
L’intimità è una faccenda piuttosto recente. L’abbiamo sviluppata tardi nella nostra storia evolutiva e come tutte le faccende recenti è un po’ problematica. Esiste come possibilità biologica dallo 0,0007% del tempo geologico, dicono alcuni.
Anche se vorremmo tanto essere veloci nell’apprendere, in realtà qualche migliaio di anni per noi è come un secondo. Così sul tema dell’intimità ci scontriamo, ripetutamente, in molti danni e preconcetti. Il primo preconcetto è che l’intimità, all’interno di una relazione affettiva, debba essere reciproca: ossia se io sono intima e aperta con te, tu dovresti fare altrettanto e, possibilmente, in egual misura. Questo, lo sappiamo bene per esperienza quotidiana, non succede. Succede, forse, quando ci innamoriamo e allora siamo tutti speranzosi e desiderosi di rivelare all’altro più possibile di noi. Poi, piano piano, scende il silenzio sulle nostre storie sentimentali. Non è perché non abbiamo più niente da dire, come si potrebbe credere. È perché sappiamo molto bene le conseguenze di quello che abbiamo da dire e preferiamo evitare quelle conseguenze. Preferiamo non correre rischi perché siamo convinti che l’essere come siamo potrebbe mettere in pericolo l’intimità raggiunta. O mettere in pericolo la stessa relazione. Abbiamo una visione dell’intimità da gemelli siamesi: l’uno fuso con l’altro e non l’uno insieme all’altro. Vorremmo essere uniti dall’affetto ma per non correre rischi finiamo per essere uniti dalla fusionalità. Così taciamo tutto quello che crediamo possa metterci in pericolo: il pericolo è, ovviamente, deludere l’altro, farlo arrabbiare o andare a finire in qualche tema spinoso e non risolto. Così, di silenzio in silenzio, affermiamo quanto è importante comunicare e scegliamo accuratamente di cosa parlare. Comunicare però non è lo scambio di informazioni. Comunicare non è l’aggiornamento del bollettino. Comunicare davvero è rivelazione: è questo tipo di comunicazione che coltiva l’intimità. L’altra comunicazione – quella informativa – coltiva il controllo. Francamente non basta comunicare per essere intimi: si può comunicare ed essere totalmente superficiali e nascosti. Non basta parlare per comunicare. Per comunicare occorre rivelarsi e questo molto spesso non piace affatto.
Così l’intimità finisce per avere la misura del partner che si apre di meno e che, con la sua chiusura, controlla la relazione. Adesso forse ti starai chiedendo come fare ad uscire da questa situazione. da questa comunicazione informativa ma non rivelativa, che più che l’intimità coltiva il segreto e il silenzio. Forse la soluzione sta nella risposta a questa domanda: posso tollerare che l’altro sia diverso o diversa da come voglio io? Posso accettare una intimità basata sulla diversità o l’ansia che mi suscita scatena subito la tempesta del controllo? Ai posteri l’ardua sentenza.
La persona col minor desiderio di intimità controlla sempre l’intimità nella relazione, per tutto il tempo in cui i partner dipendono dalla conferma reciproca. David Schnarch
Pratica di Mindfulness: Centering meditation
© Nicoletta Cinotti 2020 Scrivere la mente