
Come mai temiamo l’intimità? Come mai ci nascondiamo dietro la maschera di quello che è privato e di quello che è pubblico, mostrabile agli altri, tagliando via l’intimità con noi? Forse non c’è una sola risposta ma c’è un unico grande tema e un sentimento che è trasversale. Ci vergogniamo.
Proviamo vergogna per le nostre imperfezioni, vergogna nei confronti del nostro dolore. Abbiamo paura a sostare nell’intimità perché abbiamo paura di scoprire chissà cosa su di noi. Scoperte che, per non correre il rischio di fare, copriamo con un velo di distrazione. O con il mantello della riservatezza. Una volta una paziente mi disse, con semplicità, “Ho paura della profondità e allora preferisco perdermi nei rituali ossessivi, nella preparazione infinita, piuttosto che fermarmi un attimo e scendere sotto la superficie“. Forse dietro alla sua paura stava la vergogna per la possibilità di essere imperfetta. E la chiave del giudizio tiene chiusa la porta di molte intimità, con noi e con gli altri.
Non ci mostriamo agli altri perché abbiamo paura che colgano i nostri difetti. Non ci mostriamo a noi stessi perché abbiamo paura di essere imperfetti. Possiamo esporre – anche troppo – la nostra bellezza ma dobbiamo nascondere ogni nostra vulnerabilità. Abbiamo paura che nessuna cura, nessuna preparazione, nessun battesimo ci liberi dal nostro peccato originale: essere umani. Perché solo gli dei sono perfetti. Noi uomini nasciamo, tutti, con il tallone d’achille. Ci serve per crescere e noi, per vergogna, lo consideriamo un difetto.
La timidezza è quando distogli lo sguardo da una cosa che vuoi. La vergogna è quando distogli lo sguardo da una cosa che non vuoi. Jonathan Safran Foer
Pratica del giorno: Protendersi
© Nicoletta Cinotti 2019 Vulnerabili guerrieri
Photo by Alexandra Gorn on Unsplash