
La forza di gravità fa sì che le cose vadano verso terra o, forse, che se lasciamo cadere qualcosa, prenda la via più breve per arrivare a terra. Perché mentre cade quell’oggetto non lotta, non si oppone: in ogni caso vince la forza di gravità.
Ecco vorrei che qualche volta la forza di gravità entrasse in azione anche nella psiche. Invece che arrenderci alla direzione del movimento, lottiamo. C’è un esercizio in bioenergetica che ogni tanto propongo. La persona è di fronte ad un comodo materasso, su una gamba sola. Protesa in avanti. Non deve fare altro che lasciarsi cadere: non le succederà nulla. Ma quella caduta fa paura. Non c’è nessun pericolo ma fa paura perché rappresenta il lasciar andare. Potrebbe essere il lasciarsi andare al riposo o il lasciar andare delle difese. Oppure semplicemente il perdere il controllo. È una paura così atavica che molte persone lottano disperatamente per non cedere. provano tensione, dolore alla gamba, eppure mettono insieme tutti i trucchi che conoscono per rimanere in piedi, anche se gli costa molto, moltissimo.
Potremmo credere che quello sia un esempio di radicamento a terra. Io credo che sia, invece, un esempio della nostra tendenza ad aggrapparci. Della resistenza che facciamo a fluire e a scorrere. A passare da una posizione all’altra. Razionalmente sappiamo bene che non ci succederà nulla ma emotivamente quel crollo ci fa paura come se fosse disastroso.
Nessuno può dirci quando lasciar andare. nessuno può imporci il momento in cui cedere. Però noi quella domanda dovremmo farcela. Dovremmo chiederci se la lotta – che sia la lotta che ci impedisce di riposare o la lotta per raggiungere un obiettivo – è proprio necessaria. Forse potremmo anche, per un attimo, immaginare come sarebbe arrendersi. Non sai mai cosa può succedere nel momento in cui ti offri un’alternativa. Non sappiamo mai dove ci porta la vita quando usciamo dal binario e iniziamo a camminare in una strada che non ha una direzione già certa.
La terapia è così: tu e un paziente, aggrappato alle sue difese, quelle difese che gli hanno salvato la vita, e la possibilità di esplorare un’alternativa. Mai forzare, mai trattenere e, in mezzo, la paura di cadere. Il paziente che teme di lasciare ciò a cui è stato aggrappato fino ad allora e il terapeuta che cerca di sintonizzarsi. Ma la linea è spesso disturbata…prove ed errori prima di incontrarsi. Perché poi, ad un certo punto, il paziente si stacca dalle sue difese e ti viene incontro…contando sulle proprie gambe. Nicoletta Cinotti
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© Nicoletta Cinotti 2019 Vulnerabili guerrieri
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