
Molte volte possiamo aver pensato che la gentilezza sia un moto dell’anima che ha poco a che vedere con il corpo. In realtà è strettamente collegato con un processo corporeo.
Accettare, lasciar andare, seguire il flusso, sono atti che richiedono di cedere anziché tenere, di sciogliere le tensioni che ci tengono aggrappati. Di ammorbidire la nostra rigidità.
Potremmo quindi dire che il primo atto della gentilezza corporea è un ammorbidire il corpo attraverso il rilassarsi delle tensioni.
In bioenergetica, in realtà, non parliamo di rilassamento ma, piuttosto, di cedere. Il rilassamento infatti può essere un atto meccanico, il cedere del lavoro corporeo invece è un lasciar andare le contrazioni del corpo e della mente. Non limitarsi all’aspetto meccanico della tensione ma includere proprio il corpo-mente.
Il primo passo della gentilezza corporea è cedere
Tutte le nostre tensioni e tutte le nostre difese hanno un effetto: riducono il nostro radicamento nella realtà e ci fanno tenere: tenere dentro, aggrapparsi, tirarsi indietro, tenersi sopra o tenersi insieme. Quei movimenti primari che hanno un movimento di trattenimento della nostra autentica natura alla loro base.
Per tenerci dobbiamo esercitare una forza e quindi una durezza. Quello che facciamo con il lavoro corporeo è l’opposto: cediamo. Cedere come possibilità di lasciar andare le tensioni che ci tengono aggrappati alle nostre illusioni.
C’è un esercizio tipico del cedere che Lowen amava molto. In questo esercizio ci si mette di fronte al materasso, su una sola gamba, in condizioni di instabilità. Ossia si ricostruisce, metaforicamente, la nostra lotta tra resistere e lasciar andare. Cedere non costa nulla, anzi. Ci aspetta un morbido materasso. Eppure pochissime persone accettare di cadere. Molte scelgono di cadere come atto riflessivo. Poche cadono quando il corpo sente di voler cedere. Vorrei riportare un breve dialogo, tratto da Bioenergetica, tra Lowen e una sua paziente, durante questo esercizio. Perché è, per me, nella sua semplicità, un dialogo poetico che bene descrive cosa sta dietro al nostro conflitto tra cedere e tenere.
Ecco il dialogo:“Per una giovane paziente che ripeté l’esercizio 4 volte, la lotta fu drammatica. Prima volta: < Non sto per cadere, non sto per fallire….ho sempre fallito e cadde>. Seconda volta:< Non sto per cadere…non sto per fallire….Fallisco sempre…Fallirò sempre. Di nuovo cadde e pianse>. Terza volta: “Ma non voglio fallire…Non dovevo cadere…Avrei potuto stare su per sempre…non sto per cadere…non posso stare su per sempre…Non posso e cadde”. Quarta volta:. Perché deve finire con il fallimento? chiese Lowen. Le chiesi cosa stesse cercando di realizzare:”Essere quello che gli altri si aspettano che io sia…” Ecco la gentilezza corporea è smettere di essere diversi da come siamo.
Un passaggio che può spaventare ma che restituisce dignità alla nostra presenza nel mondo.
Possiamo capire molto bene le cose, ma questo non ci cambierà. Il vero cambiamento è quello che parte dal basso, dal corpo. Se non cambiamo dal basso non cambieremo il nostro modo di stare nelle cose e nel mondo . A Lowen
Il secondo passo della gentilezza corporea è espirare
Il respiro è il filo con l’esperienza interiore. Per questo, molto spesso, modifichiamo il ritmo e la profondità del nostro respiro.
Eppure se esiste un atto auto-regolato che libera la tensione, se esiste un atto gentile, questo è proprio l’atto della espirazione. Nell’espirazione ci liberiamo e nello stesso tempo creiamo spazio perché arrivi qualcosa di nuovo. Qualcosa di leggero e sottile come il respiro. Senza questo cedere non potremmo respirare. Spesso identifichiamo il respiro con l’atto dell’inspirazione proprio perché temiamo la grazia dell’espirazione. Forse perché nasciamo con una inspirazione e moriamo con una espirazione. Ma l’una e l’altra sono strettamente legate.
Le tensioni che limitano la nostra respirazione sono frutto dei conflitti emotivi che si sono sviluppati durante la crescita e lo scopo diretto degli esercizi, come dice Lowen in “Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica” non è tanto quello di ridurre la tensione, quanto di comprendere la qualità del flusso naturale della respirazione per riconoscere dove e come sentiamo il nostro respiro interrotto e comprendere cosa ha prodotto quell’interruzione.
Una espirazione insufficiente lascia il petto sempre un po’ espanso, come se ci fosse il timore di rimanere senza aria.
Così il secondo passo della gentilezza corporea è espirare: diventando consapevoli dell’espirazione e delle sue interruzioni, permettiamo, alla libertà del respiro di trovare spazio.
Ha una intelligenza fisica il corpo, più lo sperimenti più vedi che possiede dei margini misteriosi di adattamento, di miglioramento. Erri de Luca


Il terzo passo della gentilezza corporea è l’autoregolazione
Così come nella pratica mindfulness c’è una fiducia di base nella nostra natura originaria, in bioenergetica c’è una fiducia di base nelle capacità di autoregolazione corporea. Non è un atto fideistico: nasce dalla constatazione che il corpo si muove alla ricerca di un equilibrio e che questo equilibrio ha un effetto sul funzionamento della mente.
È un invito a prestare attenzione alla saggezza e alla verità del corpo piuttosto che alle nostre idee e ai nostri concetti. Ad accettarci per come siamo, senza imporci cambiamenti che sarebbero una punizione o una rigidità.
Il cambiamento quindi, in bioenergetica, non è un porsi di mete e obiettivi quanto un lasciare che si ripristini il nostro ritmo naturale di crescita. Un ritmo che rimane attivo tutta la vita.
È un processo di cambiamento che avviene dall’interno e non richiede sforzi coscienti. È chiamato crescita e migliora l’essere. Non è qualcosa che si può fare perché non è una funzione dell’io ma del corpo.
Il quarto passo della gentilezza corporea è essere in una modalità non meccanica
In bioenergetica facciamo degli esercizi ma lo scopo di questi esercizi è di dare spazio all’essere e non al fare. Lo scopo di questi movimenti è di riportare ad un corpo sentito, percepito, vitale, non a un corpo ideale. E la sensazione, per essere autentica, deve sorgere spontaneamente.
Le sensazioni, inoltre, non producono nulla: sono risposte involontarie al mondo e la loro funzione è di favorire questa vitalità.
Un processo che ha caratteristiche di fluidità e di piacere. Un piacere che, in bioenergetica, è il piacere di essere vivi. Una condizione che può sorgere anche in momenti difficili e che è più grande del piacere sessuale o del divertimento.
Poiché l’essere è legato alle sensazioni, è anche legato a quei movimenti e a quei gesti spontanei e involontari che costituiscono l’autentica espressione di sé. Alexander Lowen

La gentilezza dell’integrità
Questi passi conducono ad un senso di integrità che è riconoscere, accogliere, accettare ogni parte di noi. È da questa sensazione di unità che, dice Lowen, può nascere un comportamento etico che non sia un atto ideale ma sentito e realizzato nel presente della propria vita.
Non c’è insegnamento che possa far sentire ad una persona che le sue azioni sono giuste o sbagliate se il suo corpo manca di integrità perché è scisso dalle tensioni. Alexander Lowen
© Nicoletta Cinotti 2022
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