
Quando pensiamo alla reattività da stress pensiamo ad esplosioni di rabbia oppure a fughe di soppiatto. Se proprio lo stress è intenso immaginiamo di rimanere bloccati, congelati dallo choc. Ma queste non sono tutte le nostre modalità reattive: sono quelle più classiche ed evidenti. Difficile non accorgersi di un’esplosione di rabbia o del fatto di essere rimasti congelati.
Esiste però un’altra modalità – silenziosa e pervasiva – di gestione dello stress che logora nel tempo fino ad arrivare all’esplosione. È l’accondiscendenza.
Chi sceglie questa strada subisce più o meno a lungo situazioni che non sono nel suo registro. Dice di sì quando dovrebbe dire di no. O, al massimo dice di nì che poi diventa un sì, facendo ogni giorno silenzioso sacrificio di qualcosa di sé. Lo fa con animo lievi, tanto lieve che nessuno si accorge che questo gli costa sforzo o stress. nemmeno la persona in questione se ne accorge perché è in una leggera distanza dal dolore e da sé stesso che rende ovattato il sentimento. Però il sentimento avversativo c’è e si accumula. Goccia dopo goccia, giorno dopo giorno. Fino a che il vaso è colmo e, senza nemmeno saper bene per quale motivo, arriva l’ultima goccia. Che magari non era nemmeno la più grossa o la più importante. O quella che davvero meritava tanto scalpore. Quell’ultima goccia produce l’esplosione: il vaso si svuota. A volte del tutto. A volte solo in parte e tutto ricomincia come prima. A volte peggio di prima perché per riparare l’esplosione vengono fatte misure iper-compensative. Oppure il senso di colpa per l’esplosione ci convince a riparare in qualche modo che aumenta la fatica e lo stress. Può sembrare strano ma tutto questo è causato dalla distanza. Da una leggera, forse impercettibile, distanza da sé stessi e dai propri bisogni. Così diventa più importante il compito che dobbiamo concludere, l’impegno che dobbiamo portare avanti. Diventa più importante l’altro di noi. Veniamo dopo, ad una leggera ma sostanziale distanza. la distanza che c’è tra il volersi bene ed essere conoscenti. Ci comportiamo con noi stessi come se fossimo conoscenti con i quali avere un rapporto educato. Ma non c’è affetto e tanto meno amore.ùAllora bisogna fare quello che con antica saggezza invita a fare Rumi: “Chiudi gli occhi, resta qui, innamorati”.
Non c’è altro modo se non l’amore per sapere quando dire si e quando dire no. Non solo l’amore per la’ltro ma anche, e soprattutto, un silenzioso, fedele amore per noi.
La felicità conosce il tuo nome. Ti sta cercando. Fermati. citazione libera da Hafez
Pratica di mindfulness: La mente del principiante
© Nicoletta Cinotti 2023 Formazione in Reparenting
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