
Questa per me è la “settimana dell’impulso a crescere“, per un paio di ragioni. Una personale, che condivido con te, e una collettiva. La ragione personale è che ho fatto il trasloco, che ha voluto dire onorare e salutare il vecchio studio e spostarmi nel nuovo. È stata una decisione maturata a lungo e un po’ sofferta perché lasciavo davvero una parte della mia storia. Immaginavo che sarei stata triste e, invece, è stato bellissimo.
Averlo salutato così calorosamente, con la compagnia delle molte persone che in quelle stanze sono transitate mi ha permesso di chiudere il cerchio. Forse dovremmo fare sempre “cerimonie di chiusura” e non andarcene via alla chetichella. Dopo quella cerimonia di chiusura è come se tutti i dubbi si fossero trasformati in gioia ed energia. Tratteniamo e ci impediamo di lasciar andare per oscuri timori e poi, quando lasciamo andare, il sollievo è così grande che, finalmente, l’impulso alla crescita prende tutto lo spazio e il nutrimento che merita.(Qui azzardo una cosa che metto tra parentesi: e se questa pandemia fosse un colossale invito a ridimensionarci? La metto tra parentesi perché so che le perdite – economiche, emotive, affettive – sono state tantissime…ma se ci fosse anche un rovescio della medaglia in positivo?)
Questa settimana iniziano i protocolli mindfulness. Le ragioni per cui le persone si sono iscritte sono varie: professionali, personali, di difficoltà da affrontare. Tutto vero. Ma io so che, sotto tutte queste ottime ragioni, ognuna delle persone ch incontrerò sarà lì perché il suo impulso a crescere l’ha spinta in quella direzione. Sarà come vedere una fioritura di crochi e di primule. I primi fiori sotto la neve.
Il nostro impulso a crescere è così: matura sotto il freddo, nei tempi difficili, fiorisce piccolo ma poi cresce prendendo la vastità della nostra mente-cuore. La vastità è la nostra unica misura. Abitare questa vastità è il modo più semplice per essere umani. Forse l’impulso a crescere è il segno che la nostra anima è viva.
Oggi, chi si cura più dell’anima? Se la si menziona, è solo per distrazione; il suo posto è nelle canzoni: soltanto la melodia riesce a renderla sopportabile, a farne dimenticare la vetustà. Il discorso non la tollera più: troppi significati ha rivestito, a troppi usi è servita, cosi si è sciupata, deteriorata, svilita. Il suo patrono, lo psicologo, a forza di girarla e rigirarla, doveva darle il colpo di grazia. Così, non suscita ormai nelle nostre coscienze che quel rimpianto che si accompagna alle belle glorie per sempre tramontate. E pensare che una volta i saggi la veneravano, la ponevano al di sopra degli dèi, e le offrivano l’universo affinché ne disponesse a suo piacimento! Emil Cioran, La tentazione di esistere