
È facile equivocare la parola accettazione. Si può pensare che richieda tortuosi percorsi psicologici. Oppure che ci costringa ad accettare eventi difficili e inaccettabili. Che ci faccia scegliere tra due alternative, entrambe amare.
In realtà l’accettazione è dentro l’esistenza degli eventi. È il fatto che qualcosa sia successo, che qualcosa stia succedendo che chiama la nostra accettazione. E non si dispiega con complesse armonie. Basta la consapevolezza. Perchè la non consapevolezza altro non è che uno dei modi che abbiamo per declinare la non accettazione. Accade qualcosa e fuggiamo dalla sua presenza, fuggiamo dalla possibilità di stare dentro quello che accade portando la nostra mente altrove, la nostra attenzione altrove. In quel momento di fuga la vita ci trascina via, ci porta come la risacca dell’onda coltivando l’illusione che andare via annulli l’evento. È uno scherzo della nostra mente-bambina, quella che da piccoli ci faceva pensare che se chiudevamo gli occhi nessuno ci avrebbe visto. Quella che oggi ci fa credere che se neghiamo qualcosa quell’evento non sarà vero, non sarà accaduto. Solo che prima o poi dovremo riaprire gli occhi e quella fuga non avrà risolto ma solo complicato ulteriormente la nostra vita
Se smettiamo di pensare alle vie di fuga, alle ardite quanto improbabili soluzioni e semplicemente rimaniamo esattamente dove siamo, a prescindere dalle circostanze, pratichiamo l’accettazione e decliniamo la non-azione. Anche la non azione è un termine spesso confuso con passività e rassegnazione. La non azione è la sosta che ci permette di tenere l’attenzione nel presente, è uno stato creativo e dinamico dove ci disponiamo a cogliere il movimento di cui facciamo parte senza bisogno di aggiungere un nostro movimento. In questo senso accettazione e non-azione sono simili al riposo, un riposo sveglio e leggero.
E allora, in quel riposo sveglio e leggero rimane il tempo per consolare la nostra mente-bambina, la nostra mente infantile, quella che scapperebbe per paura e che, per tornare, ha solo bisogno che ci sia uno spazio di compassione e comprensione.
Prenditi il tempo, ogni giorno, di ascoltare con compassione il tuo bambino interiore, di ascoltare le cose dentro di te che stanno strepitando per farsi sentire. A quel punto saprai ascoltare gli altri. Thich Nhat Hanh
Pratica di mindfulness: Addolcire, confortarsi, aprire
© Nicoletta Cinotti 2018 La cura del silenzio
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