
Sto concludendo il protocollo MBCT, un programma per me sempre molto nutriente. Inevitabilmente una parte del programma è sviluppare la capacità di oscillare tra accettazione e cambiamento
Oscillare tra accettazione e cambiamento
Perché oscillare? Perchè nessun cambiamento può nascere dal rifiuto e dalla lotta contro qualcosa che c’è già nella nostra vita. Non abbiamo invitato i nostri guai (anche se qualche volta abbiamo dato un contributo) ma adesso che ci sono cercare di scacciarli non funziona. Se avesse funzionato non saremmo qui, ancora in mezzo al guado. Inoltre se bastasse lottare per mandare via i problemi molti di noi non avrebbero più problemi visto che siamo dei gran lottatori. In realtà, anche se è difficile crederlo, il processo di cambiamento nasce dall’accettare le cose come sono e dal cambiare relazione con quello che non ci piace. Così il dolore cronico che una partecipante prova, e che ha cercato di trattare e diagnosticare con mille visite specialistiche, non è un dolore che la mindfulness farà sparire. Oppure il trattamento farmacologico che ha accompagnato 25 anni della vita di un altro partecipante non è detto che possa felicemente venir sospeso ma tutto questo non significa che non cambierà nulla: significa che accettando i dolori, le difficoltà e i problemi che abbiamo si apre uno spazio interno che cambia la relazione con noi e con la nostra vita.
Detta con altre parole possiamo provare a guardare con occhi e cuore aperto ai nostri fallimenti e alle nostre difficoltà e possiamo farlo iniziando a cambiare il dialogo interiore che ci accompagna, filtrando il giudizio che si nasconde nel tono delle parole o nella qualità delle parole stesse.
L’accettazione in fondo è proprio questo: depurare dal giudizio ciò che accade per lasciare che abbia uno spazio libero dentro di noi. Uno spazio in cui quel germoglio può diventare qualcosa di diverso.
Cosa fai quando sbagli strada?
È un po’ quello che fai quando sbagli strada. Fino a che non te ne accorgi vai avanti ma quando te ne rendi conto, sarebbe inconcepibile continuare a percorrere la stessa strada perchè ci dà fastidio ammettere di aver sbagliato. Se insistere nel cercare la soluzione, nel tentare di cancellare il problema, nel comportarsi come se non ci fosse, se sforzarsi non ha funzionato perché non partire dall’idea che quel problema potrebbe avere in sé l’energia della guarigione?
Lo scandalo dell’accettazione
Capisco bene che l’accettazione porta con sé uno scandalo, lo scandalo del dolore. Non vorremmo che la nostra vita fosse attraversata dal dolore perchè abbiamo 4 perniciose convinzioni errate sulla felicità:
- La prima è che la felicità sia una condizione naturale di tutti gli esseri umani e che il dolore sia un errore da correggere. Non è così, la felicità è transitoria come qualsiasi altra emozione, per questo va coltivata
- La seconda convinzione errata è che l’infelicità sia segno di qualcosa da curare. Non è così. Gioia e dolore si alternano e la nostra tendenza ad aggrapparsi al piacere e a lottare contro il dolore non fa altro che peggiorare e rendere più durature le nostre infelicità e più effimeri i nostri momenti di piacere che, a volte, passano senza che ce ne accorgiamo.
- La terza convinzione è che sia indispensabile non avere emozioni negative per essere felici. Non funziona e non può funzionare perchè le emozioni non sono alberi diversi. Sono rami dello stesso albero. Se tagliamo un ramo l’albero soffre. Se cerchiamo di tagliare i rami di tutte le emozioni negative l’albero muore.
- Il controllo non garantisce la felicità. Garantisce lo sforzo e la frustrazione soprattutto se cerchiamo di controllare quello che proviamo. le emozioni sorgono per ragioni che sono fuori dal nostro controllo.



Il problema con le convinzioni errate
Il problema con le convinzioni errate è che attivano anche un metodo educativo altrettanto errato: il rimprovero. Ci rimproveriamo come se fossimo bambini ripetenti alla scuola della vita. Insoddisfatti dei nostri risultati, facciamo scorrere dentro di noi un dialogo di sottofondo che commenta ciò che facciamo e quello che accade. Già questo semplice commentare può diventare, a volte, una fonte di disagio emotivo. Se il commento è critico e giudicante produce un abbassamento dell’umore, un senso di svalutazione e la sindrome dell’impostore. Iniziamo a soffrire come soffrirebbe un bambino che non riceve abbastanza amore ma solo rimproveri.
Questa è una brutta abitudine che riteniamo invece foriera di cambiamento. Ma, come tutte le abitudini, può essere cambiata portando la consapevolezza proprio al tono del nostro dialogo interiore. Per esempio, quando ci rimproveriamo per un risultato scarso, potremmo provare a ricordarci che a tutti capitano risultati non soddisfacenti. E che per tutti risultati e intenzioni formano una trama complessa nella nostra vita.Nessuno di noi è senza “peccato” o senza imperfezioni.
Accettarle può essere un radicale atto di amore nei nostri confronti.
Tara Brach.
Come mai tornano i ricordi
Nelle nostra ricerca di soluzioni i ricordi hanno un ruolo dominante perchè confermano sempre l’umore di base. Per questa ragione se abbiamo appena avuto una sconfitta ci verranno in mente tutte quelle situazioni in cui ci siamo sentiti dei perdenti e confermeranno della false convinzioni su di noi. Ci sono diverse ragioni per cui è importante lavorare sui ricordi che tendono a tornare:
- la prima è che possono attivare catene associative di ricordi congruenti che possono rinforzare le nostre convinzioni errate
- la seconda ragione è perchè possono confermare aspetti punitivi del nostro dialogo interiore
- la terza ragione è perchè a volte sono “unfinished business” ossia lavori che devono essere conclusi perché ci sia possibile attivare il cambiamento desiderato.
Trovare parole diverse
I ricordi sono dinamici. Contrariamente a quello che possiamo pensare cambiano nel tempo in modo congruente con la nostra personalità. Lavorare sui ricordi che riguardano gli unfinished business è fondamentale per attivare un processo di cambiamento che non passi attraverso lo sforzo, la critica, la narrazione negativa su di noi ma che produca parole nuove. Per quanto possiamo sentirci inadeguati o incompleti, meritiamo la nostra gentilezza e accettazione. Narrare la propria giornata con accettazione e gentilezza porta nelle nostre parole la parte nobile della nostra essenza: la compassione, l’equanimità e la gioia. Invece che ripassare i film dei nostri ricordi perché non guardarli con gentilezza? Non abbiamo forse già sofferto senza bisogno di ripetere quella sofferenza all’infinito? Perché non guardarli con compassione? Non abbiamo forse bisogno di confortare quel dolore?
Perché non guardarli con equanimità? Siamo sopravvissuti e la nostra vita contiene tantissimi altri momenti di gioia, serenità, calma, connessione. Perchè non scoprire che infine possiamo essere grati alle nostre difficoltà che ci hanno permesso di andare avanti con grandezza inaspettata?
Tornare all’oscillazione
Faccio fare spesso movimenti di oscillazione nel lavoro corporeo. Per combattere l’insicurezza divcntiamo rigidi nelle nostre posizioni e timorosi di attraversare quel vuoto che è necessario perché ci sia possibile cambiare. Il cambiamento non nasce dal pieno ma dal vuoto. I fiori attraversano il vuoto dell’inverno, il buio della terra prima di fiorire. Noi non siamo diversi. presumiamo che per noi non valgano le leggi della natura ma è una presunzione che paghiamo a caro prezzo: facciamo i salmoni per tutta la vita.
Saper oscillare tra accettazione e cambiamento è, alla fine, l’unico modo possibile per cambiare diventando sé stessi.
© Nicoletta Cinotti 2022
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