C’è un proverbio africano che dice “Chi corre veloce, corre da solo”. Sembra ovvio eppure non ci rendiamo conto di quanto la solitudine possa dipendere dall’avere un ritmo diverso dall’altro e di quanto le regole condivise siano, in fondo, un territorio prima di tutto di incontro.
So che a quell’ora ti incontrerò è come una dichiarazione d’amore perché unisce in se stessa attesa, fiducia, pazienza e apertura. Se invece il nostro arrivare è imprevedibile la nostra identità può scivolare, quasi senza accorgercene, dalla solitudine all’isolamento.
La solitudine è una esperienza inevitabile del nostro essere adulti: ci sono cose che possiamo fare solo se tolleriamo una quota di solitudine. E vale la pena tollerarla. L’imprevedibilità del ritmo, l’arbitrarietà della presenza sono invece elementi che coltivano una sorta di silenzioso isolamento. Silenzioso perché finiamo per accorgercene solo dopo, quando si è realizzato.E allora è una dolorosa resa dei conti quella che ci troviamo davanti. Così, quando guardiamo alla nostra agenda, ai nostri impegni, domandiamoci se stiamo organizzando la nostra vita o costruendo il nostro isolamento dalla vita.
Sì, ma io non amo l’ordine consueto. Non lascerò che mi venga imposto di accettare la sequenza delle cose. Camminerò; non cambierò il ritmo della mia mente fermandomi, guardando. Camminerò. Andrò su per le scale e mi sottometterò all’influenza di altre menti simili alla mia, fuori dalla sequenza.Virginia Woolf, “Le onde”
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2016 Le radici della felicità
Foto di ©roberto tosini
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