
In questi giorni c’è stato mare mosso, molto mosso. Una mareggiata che ha battuto la costa e ha spazzato la spiaggia. Il mare mosso non è mai povero: è tumultuoso e porta a galla vecchi reperti abbandonati, lavora i rami degli alberi finiti chissà come in mare. Poi li restituisce, belli lavati, trasformati in qualcosa di diverso, lavorati.
Non so se hai mai visto i rami che restituisce il mare: hanno perso la corteccia ed è rimasta solo la parte interna bianca e lavata. La forma si è resa essenziale, l’essere stati nel tumulto li ha ripuliti da tutti quello che prima li rendeva vivi. A volte li raccolgo e li porto in casa. Sono un modo per ricordarmi che anche le peggiori tempeste restituiscono qualcosa. Quando ci sei dentro ti sembra solo di essere scartavetrato, ridotto all’osso. Vedi quello che perdi e non pensi certo che questo rivelerà una nuova bellezza. Eppure succede così anche per le nostre tempeste interiori. Prima o poi restituiscono qualcosa di più essenziale. Tutti noi attraversiamo tempeste con la convinzione che prima o poi passeranno e ritornerà per sempre il sereno. Sereno e tempesta coesistono, non c’è una linea di demarcazione così netta come vorremmo. Mentre la tempesta ci lavora non ci sono solo perdite, c’è una trasformazione che ci riporta alla bellezza collaterale, che è presente in tutte le cose. È la bellezza collaterale che ci permetterà di vedere al di là di quello che abbiamo perduto e ci permette di riconoscere quello che abbiamo trovato. La differenza la fa con che animo leggiamo le cose della nostra vita. Possiamo leggere con animo disposto o animo freddissimo. L’animo freddissimo è quello che cerca di proteggerci con un velo di cinismo convinto che così sarà al sicuro. Qualcuno dovrebbe dirgli che perderà proprio quella tenerezza di cui ha tanto bisogno. E la tenerezza si trova in fondo alla tempesta.
Altre volte mi poneva a leggere coll’animo freddissimo, e le piú belle, piú tenere, piú profonde cose non erano capaci di commuovermi: per giudicare non mi restava altro che il gusto e il tatto già formato: ma il mio giudizio si ristringeva cosí alle cose esterne e nelle interne a una congettura dell’effetto che l’opera potesse produrre in altrui. Giacomo Leopardi, Lo zibaldone
Pratica di mindfulness: La ciclicità delle emozioni
© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves