
Ci sono parole che da giorni mi salgono alle labbra e tornano indietro. Sono le stesse parole che molte persone hanno portato in piazza. Non so bene perché non mi sento autorizzate a dirle, perché non mi autorizzo a scriverle. A volte è più difficile stare al proprio posto che occupare spazi più grandi. Il mio posto è piccolo e vasto insieme. Scrivo di cuore e mente e di come mente e cuore condizionano o liberano la nostra vita ma non sono una politica, una giornalista. Sono solo una persona che cerca, a modo suo, da tutta la vita, la pace. Che cerca di portare pace dentro la storia personale di ognuno di noi perché la guerra molto spesso sta dentro prima ancora che fuori.
Non trovo parole per dare voce alla paura, alla ribellione, al profondo senso di ingiustizia e follia. Ma trovo parole che descrivono invece, il continuo senso di minaccia sotto il quale stiamo vivendo da tempo. Dall’inizio della pandemia. Non abbiamo fatto in tempo a sentire il sollievo per la fine intravista della pandemia che ci siamo trovati con un’altra più devastante minaccia. Una minaccia che sembra contenuta dalla risposta unanime dell’Europa e del mondo. Una unanimità che è mancata di fronte ad altre guerre, più lontane e straniere. Il senso di minaccia toglie le parole. Alcune diventano proibite, altre come sassi, rendono qualunque altra parola solo un’ombra della verità. Quando siamo sotto minaccia è il momento per darsi conforto e il conforto non è né può esserlo, solitario. Il conforto ha sempre bisogno di condivisione. Ha bisogno di sentire che quello che accade non ci lascia soli. Mostrare il sostegno è il primo passo. Il secondo passo è liberare il corpo dalla tensione che il senso di minaccia porta con sé e che il corpo continua a trattenere sotto forma di contrazione. Il terzo passo è liberare la mente che, con la minaccia, perde la memoria del futuro. Perde la capacità di sognare, di progettare, di investire in qualcosa di nuovo. Non possiamo permettere che la minaccia tolga i nostri sogni perché così faremmo vincere la minaccia. Possiamo coltivare sogni che abbiano il nostro nome e, nel nostro nome c’è sempre una possibilità: l’eco della pace che portiamo dentro di noi.
Dire che ami una persona quando non ami te stessa è lo stesso come se una persona nuda ti offrisse una camicia. Maya Angelou
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2022 Serata di presentazione protocolli mindfulness