La mindfulness, proprio grazie al suo svolgersi e procedere nel tempo ci fornisce l’accesso alle nostre risorse più profonde. La sua pratica assomiglia al coltivare un giardino: facciamo fiorire tenendo pulito il terreno, innaffiando, concimando in modo diverso a seconda delle stagioni.
Dal punto di vista della mindfulness questo corrisponde all’emergere di otto caratteristiche interiori che sono caratteristiche presenti in noi ma spesso coperte dal frastuono della vita quotidiana e dallo scorrere frenetico dei pensieri.
Riconoscerle assomiglia al lavoro di un buon giardiniere, che lascia fiori spontanei e coltivati e toglie ciò che soffocherebbe un rigoglio e una fioritura.
La prima caratteristica è il recupero della nostra capacità di stupirsi, di cogliere la novità e la freschezza di ogni esperienza, riconoscendo la novità anche nelle esperienze più consuete ed abituali. Riconnettersi a quel senso di curiosità e novità che è tipico della mente del principiante.
La seconda caratteristica è quella di accogliere le esperienze senza giudicarle. Il giudizio sulla loro adeguatezza, opportunità o natura – spiacevole, piacevole o neutra – finisce per diventare un filtro alla complessità della nostra esperienza e attiva aspettative positive o negative, lasciandoci sconnessi dall’esperienza stessa e dalla nostra percezione. Perciò praticare mindfulness è un gentile invito a non giudicare. Un invito, fermo e chiaro, che ci viene rivolto ormai, da più voci, sia nella pratica della meditazione che nell’area della psicologia.
Non giudicare significa anche, forse soprattutto, riconoscere le cose così come sono, nella loro natura nuda e cruda, e nella loro intima essenza.
Benché la pratica richieda disciplina e costanza, è necessario portarla avanti senza forzarsi, accettando pause, soste, perdite di consapevolezza, come momenti del nostro essere nel presente, così come siamo. Non sforzarsi significa imparare a declinare l’impegno, la motivazione con l’assenza di tensione verso un risultato prestabilito, accettando la semplice verità di essere proprio nel punto in cui siamo. Nulla di più, che comporterebbe sforzo, nulla di meno, che comporterebbe distrazione e perdita di consapevolezza.
Questo percorso, passo dopo passo, ci porta a sviluppare un naturale atteggiamento equanime: se il punto è semplicemente riconoscere dove si è, non c’è un luogo sbagliato, peggiore o migliore di un altro luogo. E ciò che avviene, che può apparire tragico in un momento e magnifico successivamente, o viceversa, è la spazio della nostra esperienza.
Questo atteggiamento equanime nutre una capacità di lasciar andare, di lasciare che le cose siano semplicemente così come sono, senza cercare di migliorarle, manipolarle o trasformarle. Un estensione dell’attimo presente si accompagna a questa qualità di lasciar andare che in fondo è un lasciar essere.In questo modo possiamo sviluppare le altre due caratteristiche della mindfulness: la fiducia nella propria esperienza e un atteggiamento compassionevole verso se stessi. Una fiducia che non significa autogiustificazione e manipolazione della verità ma piuttosto quella libertà che nasce dall’incontrare la propria verità e accoglierla con uno sguardo compassionevole…Lo sguardo del buddha che è in noi.
“Restate del tutto immobili e soli” (Franz Kafka)
Non c’è bisogno che usciate dalla stanza.
Restate seduti alla scrivania ad ascoltare.
Non ascoltate nemmeno, aspettate semplicemente.
Non aspettate nemmeno.
Restate del tutto immobili e soli.
Il mondo vi si offrirà liberamente.
Per essere smascherato, non ha scelta.
Rotolerà in estasi ai vostri piedi.
a cura di Nicoletta Cinotti
[…] degli aspetti principali della mindfulness è proprio quello di lasciar andare le nostre aspettative per aprirci alla ricchezza dell’esperienza, momento per momento. Questo è particolarmente […]