
Sono un’arruffona e a volte sono anche arruffata. Come tutte le persone che si muovono tanto, sbaglio tanto. È inevitabile e doloroso insieme: meno fai e meno sbagli. Però in questa ormai lunga esperienza di sbagliatrice professionista ho imparato alcune cose:
- gli errori imperdonabili dagli altri sono pochi. Quelli imperdonabili da noi stessi sono molti, moltissimi.
- più ti vergogni e più errori imperdonabili trovi. A volte la vergogna ti fa sembrare imperdonabili errori di cui nessuno si prenderebbe cura
- insegnare è la missione più pericolosa del mondo. Insegnare qualunque cosa, anche come fare un’omelette (a proposito, chi dice che l’omelette è facile da fare?Perché? Perché tutto quello che presuppone un apprendimento è legato a due pesi contrapposti: il giudizio e l’idealizzazione. Se vuoi insegnarmi qualcosa devi essere perfetto o, almeno, meglio di me (e questa è l’idealizzazione). In più giudicherai come sono e io giudicherò come sei e più ti ho idealizzato e più sarò severo o severa con te. In genere chi insegna è severo quando è preoccupato di non essere all’altezza. Più ha fiducia in sé stesso o sé stessa e meno ha bisogno della severità
Però c’è sempre il rovescio della medaglia che è:
- meno sbagli e meno impari
- ogni errore contiene in sé l’energia della riparazione
- invece che errori ci sono eventi che sono rotture: micro-rotture o grandi rotture. Ogni rottura ha il potenziale per la riparazione e in quel momento, per magia, diventa apprendimento.
- raramente si impara alla prima. A volte nemmeno alla seconda o alla terza. Dalla quarta in poi le probabilità aumentano
- Quello che trasforma una rottura in una riparazione è il perdono
E qui comincia il bello perché la parola perdono è carica di tanti significati. Nella religione cattolica è legata ad un sacramento, il sacramento della confessione. Se non siamo cattolici è una parola che può sembrare troppo religiosa e suscitare resistenza. Eppure nasconde un tesoro.
Per perdonarsi e perdonare abbiamo bisogno di riconoscere che c’è stato un errore, abbiamo bisogno di sentire il graffio – doloroso – di quell’errore. Da quel dolore, non fuggito, non evitato, non scansato, può sorgere tenerezza e compassione se non permettiamo alla vergogna di gridare troppo forte. È imbarazzante e difficile stare in quel dolore perché dichiara la nostra vulnerabilità e di solito preferiamo correre subito ai ripari che non sono riparazione ma difesa. Ecco tutto questo per dire che mi sto allenando a riparare, a crescere grazie all’energia dell’errore. A non scandalizzarmi per i miei errori che, vista la mia età, cominciano ad avere una bella storia. Così, da sbagliatrice professionista sto iniziando a diventare sarta: ricucio e rammendo i fili strappati della mia storia e di storie altrui.
La ragione taglia e divide sempre come un paio di forbici. Il cuore cuce le cose insieme e le unisce come un ago. Il sarto usa entrambi.Mata Amritanandamayi