
Noi siamo stranieri
da isola
a isola.
Ma la mattina, quando il mare
ci arriva fino al letto
e il passato
come una scia
ci sfiora i calcagni
e le alghe sulla spiaggia
mutano in alberi d’oro,
nessuna rete
del ricordo ci tiene più,
Cantava così stamattina la poesia di Hilde Domin. Ho capito perché amo così tanto praticare la mattina al risveglio, in quel territorio in cui non è ancora giorno e non è più notte. In quel territorio in cui il passato ci lambisce ma non ci domina. In quei momenti si apre, per me, la porta dell’intimità. Quell’intimità dolce e tenera che ci invita a guardare la nostra personale verità. L’intimità non è un gioco da ragazzi anche se la impariamo da bambini, stando in braccio a nostra madre o nostro padre. Ci stendiamo su di loro, il nostro respiro che tocca il loro respiro. Impariamo in quegli abbracci se possiamo fidarci dell’intimità e se possiamo stare nella verità che l’intimità rivela. Perché questo è l’elemento difficile dell’intimità: è sincera, di una sincerità che non ammette sconti. L’unico sconto è la distrazione. Ci distraiamo quando l’intimità inizia a pungere il cuore, quando fa saltare lo sterno. Allora, solo allora, scopriamo che essere intimi è così profondo che può spaventare. Eppure è così forte che costruisce legami che non si interrompono. Perché è l’intimità, l’intimità con noi e con l’esperienza, l’intimità con gli altri che fa crescere le nostre radici nel mondo. Altrimenti scivoliamo via, come passanti inosservati, dalla vita.
Pratica di mindfulness: Centering meditation
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