
Rimani gentile… Non lasciare che il mondo ti renda insensibile. Non lasciare che la sofferenza ti lasci odiare. Non lasciare che l’amarezza rubi la tua dolcezza. Kurt Vonnegut
Novembre è il mese in cui si tiene la giornata mondiale della gentilezza, conosciuta come World Kindness Day. Ma questo ormai non è più un segreto per nessuno! Questa festività simbolica è stata istituita nel 1998 dal World Kindness Movement, un’organizzazione che promuove il potere positivo della gentilezza e degli atti di generosità e altruismo per creare un mondo più gentile.
Le iniziative sono sempre molte e molto interessanti. L’associazione Costruiamo gentilezza e l’Associazione Cor et Amor, hanno promosso, in Italia l’alfabeto della gentilezza. Ogni lettera, dalla A alla Z è l’iniziale di una diversa parola gentile. Per esempio A di amicizia, B di bellezza, C di carezza…”. Sono già arrivati oltre 250 Alfabeti della Gentilezza in meno di 10 giorni da varie scuole italiane: segno che della gentilezza sentiamo tutti bisogno. Ma perché è così forte il desiderio di gentilezza?
Come funziona la gentilezza?
La gentilezza “funziona”, se così si può dire, perché disattiva le risposte difensive. Nel momento in cui veniamo accolti da un atto di gentilezza, da una voce calma e rassicurante, per quanto si possa essere di cattivo umore, la nostra area limbica, la nostra parte che risponde automaticamente alle situazioni di pericolo, si dis-attiva e si rilassa. Il nostro umore quindi cambia perché passiamo dall’attivazione delle emozioni del sistema difensivo (rabbia, paura, ansia) alle emozioni del sistema affiliativo (tenerezza, affetto, apertura). Quindi il ricevere gentilezza funziona come un buon calmante ma anche essere gentili ha lo stesso effetto: ci conferma, implicitamente, che non siamo in pericolo.

Sii gentile quando possibile. È sempre possibile. Dalai Lama

La storia della macchinetta del caffè
Non so se anche a te capita di prendere il caffè alle macchinette. Praticamente tutte offrono la possibilità di dosare la quantità di zucchero perché non basta scegliere la bevanda desiderata. Perchè l’esperienza sia piacevole abbiamo bisogno che la quantità di zucchero sia adeguata ai nostri gusti. Con la cortesia succede la stessa cosa. Per alcune persone una eccessiva cortesia può mettere in allarme (io sono una di queste) e può essere considerata una fonte di manipolazione più che di sicurezza. Cortesia e gentilezza possono essere facilmente scambiate l’una per l’altra anche se non sono la stessa cosa. La cortesia è regolata da norme di comportamento culturalmente condivise ed è il risultato di una buona educazione. La gentilezza è qualcosa di più profondo che si nutre di altruismo, generosità e gratitudine. Le persone gentili non stanno facedo uno sforzo: restituiscono quello che hanno ricevuto dalla vita attraverso la loro gentilezza.
I benefici della gentilezza
La meditazione mindfulness è una pratica che focalizza su uno stato naturale di calore, gentilezza e atteggiamento amorevole verso gli altri, a partire da noi stessi. La compassione, la gentilezza, l’equanimità e la gioia condivisa sono qualità della nostra mente originaria che possiamo coltivare attraverso la pratica. La pratica di gentilezza amorevole sta avendo in Occidente (Loving-Kindness in inglese; Metta in pali) moltissima diffusione. Sono state condotte ricerche che ne valutassero gli effetti positivi e i benefici sia rispetto alla regolazione del dolore che come sviluppo dell’intelligenza emotiva. Barbara Frederickson e i suoi colleghi ( Fredrickson, Cohn, Coffey, Pek, & Finkel, 2008) hanno trovato significativi cambiamenti nella qualità delle emozioni positive e nella riduzione delle emozioni negative in persone che avevano partecipato ad un programma di 7 settimane di pratica di Gentilezza amorevole. L’incremento di emozioni come gioia, speranza, gratitudine, divertimento, appagamento risultava significativo e queste emozioni positive producevano un incremento delle risorse personali come presenza mentale, motivazione, sostegno sociale, diminuzioni dei sintomi di malattia e riduzione dei sintomi depressivi.
Ma cosa dovrei dire in pratica?
Nella pratica di gentilezza amorevole l’invito è quello di dire della frasi di augurio, partendo da sé stessi per poi aprirsi a tutti i diversi livelli di intimità relazionale.
La prima volta che ho letto Sharon Salzberg – un’insegnante di dhamma americana con una profonda esperienza della pratica di Metta o gentilezza amorevole – mi sono chiesta se davvero dovevo pronunciare delle frasi lette che mi sembravano molto lontane da me. Certamente però quelle frasi mi hanno portato a chiedermi come amo me stessa. Come faccio a sapere che mi amo abbastanza? Quando questo varca il confine dell’egoismo o addirittura del narcisismo? E’ vero che devo imparare ad amare me stessa per guadagnarmi un rapporto sano?
La risposta l’ho trovata nel programma di self-compassion e nell’invito a cercare le proprie parole di gentilezza. Parole che nascono prima dal rispondere alla domanda, “di che cosa ho bisogno?”. Di che cosa ho davvero bisogno? In questo modo ho imparato ad ascoltare non solo la voce di autocritica ma anche la voce compassionevole che ognuno di noi ha, magari sepolta sotto strati di vergogna e timidezza.

Frasi di gentilezza amorevole secondo la tradizione
Che io possa io essere felice
Che io possa essere al sicuro, libero dalle avversità
Che io possa avere la pace nel cuore e nella mente
Che io possa essere libero dalla sofferenza fisica
Che io possa avere cura di me stesso con gentilezza e saggezza
La pratica di Metta
È significativo che quando pratichiamo metta, cominciamo col dirigerla verso noi stessi. Questa è la base per essere capaci di offrire amore autentico agli altri. Quando amiamo veramente noi stessi, vogliamo prenderci cura degli altri, perché questo è ciò che più ci arricchisce e nutre. Quando abbiamo una vita interiore autentica, quando siamo vicini a noi stessi e agli altri, la visione profonda del nostro mondo interiore ci permette di unirci a tutto ciò che ci circonda, così che possiamo vedere chiaramente l’unità di tutto ciò che vive, comprendendo che tutti gli esseri vogliono raggiungere la felicità e che questo impulso ci unisce. Possiamo riconoscere la validità e la bellezza del comune desiderio verso la felicità e realizzare l’intimità sulla base di questo desiderio universale.
Se pratichiamo metta e non riusciamo a vedere la bontà in noi e negli altri, allora riflettiamo sul desiderio fondamentale di essere felici, che sta alla base di tutte le azioni. “Così come io voglio essere felice, tutti gli esseri vogliono essere felici”: questa riflessione dà origine all’apertura, alla consapevolezza e all’ amore. Quando ci impegniamo in questi valori, entriamo a far parte di una stirpe che si perde nella notte dei tempi. Le persone buone di ogni epoca hanno voluto esprimere l’apertura, la consapevolezza e l’amore.
Con ogni frase di metta noi dichiariamo il nostro allineamento con questi valori.” (da “L’arte rivoluzionaria della gioia” di Sharon Salzberg, Ubaldini ed.)
Frasi di gentilezza amorevole:
Queste frasi vengono ripetute silenziosamente, dopo essere entrati in meditazione. Si rivolgono tradizionalmente, prima a noi stessi. Poi ad un mentore o ad una persona che, anche se non conosciamo direttamente, ci ha insegnato molto. Poi ad una o più persone care. Ogni passaggio ed ampliamento delle persone a cui inviamo la nostra benedizione di Metta deve essere fatto con rispetto per le nostre emozioni. Possiamo rimanere a lungo anche solo sulla pratica nei confronti di noi stessi e ampliarla quando ci sentiamo pronti. Dopo le persone care l’invito è a rivolgere le benedizioni a persone neutre che non hanno un impatto forte sulla nostra vita. Possono essere le persone che incontriamo casualmente andando in ufficio. Oppure i vicini di casa.
Quando ci sentiamo pronti estendiamo la pratica di Metta anche a quelle persone con le quali abbiamo una relazione difficile. Possiamo scegliere di iniziare con persone con le quali abbiamo avuto qualche conflitto fino ad arrivare a quelli che sono per noi delle grandi fonti di difficoltà.
La pratica si conclude con l’estensione della benedizione a tutti gli esseri.
La pratica di gentilezza nei protocolli mindfulness
Jon Kabat-Zinn è stato autore prolifico e onesto e in un articolo dichiarò le perplessità che aveva avuto ad inserire la gentilezza amorevole come pratica all’interno dei protocolli MBSR. Perché Jon era perplesso? Perché le pratiche legate alle quattro dimore divine sono pratiche “narrative” ossia richiedono l’uso delle parole e invitano la presenza di uno dei 4 stati mentali legati alle qualità della mente originaria. Queste qualità sono compassione, gentilezza amorevole, equanimità e gioia compartecipe. Tutte qualità che, secondo Jon Kabat Zinn dovrebbero permeare – silenziosamente – il percorso dei protocolli mindfulness e non esplicitamente. Alla fine però Jon cambiò idea e inserì la pratica di Metta. Non tutti gli istruttori lo fanno e anch’io ho avuto, a lungo, la stessa perplessità. Poi anch’io ho cambiato idea. E l’ho fatto attraverso un percorso che è diventato il mio libro regalo di oggi: La gentilezza in pratica 13 novembre-def (pdf)
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© Nicoletta Cinotti 2021