
A volte mi domando dove vanno a finire i buoni consigli, quelli dati con affetto, saggezza, compassione. E poi dove vanno a finire i cattivi consigli quelli che incasinano la vita e fanno guai.Perché una cosa è certa: seguono strade diverse. I buoni consigli me li immagino in soffitta, ammucchiati in bauli, pronti ad essere tirati fuori, rinfrescati e inamidati per qualche occasione speciale per poi tornare subito in deposito.
Nel mio lavoro dovremmo rigorosamente astenerci dal dare consigli, dovremmo solo attivare processi riflessivi. Io mi accorgo che arrivo a dare un consiglio solo sotto la spinta dell’impazienza o della disperazione. Quando non mi sembra che ci sia più niente da fare mi sporgo e lancio un consiglio. Che finisce inevitabilmente nel vuoto, Anzi, a volte fa addirittura scappare chi lo riceve, perchè i consigli degli psicologi fanno più paura di quelli delle mamme o degli amici.
Malgrado la loro evidente inutilità i consigli continuano ad avere un certo successo e un certo fascino. Ogni tanto ricevo anche delle mail in cui mi viene chiesto un consiglio: senza aver mai visto in faccia una persona però non si può parlare di consiglio: quello è puro e semplice vaticinio. Una specie di attività da oracolo di Delfi che evito sempre di fare. Mi limito a raccontare nei post come funzionano le cose, un po’ per esperienza personale, un po’ per esperienza professionale, un po’ perchè imparo tantissimo dalle persone che incontro. L’idea è che questi post possano funzionare come semi che attivano una riflessione personale: che poi sarebbe come dire “diamoci noi i consigli di cui abbiamo bisogno” e io vi offro qualche ingrediente.
Poi ci sono i cattivi consigli che, in genere, vengono seguiti perché, rispetto ai buoni consigli hanno un vantaggio in più incredibile: nascono dall’esempio. Chi dà un cattivo consiglio si mette sempre dentro e dice, in qualche modo, prendimi ad esempio e facciamolo insieme. Cosa che i saggi evitano: la responsabilità, si sa, dovrebbe sempre rimanere sulle spalle di chi ha il problema. Chi dà cattivi consigli è come la fatidica cattiva compagnia della nostra adolescenza. Non ti lascia mai solo a fare confusione: i veri guai vengono sempre fatti in compagnia. Ossia i cattivi consigli sono trascinanti. Mentre i buoni consigli, quelli che finiscono in soffitta, sono edificanti. Si capisce subito che l’appeal è diverso, parecchio diverso. Chi vorrebbe seguire, d’estate e con questo caldo (d’inverno e con questo freddo) qualcosa di solitario, impegnativo ed edificante? Niente da fare: i buoni consigli non riusciranno mai a fare strada nel mondo perchè mancano di un ingrediente fondamentale, manca la partecipazione. Mentre ti dò un consiglio te lo somministro come una medicina: è qualcosa che devi fare o prendere tu, non io. E se l’interlocutore è anche minimamente orgoglioso dirà a se stesso, con ragione, voglio sbagliare facendo di testa mia e non di testa tua. Così ecco l’ultimo buon consiglio, che dò prima di tutto a me stessa: mai dare buoni consigli, dare sempre invece semi di riflessione innaffiati con l’esempio e la condivisione.
Che peccato che gli esseri umani non possano scambiarsi i problemi. Tutti sembrano sapere esattamente come risolvere quelli degli altri. Olin Miller
Pratica del giorno: Grounding
© Nicoletta Cinotti 2018 La cura del silenzio
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