di una relazione d’amore.
L’opposto della disciplina non è la permessività. Questo termine quando viene applicato all’educazione dei bambini mi fa orrore. Un genitore permissivo è un genitore confuso, che ha dei dubbi sulla disciplina ma non ha niente con cui sostituirla. Continua a proporsi come una figura dotata di autorità, dal momento che fa il permissivo. Se il severo assertore della disciplina può essere visto come un tiranno, il genitore permissivo è un despota benevolo. Può in realtà essere un governatore debole la cui permissività è il riflesso della sua incompetenza. Il genitore confuso o debole sarà messo alla prova e sfidato, perchè il bambino deve sapere esattamente qual è la sua posizione.
Né la disciplina, né la permissività rappresentano la risposta ai nostri tempi difficili. Poiché la moderna psicologia pone l’accento sull’individuo, la responsabilità dell’ordine e della moralità spetta a ciascun individuo. Una autodisciplina deve sostituire una disciplina autoritaria superata. Questa è la linea della consapevolezza di sé e dell’auto-espressione, che necessariamente comporta concetti come la padronanza di sé e la misura. Il genitore che esercita l’auto-disciplina incoraggerà il bambino a sviluppare la medesima funzione consentendogli di assumere sempre maggiori responsabilità per la soddisfazione dei propri bisogni. Il concetto che sta a monte è l’auto-regolazione, che comincia nella più tenera infanzia con quello che si chiama allattamento a richiesta. Il bambino che si regola da sé acquisterà fiducia nel proprio corpo e nelle proprie funzioni corporee. Diventerà una persona diretta dall’interno e capace di auto-disciplina.
L’autoregolazione differisce dalla permissività per alcuni aspetti importanti: non rappresenta l’abbandono delle responsabilità che spettano ai genitori, come accade spesso nella permissività. Anzi, il genitore che crede nell’auto-regolazione ha la responsabilità di essere presente ogni qualvolta il bambino ne ha bisogno. (…) L’auto-regolazione non significa che non ci siano regole o limiti alle azioni del bambino: una posizione di questo genere porterebbe il bambino nel caos. Le regole e i limiti sono necessari ma non dovrebbero essere rigidi o inflessibili perchè hanno lo scopo di favorire la sicurezza e non di negargli la libertà. Alexander Lowen, La depressione e il corpo
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