Per parlare del ruolo del corpo in psicoterapia forse è necessario partire dalla definizione di cosa accade in psicoterapia. Visto che il modo con cui intendiamo la psicoterapia e gli obiettivi della psicoterapia stessa possono variare anche considerevolmente da un approccio all’altro, ho ritenuto opportuno trovare una prospettiva sufficientemente ampia e che potesse trovare d’accordo diversi approcci clinici.
Cos’è la psicoterapia?
La psicoterapia è l’attivazione di un processo autoriflessivo, dice Aron ne “Il corpo nella prospettiva relazionale”. Questa definizione, sufficientemente ampia, ci permette di aprire la riflessione sia sul ruolo che il corpo ha avuto nella storia della clinica, sia sulla funzione che svolge nel processo autoriflessivo.
Se è vero che ne “Il progetto di una psicologia” nel 1898 Freud apre in maniera significativa all’importanza dei processi corporei, è però vero che l’approccio psicoanalitico è stato una “talking cure” ossia una terapia basata principalmente sulla comunicazione verbale. “Per molti anni – dice Allan Schore – gli aspetti impliciti della comunicazione non verbale e gli stati affettivi su base corporea sono stati svalutati o ignorati dalle principali correnti psicoanalitiche, che hanno sovrastimato i meccanismi di comunicazione verbale”.
Siamo debitori degli studi sullo stress e sugli effetti dei traumi, cumulativi e non, se il corpo è tornato ad essere un elemento centrale della clinica.
Lo stress
Nel 1953 Harold Wolff pubblicò un volume centrale sulla relazione tra stress e malattia psicosomatica: “Stress and disease”. Con questa pubblicazione la psicosomatica iniziò a spostarsi verso un approccio psicofisiologico che integra le risposte corporee all’ambiente tra gli elementi costitutivi della malattie psicofisiche.
Oggi contiamo innumerevoli pubblicazioni che esplorano questa relazione e che confermano l’importanza degli stimoli emotivi per stabilire una qualità di risposte fisiche allo stress presente quotidianamente nella nostra vita. Sarà proprio il termine di stress reduction, ossia la riduzione dello stress, a caratterizzare il protocollo MBSR e gli interventi mindfulness based che attribuiscono tanta importanza al ruolo dei processi corporei.
Il passaggio successivo e, quasi inevitabile, fu lo stabilire una relazione tra le risposte allo stress e le risposte al trauma. A questo punto, parlando di trauma, anche l’ambiente psicoanalitico è direttamente interessato ad esplorare queste connessione.
Fu così che nel 1988, Henry Kristal, noto psiconanalista americano, affermò che gli affetti vengono inizialmente esperiti come sensazioni corporee per evolvere successivamente in stati affettivi articolati verbalmente. Questo passaggio dal corporeo al verbale è mediato dalle figure di accudimento, attraverso la responsività e la capacità di risposta empatica ai bisogni, espressi non verbalmente, del bambino.
Il corpo e il trauma
Nelle esperienze traumatiche si “arresta” il meccanismo di elaborazione verbale e il corpo risponde, in maniera autonoma, attraverso meccanismi dissociativi, organizzando l’esperienza in comportamenti separati. Come afferma Van der Kolk “le persone diventano incapaci di integrare l’esperienza affettiva immediata con la strutturazione cognitiva dell’esperienza. Questa mancata integrazione produce una reattività corporea senza l’intervento della riflessione”(1996). Non possiamo dimenticare però che, nel frattempo, era nata e si era sviluppata un’area di psicoterapia corporea che ha preceduto le ricerche sullo stress e sul trauma come connessione tra il corpo e la mente del paziente.
Il corpo in Reich
In realtà, all’interno dello stesso movimento psicoanalitico, poi dissociatosi, Reich aveva iniziato ad introdurre pienamente il corpo nella clinica come modo per rispondere a due domande fondamentali: “Come possiamo spiegare il fatto che i sintomi si producono a lunga distanza dall’episodio traumatico?” e “Come possiamo spiegare il fatto che, malgrado la correttezza dell’interpretazione, il paziente non migliora?”.
La risposta a queste due domande – domande che ancora oggi appassionano e fanno riflettere – fu che la risposta andava cercata nel corpo.
Era secondo Reich la contrazione muscolare che manteneva attiva la risposta prodotta dal trauma, andando a costruire una struttura caratteriale o una armatura caratteriale, che poteva spiegare anche la mancata efficacia dell’interpretazione verbale. “L’io, per esempio, quella parte dell’individuo esposta al pericolo…acquisisce una modalità di funzionamento automatico di reazione, come per esempio il “carattere”. E’ come se la personalità affettiva si corazzasse, come se il guscio duro che si sviluppa servisse a deviare o indebolire sia i colpi provenienti dal mondo esterno che il tumulto dei bisogni interiori … l’abilità di regolare l’economia energetica dipende dall’estensione di questa armatura. “
Il lavoro terapeutico agisce per liberare la persona dalle costrizioni dell’armatura, liberando la passione, l’emozione, l’espressione o come egli stesso dice “le esperienze che operano come concentrazioni di energia vegeto-energetiche” (p. 294). Il suo scopo, nell’analisi del carattere, è quello di far sì che “le fonti vegetative della personalità comincino a fluire di nuovo” (p. 303). Un progetto ambizioso che con il tempo assunse caratteristiche diverse ma che, possiamo dire, assegna un ruolo chiave al corpo nel processo di cambiamento psichico.
Lowen e la bioenergetica
Nel 1958 uscì “Il linguaggio del corpo” ad opera di Alexander Lowen, un paziente di Reich. Il suo lavoro riprende, modificandoli, alcuni dei concetti base di Reich. Prima di tutto l’analisi bioenergetica si occupa “della persona intera”, intendendo con questa affermazione due significati fondamentali. Il primo significato è guardare alla persona in quanto Sé corporeo, portando nel campo della psicoterapia una descrizione più ampia del corpo, che include la sua forma complessiva e l’espressione motoria. L’altro significato individua come compito centrale della terapia il “vedere la persona” intendendo con questa affermazione il guardare letteralmente il corpo nella sua interezza fisica ed espressiva.
L’identità funzionale mente – corpo
L’idea che l’individuo sia un’unità psico-somatica oggi è comune nel pensiero contemporaneo. La formulazione di questo concetto è spesso casuale e non specifica. Nel lavoro di Reich e di Lowen il concetto di unità psicosomatica della persona si è evoluto in un significato specifico con implicazioni cliniche e funzionali. Mente e corpo si compenetrano, ogni funzione dell’uno corrisponde ad un processo funzionalmente identico nell’altro e l’unità del processo energetico e l’identità e l’antitesi di tutte le funzioni biologiche è ancora considerata alla base dell’unità psicosomatica. Nel processo terapeutico, ci confrontiamo con la mente (Io) e col corpo, e negli esseri umani del nostro tempo, la sfida è integrare un Io e un corpo antitetici.
Gli obiettivi terapeutici della psicoterapia corporea
Date queste premesse quali sono gli obiettivi terapeutici della psicoterapia corporea e in che modo confluiscono con la definizione che abbiamo dato all’inizio? Per Lowen gli obiettivi riflettono i molteplici aspetti di un funzionamento globale della persona durante la sua vita. La salute è espressa da “libertà, grazia e bellezza” (Bioenergetica, pag. 44) e il corpo è la base per l’attivazione, non solo di un processo autoriflessivo, ma anche e soprattutto per risanare quella dualità che viviamo tra le ragioni del corpo e le ragioni dell’Io. Un progetto terapeutico che restituisce senso alla vita, affermando che “il significato della vita è la vita stessa” (Lowen).
Una psicoterapia che parla il linguaggio del quotidiano
Se c’è un merito che possiamo riconoscere a Lowen e Reich è che il loro approccio nasce dall’esperienza dell’osservazione del paziente e utilizza la stessa esperienza del paziente come strumento di cambiamento. Non è l’interpretazione, per quanto corretta possa essere, a produrre il cambiamento, ma è lo sperimentare diversamente se stessi e il proprio corpo, la propria vitalità – nel movimento e nella quiete – il principale elemento di trasformazione.
Questa è oggi la grande trasformazione a cui è chiamata la psicoterapia: costruire esperienze che diano alla persona il senso del proprio cambiamento, il senso della propria personale capacità di crescita, attivando non solo un movimento autoriflessivo ma anche, e soprattutto, un cambiamento autoregolato.
Una sfida che senza il corpo non può esistere.
Mindfulness e Self-compassion tra psico-educazione e clinica
a cura di Nicoletta Cinotti
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