
Essere flessibili – che non significa essere accondiscendenti – ci permette di rispondere in modo creativo alle difficoltà e ci consente di essere aperti a nuove esperienze. Ma, soprattutto, ci dà un repertorio ampio di risposte relazionali. Perché è nelle relazioni che paghiamo un prezzo alto quando siamo inflessibili. Mettiamo che ci siamo innamorati – anche questo può non essere facile ma facciamo l’ipotesi di aver superato il primo scoglio ed essere innamorati – passata la fase che potremo definire di “iniziale stordimento” iniziamo a condividere la quotidianità e a scoprire piccole idiosincrasie, qualche difetto del nostro amato. Qualche abitudine non proprio simpatica.
Se siamo flessibili inizieremo a negoziare – dentro e fuori di noi – per trovare alternative (non sempre infatti ci sono soluzioni) che consentano reciproco rispetto e libertà. Se, invece, siamo inflessibili abbiamo la convinzione che i nostri standard siano giusti, che la nostra posizione sia la migliore, che i nostri valori siano quelli da condividere in assoluto. E iniziamo a fare una delle cose più sottili e distruttive in una relazione: iniziamo a far pressione perché l’altro cambi. Una pressione che può avere vari colori: dal tenero romanticismo per convincere gentilmente, alla pressione più aggressiva della lite per i soliti calzini trovati nel posto sbagliato. Fino a che l’inflessibilità ci porta ad avere una posizione rigida e articolata su un insieme di aspetti: tutte le volte che l’altro varca quei confini scatta la tensione. Un po’ come i confini arabo-israeliani nella striscia di Gaza. Basta poco perché da un confine varcato si passi ad un conflitto.
Il guaio dell’inflessibilità è proprio questo: più la persona si sente sfidata più chiede che il cambiamento avvenga all’esterno. Più la relazione ci manda in crisi, più pretendiamo che sia l’altro a cambiare. È una situazione che non ammette soluzioni: solo perdite. Perché se vinci hai vinto contro la volontà dell’altro e, prima o poi, questo ha un prezzo. A volte gli inflessibili più inflessibili aggiungono anche delle “punizioni”. Sono cattivi? No, sono in trappola e la trappola è quella che è stata portata nella loro vita dall’inflessibilità. Sono convinti che, se cederanno, saranno distrutti. Non è vero ma questa credenza è fortissima.
Non pensare però che la storia sia limitata alle relazioni affettive. Potremmo trasportarla pari pari nelle situazioni professionali. Se non siamo flessibili siamo costretti a rimanere aggrappati al prodotto anziché alla persona. Ed essere aggrappati al prodotto, al risultato è sempre molto aleatorio perché infinite sono le disavventure che possono incontrare. Ma se, dall’altra parte, c’è una persona flessibile, molte sono le strategie che possono risultare salvifiche. E, soprattutto, scopriamo, una volta di più, che quello che ci salva è essere umani.
Proprio perché siamo esseri intimamente relazionali, siamo dipendenti da altri; in questo dipendere da un altro da sé sta la vulnerabilità propria dell’essere umano. Luigina Mortari
Pratica del giorno: La meditazione del fiume (pratica live)
© Nicoletta Cinotti 2019 Scrivere la mente nel territorio dell’amore