
L’ansia è una gioia proibita, dice il poeta, e coglie il centro, il cuore della nostra ansia e ne disegna la radice profonda. Proviamo ansia perché sappiamo l’incertezza, conosciamo l’imprevedibilità della nostra condizione.
Conosciamo l’ansia perchè tra il desiderare e raggiungere sappiamo che c’è un vuoto e che, forse, quella gioia non sarà possibile. Questo è quello che accade sul momento: non so se questo progetto andrà bene. Se questo incontro sarà produttivo sarò felice, so che, alla fine mi aspetta una gioia ma so anche che quel frutto – la gioia – è delicato e soggetto a mille rischi e pericoli.
Se questa è la descrizione dell’ansia per un evento recente che non sappiamo se si realizzerà è anche la descrizione dell’ansia che abbiamo imparato rispetto ai grandi temi della nostra vita. Non so se mi ami davvero, non so se sarò in grado di farlo davvero, non so se riesco a raggiungere quell’obiettivo, sono gli interruttori dell’ansia quotidiana, quelli che mettiamo a tacere evitando di provare, evitando di rischiare.
L’evitamento è un modo improprio per risolvere il problema dell’ansia che, alla lunga, ottiene l’effetto opposto: più cresce l’area di quello che evitiamo più ci sentiamo minacciati dalla marea crescente del senso di inadeguatezza. Più affrontiamo la nostra ansia, più guardiamo alla possibilità reale di concretizzare la nostra gioia, più accetteremo che l’imprevedibilità del risultato non è una misura della nostra inadeguatezza. Non sempre realizziamo le nostre gioie proibite ma questo non è una punizione e il vero premio non è raggiungere l’obiettivo. Il vero premio è essere stati in grado di provare. Perché provando, dandoci la possibilità di scegliere una strada diversa dall’evitamento, ci diamo la possibilità di cambiare la radice dell’ansia e di cambiare il nucleo del nostro carattere.
L’antidoto all’ansia è scegliere. La cura è scegliere una cosa nuova. Il risultato è essersi liberati dall’immobilità: non ha importanza se portiamo a casa il risultato. Il risultato non è una patente acquisita: il risultato è aver giocato la nostra partita con le carte che avevamo in mano, incluso la carta della paura.
Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro. Chandra Livia Candiani
Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire oppure la meditazione live delle 8
© Nicoletta Cinotti 2018 Cambiare diventando se stessi: che carattere ho?