Nessun evento, forse, come la malattia, ci spinge a trovare nuovi significati alla nostra vita e a ridefinire il nostro stile e i nostri obiettivi. Questa ricerca di significato coinvolge molti aspetti e, prima di ogni altro, coinvolge la nostra capacità di regolare le nostre emozioni.
Cosa significa regolazione delle emozioni
Regolazione delle emozioni non significa – come potremmo facilmente pensare – darsi delle regole o controllare le proprie emozioni. La regolazione delle emozioni avviene quando riusciamo a dare un significato a ciò che ci accade e quando riusciamo a confortarci o attivarci in maniera adeguata rispetto alle nostre necessità reali. Quando siamo in grado di regolare le nostre emozioni attiviamo un processo di autoregolazione che permette al nostro organismo, alla mente come al corpo, di utilizzare le proprie risorse nel miglior modo possibile partendo da un processo spontaneo e rispettoso delle nostre possibilità. Siamo motivati al cambiamento perché quella spinta non nasce dal perfezionismo ma dalla nostra crescita come persone.
I cambiamenti che chiede la malattia
Tutti noi “sappiamo” cos’è uno stile di vita sano, cosa ci fa male e cosa ci aiuta, ciononostante spesso disattendiamo questa conoscenza e lottiamo invano contro le nostre abitudini. Abitudini che spesso – così come possono costruire la salute – possono costruire la malattia o possono interferire con il nostro recupero dopo una malattia. Per questa ragione molto spesso ci sentiamo “in colpa” e “impotenti” a cambiare i nostri comportamenti malsani.
Processi di risposta alla malattia
La malattia produce due livelli di risposta, solo parzialmente indipendenti:un livello è orientato alla soluzione del problema e un livello è orientato alla regolazione emotiva. I processi orientati al problema (Problem-focused processes) riguardano la costruzione di una rappresentazione cognitiva della malattia e comportano l’identificazione e l’inizio di strategie per la sua gestione, includendo i processi di valutazione della loro efficacia.
Contemporaneamente vengono attivati dei processi di regolazione emotiva mirati a identificare l’esperienza emotiva, selezionando strategie efficaci per il controllo dello stress. Questi due processi sono collegati:un intenso stress emotivo puo’ sovrastare la capacità di attenzione ai processi di coping – cioè orientati al problema – e compromettere gli sforzi legati al processo di soluzione. Viceversa una buona regolazione emotiva permette di gestire con efficacia i cambiamenti dello stile di vita, che spesso la malattia comporta.
Le credenze sulla malattia
L’idea che una malattia sia gestibile e/o controllabile è associata con un maggior uso delle strategie problem-focused. In questi casi è facile coinvolgere la persona ad un cambiamento con semplici istruzioni mirate.
L’idea di una maggiore minaccia e durata della malattia e di conseguenze più severe è maggiormente associata a strategie di regolazione emotiva. Queste credenze spesso si formano molto precocemente e sono quelle più resistenti al cambiamento anche a fronte di evidenze cliniche positive.
Gli affetti negativi
Quando ci ammaliamo le emozioni che emergono sono spesso contraddistinte da ansia, depressione, pensieri catastrofici, ruminazione: quelli che in termini tecnici definiamo come affetti negativi. In questi casi ricevere informazioni “istruttive” spesso, oltre che inutile rischia di essere controproducente perché vengono alimentati i processi di pensiero catastrofici, la ruminazione e la depressione. In queste situazioni abbiamo bisogno di tornare ad una buona regolazione emotiva, prima di passare alle informazioni legate alla malattia, altrimenti rischiamo di entrare in un pericoloso circolo vizioso. L’ ipotesi è che i processi orientati al problema, con molte informazioni cognitive, inducano un reazione simile alla soppressione delle emozioni nelle persone con difficoltà di regolazione emotiva, peggiorando la situazione e attivando pericolose distorsioni cognitive, che sono emozioni “vestite” da pensieri.
Il circolo vizioso
Quando la nostra mente è occupata da credenze negative sulla malattia, spesso sorgono sensazioni di incomprensione, di sfiducia nei confronti dei curanti, oppure aspettative fortemente negative, anche se irrealistiche. La relazione con i curanti ne risente e finiamo per non fidarci di nessuno, spesso passando da un medico all’altro mentre avremmo bisogno, invece, solo di consolarci, confortarci e di riportarci ad un livello emotivo più stabile. Nella relazione con gli operatori sanitari, i pazienti maggiormente coinvolti in processi di regolazione emotiva vengono percepiti come meno collaborativi e meno in grado di comprendere l’importanza di un cambiamento nello stile di vita. Questa considerazione – che è vera se si esamina solo l’aspetto comportamentale -rischia di innescare il circolo vizioso di cui parlo.
Mindfulness e medicina corpo – mente
E’ qui che la mindfulness può offrire un importante ed efficace strumento di regolazione delle emozioni, attraverso i protocolliMBSR o MBCT, che è specificatamente orientato al lavoro con gli affetti negativi. La mindfulness, con la sua attenzione al momento presente, e il progressivo ancoraggio al corpo, permette di ridurre il proliferare dei pensieri e delle emozioni negative. Inoltre sappiamo che, migliorando la consapevolezza corporea, aiutiamo una migliore regolazione delle emozioni e sosteniamo il paziente nel riconoscimento dei sintomi della malattia, distinguendoli dai sintomi indotti dalla paura.
Il punto di svolta
La consapevolezza corporea, attraverso la mindfulness e attraverso uno specifico lavoro corporeo, che nel mio caso è Mindful Bioenergetics, è, come afferma Donald Bakal…”un modo che sostiene veramente le persone nei loro sforzi per mantenere o recuperare la salute. La consapevolezza corporea esprime la saggezza innata che ognuno di noi ha rispetto al proprio benessere psicofisiologico e rappresenta il prossimo stadio evolutivo di un modo veramente completo di occuparci di salute”.
a cura di Nicoletta Cinotti
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