
Nel periodo in cui andavo a scuola le ultime pagine di un quaderno erano avide: mi affrettavo a scrivere, per finirlo prima possibile. L’acquisto del quaderno nuovo aveva un fascino a cui ancora non riesco a sottrarmi. Posso passare mezz’ora buona a scegliere un quaderno e, alla fine, nell’indecisione, comprarne due. Così ho un piccolo scaffale dove metto i quaderni nuovi. Sono lì che mi aspettano e, a volte, mi affretto ancora a scrivere per poterne iniziare uno nuovo.
Scrivere però non è sempre facile: molto spesso significa attraversare le stesse tensioni che si attraversano rispetto alla meditazione:
- Oggi mi sento ispirata. Frase da temere come la peste gialla (ammesso che la peste gialla esista:-). Vuol dire che apriamo la porta a tutti quei giorni in cui, non sentendoci ispirati, non praticheremo oppure non scriveremo.
- Non ho ancora trovato il mio modo. (Se si tratta di scrittura potremmo dire Non ho ancora trovato il mio stile). Difficile però che il nostro modo, la nostra pratica, il nostro stile, ci bussi alla porta, o suoni il campanello, senza fare nessuna prova. Meglio provare, magari per una settimana, prima di dire “Questa pratica non fa per me”. Quando preparavo un esame non ero sempre entusiasta ma sapevo di essere pronta quando ero riuscita a trovare, anche in quell’argomento che non mi piaceva, qualcosa di bello o interessante. Prova ogni pratica fino a che non incontri qualcosa di bello: a quel punto, lasciala andare: lavorerà da sola.
- Se non arriva nulla divento impaziente. È vero, a volte la pratica ci premia con delle intuizioni favolose oppure con un senso di quiete e serena felicità. A volte la scrittura ci premia con la scorrevolezza e la creatività. A volte però – spesso il più delle volte – non arriva niente. È normale: quello è il momento del riposo: anche la creatività, anche le intuizioni hanno bisogno di riposo.
- Mi sembra che siano sempre le stesse cose. È vero, sono sempre le stesse cose ma ogni momento sono diverse. Perchè cambia la profondità, la leggerezza, la disposizione con cui le guardiamo. Anche quando scriviamo è così: scriviamo sempre le stesse cose: eppure sono così diverse
- Non voglio fallire. Evitiamo di fare molte cose per paura di fallire. Evitiamo di scrivere per paura di sbagliare. Non ci sono soluzioni: la scrittura è come la pratica di meditazione. L’unico modo per fallire è non praticare oppure non scrivere. Questo dovrebbe essere abbastanza tranquillizzante.
Poi ci sono delle condizioni specifiche che ci allontanano dalla pratica della scrittura:
- Non sarò pubblicato
- Non riesco a trovare l’inizio
- Non riesco a trovare la fine
- È troppo personale quello che scrivo
- È troppo impersonale quello che scrivo
In questo caso l’antidoto – per la meditazione come per la scrittura – è sempre lo stesso: scoprire il processo prima che il risultato. È il nostro amore per il risultato che ci fa perdere il processo. Eppure, senza processo, nessun risultato è possibile.
Allora torna il fascino discreto del quaderno nuovo. È in quella novità che tutto è possibile. In quel vuoto, in quel bianco. In quello spazio silenzioso della meditazione, in cui incontriamo la vastità: la vastità della nostra mente cuore. Che è personale, non ha inizio e fine, non può fallire, non è mai uguale, è paziente perchè senza tempo, è creativa perchè ama l’espressione più dell’ispirazione.
La tua anima è senza confini. Quando sottolinei il processo la tua scrittura vola. Il cosmo stesso diventa il tuo salotto, la penna, è la luna e attorno, come stelle, i problemi da risolvere: Gail Sher
Pratica del giorno: Addolcire, confortarsi, aprire
© Nicoletta Cinotti 2018 La nostra mente è un poeta, Milano 7 Aprile 2018