
“Mindfulness per principianti” è il felice titolo dell’ultimo libro di Kabat Zinn tradotto in italiano. E’ un titolo felice perché ci mette immediatamente di fronte ad uno dei passaggi fondamentali della mindfulness: tornare alla freschezza, alla novità e all’immediatezza della nostra percezione, senza frapporre, tra noi e l’esperienza, le solite storie che ci raccontiamo. È anche l’occasione per spiegare, in parole semplici, cosa facciamo nei protocolli mindfulness.
La mente del principiante
Questa freschezza è definita “mente del principiante”, da una frase del maestro Suzuki Roshi e sottolinea uno dei paradossi che incontriamo nella pratica della mindfulness: l’invito a fare le cose consuete della nostra vita quotidiana con occhi nuovi, come se fossero fatte per la prima volta,
Nella mente del principiante vi sono molte possibilità, in quella dell’esperto poche. Suzuki Roshi
per cogliere così tutte le opportunità che il nostro presente ci offre, spesso coperte dalla nostra attitudine a procedere con il pilota automatico inserito. Questa capacità di percepire la novità è una delle caratteristiche naturali della mente che tendiamo ad offuscare dietro al nostro amore per la velocità. Una velocità che può essere garantita solo facendo ricorso a questo “pilota automatico”.
La porta ritmica del respiro
Per tornare a questo “nuovo modo” di sentire non abbiamo bisogno di molto: abbiamo bisogno, con grande semplicità, di tornare in contatto con la porta ritmica del respiro, quell’aprirsi e chiudersi che ci ricorda – senza affanno – come la nostra vita sia un flusso ininterrotto di dare e ricevere e come il lasciar andare dell’espirazione sia la condizione essenziale per l’apertura verso la novità dell’inspirazione successiva.
Dare attenzione al respiro non riguarda solo il respiro ma è piuttosto uno strumento che aumenta la stabilità del nostro essere presenti e ci aiuta a dimorare nella consapevolezza originaria, quella condizione che abbiamo a nostra disposizione dalla nascita.
Tutto questo però, riconosce Kabat Zinn con l’onestà che gli è propria, non è facile. E’ semplice perché il respiro è con noi per tutta la vita ma non è facile visto che siamo continuamente richiamati a fare qualcosa di diverso, di esterno, di urgente.
Viviamo per cancellare gli impegni dalla lista delle cose da fare, poi cadiamo esausti a letto alla fine della giornata, solo per saltare su il mattino seguente e lasciarci riafferrare ancora una volta dalla macina del mulino. Jon Kabat Zinn
Questo modo di vivere ci trasforma in esseri facenti più che in esseri umani. Ed è qui che inizia la pratica di mindfulness: nell’incontrare la “modalità essere” della nostra mente e non solo la “modalità fare”. Se il nostro fare e le nostre azioni nascono dalla nostra natura, dal nostro Essere, saranno integrate e salutari. Altrimenti ci impoveriranno di energia e creatività. E per accedere a nuove risorse, avremo bisogno di tornare a dimorare in questa qualità contemplativa dell’essere.
Calibrare gli strumenti
Le diverse pratiche che incontriamo nel protocollo MBSR hanno lo scopo di aiutarci a “calibrare i nostri strumenti” proprio come farebbe un buon studioso prima di iniziare la sua ricerca. All’inizio molto del lavoro consiste nell’imparare a raggiungere un po’ di stabilità e consapevolezza. Potremmo anche rimanere delusi dalla nostra facilità alla distrazione ma la mindfulness ci chiede la sospensione del giudizio, proprio per poter nutrire una sincera curiosità e interesse nei confronti di noi stessi.
Questa sospensione del giudizio rende ogni momento di pratica perfetto in se stesso. Troviamo la mente affollata di pensieri e di spinte all’azione? Va bene. Troviamo la mente vuota e accogliente? Va bene. Percepiamo il corpo? Non lo percepiamo? Va bene lo stesso; non perché siamo in un buonismo privo di struttura ma perché la cosa più importante è iniziare a dare attenzione, valore, e cura al momento presente e alla nostra esperienza del momento presente. Già questo ha in se una potenzialità risanatrice di dimensioni incredibili. Non è quindi arrivare ad un traguardo particolare ma incontrare il momento presente, quello che viviamo nella nostra vita, con equanimità, chiarezza, sollecitudine e consapevolezza. Non ci sono traguardi da raggiungere o luoghi altrove da incontrare: dovunque siamo va bene.
La disciplina
Il protocollo MBSR o MBCT o quello di Mindfulness interpersonale, richiedono disciplina: una parola che moltissimi di noi hanno imparato ad odiare fin dall’infanzia. La consideriamo sinonimo di severità, di regole irrispettose dei veri bisogni, e di noia.
La disciplina che ci è richiesta è quella di prendere posizione nei confronti della propria esperienza, senza modificarla, correggerla o criticarla. Rimanere di fronte alla propria distrazione è salutare tanto e forse di più del non distrarsi frutto di uno sforzo severo.
La parola disciplina deriva dalla parola “Discepolo”, ossia colui che è disposto ad imparare. Questo è l’atteggiamento che ci viene richiesto e il significato della parola disciplina nei protocolli mindfulness: la disponibilità ad imparare, non dai libri ma da noi stessi.
L’apprendimento è esperienza. Il resto è informazione. Albert Einstein
Ogni atto della vita quindi può essere un maestro e la pratica formale non avrebbe senso senza la pratica informale . La vera attenzione è a ciò che accade offrendogli accoglienza, riconoscendolo ed esplorandolo con attenzione, cura, ed equanimità.
Il radicamento nella scienza
Il percorso basato sulla mindfulness è sostenuto da una mole impressionante di dati scientifici a sostegno. Questo approccio si è rivelato efficace per ridurre lo stress, l’ansia, il panico e la depressione. Come terapia complementare per pazienti affetti da malattie croniche e degenerative o da patologie terminali. Ha dato prova di poter determinare effetti positivi sul modo in cui il cervello elabora le emozioni negative in situazioni di stress, spostando l’attivazione di determinate aree della corteccia pre-frontale e inducendo modificazioni positive sul sistema immunitario. Grazie alle tecniche di brain imaging è stato possibile verificare cambiamenti strutturali come l’aumento dello spessore dell’ippocampo o modificazioni a carico dell’amigdale e dell’insula, che comportano un miglioramento sensibile nella capacità di regolare le emozioni negative.
Questa solida base scientifica si accompagna, nell’intenzione di Kabat Zinn e del Center for Mindfulness, con il desiderio di dare sostegno ad un approccio medico più rispettoso della complessità della persona, che non alimenti la nostra tendenza alla dissociazione mente – corpo. Una tendenza che è, in se, foriera di patologie come l’ipertensione, disturbi gastrointestinali, patologie autoimmuni e un disagio esistenziale che è ben oltre il male di vivere.
L’idea di base dell’MBSR ( e dell’MBCT) è quella di incoraggiare le persone a provare a fare qualcosa per se stesse, come complemento vitale a ciò che medici, chirurghi e sistema sanitario possono fare per loro, aiutandole così ad ottenere migliori livelli di salute e benessere lungo tutto l’arco della vita. Jon Kabat Zinn
E’ anche vero che il sistema sanitario sta incontrando, in più parti del mondo, un cambiamento strutturale che rende necessario un mutamento del nostro atteggiamento nei confronti della cura di noi stessi. Siamo ormai lontanissimi dal vecchio medico di famiglia che ascoltava e curava tre generazioni. Che aveva il tempo della visita a casa e che era internista e psicologo, amico e confidente e sapeva così orientare la cura nella direzione in cui era necessaria. Oggi assistiamo a visite sempre più parcellizzate che dimenticano la nostra fondamentale unità come persone. E’ per questo che è necessario assumere una posizione responsabile nei confronti di se stessi e della propria salute. E’ necessario essere presenti in prima persona: che non vuol dire sostituirsi al medico curante ma vuol dire saper integrare con saggezza e responsabilità personali, terapie farmacologiche, terapie mediche, psicoterapia e stili di vita. In questo senso i protocolli mindfulness offrono un grande sostegno. Il disagio non è mai affrontato solo nei suoi aspetti fisici o mentali ma è colto nell’interazione tra questi aspetti, per offrire strumenti di conoscenza di noi stessi come “corpo-mente” e come “mente – cuore”.
Questo processo (rispetto alla salute) è accelerato dal conoscere con maggiore intimità la propria mente e il proprio corpo, dal comprendere come non siano due cose separate. Jon Kabat Zinn
Il corpo – mente e le porte della percezione
La consapevolezza corporea diventa uno degli strumenti basilari per essere responsabili nei confronti della salute fisica e psichica. Abitare il corpo è un modo per imparare a leggere i segnali che ci manda, senza entrare nell’ipocondria o, dal lato opposto, nell’evitamento. La capacità di riconoscere, distinguere, nominare, accogliere la percezione delle sensazioni fisiche, delle sensazioni emotive, e la qualità dei nostri pensieri – insieme alla connessione o disconnessione che esiste tra di loro – ci può guidare a dare il giusto valore informativo alla nostra percezione, utilizzandola come un corretto rilevatore del nostro stato di salute fisica o emotiva. Liberarsi dalle false percezioni o dai fraintendimenti ci libera dalla prigione costruita dalle false credenze e sviluppa una saggezza nei confronti della propria salute e della propria vita che va al di là di una visione limitata di ciò che significa salute e malattia. se dobbiamo accettare che la nostra salute sia responsabilità di 100 specializzazioni diverse possiamo però prenderci la responsabilità di essere noi a ricondurre questa frammentazione ad unità.
In questo senso vedere con chiarezza, toccare con chiarezza, udire con chiarezza, sapere con chiarezza, odorare con chiarezza includendo quello che è presente nel nostro panorama interiore – che siano sensazioni emotive o pensieri – ci permette di esplorare un universo di unità e connessione con noi stessi e con gli altri.
La mente – cuore: dalla mindfulness alla heartulness
In molte lingue asiatiche la parola mente e la parola cuore sono uguali; ecco perché per comprendere pienamente cos’è la mindfulness è necessario entrare pienamente nel proprio cuore. Quella pienezza del sentire che è il significato della traduzione di heartfulness.
Se è vero che nei protocolli mindfulness si presta molta attenzione ai processi di pensiero, per poter passare dalle storie che ci raccontiamo, all’epifania dell’esperienza, l’intenzione ultima è quella di realizzare il sutra del cuore “Non c’è posto dove andare, niente da fare, nulla da raggiungere”
“Non c’è posto dove andare, niente da fare, nulla da raggiungere”. Il Sutra del cuore
Partiamo dai pensieri perché le storie che ci raccontiamo attraverso il continuo dialogo interiore ci impediscono di vedere la realtà della nostra esperienza. L’intenzione è quella di arrivare al sentire per permetterci di ritornare a quelle qualità naturali della nostra mente- cuore che spesso vengono coperte o avvelenate dalle nostre reazioni. La nostra natura di base non è modificata o ferita dai nostri problemi: abbandonare l’idea che le nostre difficoltà o i nostri impegni ci rendano diversi da quello che siamo davvero, è un passaggio fondamentale per tornare alla natura chiara, trasparente e non corrotta della nostra mente – cuore.
Per riconnetterci con quelle otto qualità dell’esperienza mindfulness che sono – nella sostanza – le qualità che proviamo quando siamo in una relazione sana e naturale con noi stessi.
Puoi essere solo te stesso, grazie al cielo! Jon Kabat Zinn
© Nicoletta Cinotti 2014
Grandioso !
Grazie 🙂