
Ho incontrato Francesca Biasetton in una genovesissima giornata di pioggia, dopo Natale. Era un po’ di tempo che ci sentivamo per programmare un’intervista. Io, curiosa della calligrafia e lei disponibile a raccontare quella che, in parte, è la storia della sua vita oltre che del suo lavoro. Perchè di questo non ho dubbi: Francesca ama il suo lavoro di un amore tenero e riservato, appassionato e severo, disciplinato e tenace. Insomma è una donna che ha incontrato il filo di una passione e non l’ha più abbandonato. Era la fine degli anni ’80 e lei era una giovane illustratrice, quando ha incontrato il calligrafo giapponese Norio Nagayama, che allora viveva a Genova. Che cosa ci fa un calligrafo giapponese a Genova, le ho subito chiesto.
Cosa ci fa un calligrafo giapponese a Genova?
Norio Nagayama nasce in Giappone a Ibaraki nel 1956 e frequenta l’università Daitobunka di Tokyo. Arriva in Italia trentenne e inizia ad insegnare Shodo, l’arte della calligrafia giapponese: la via della scrittura. Una vera e propria pratica che inizia con la copia degli ideogrammi antichi e porta, con rigore e disciplina, alla conoscenza di sé. Il segno calligrafico viene fatto con il pennello impugnato in verticale, in posizione di seizà e seguendo, nel tracciare le linee, il ritmo del respiro. Il segno nasce da dentro, dalla posizione della schiena ed esce dalla protensione in avanti, tenendo fermi sia la mano che l’avambraccio, muovendosi invece con la spalla o, addirittura, con tutto il busto. Il pennello, dice Francesca, accarezza la carta.
Niente apnea da concentrazione quindi ma piuttosto segnare e respirare insieme. Il pennello risponde alla pressione e la pressione risponde al respiro, generando un segno diverso proprio a seconda della pressione.
L’incontro con Norio Nagayama, invitato a Genova da Sergio Longano,studioso di cinese e scomparso a Camogli qualche anno fa, è, per Francesca, tanto significativo da spingerla a cercare ancora nella strada della calligrafia occidentale.
Che differenza tra calligrafia giapponese e occidentale?
In occidente la calligrafia – dal greco καλòς calòs “bello” e γραφία graphìa “scrittura”- nasce come forma di bella scrittura usata per tramandare la conoscenza, prima dell’avvento della stampa. Con la fioritura del Gotico nel Medioevo, videro la luce pregevoli manoscritti miniati. I libri scritti e decorati a mano divennero meno comuni dopo l’invenzione della stampa nel XV secolo. In ogni caso da noi la calligrafia non è mai stata considerata un’arte ma piuttosto una forma di artigianato
Anche nella calligrafia occidentale si usa il pennello, in particolare il pennello largo che ha la particolarità di generare un segno che è in relazione con la linea di base, con la carta e con la direzione di scrittura. Francesca prosegue il suo percorso di calligrafa frequentando ripetutamente una scuola estiva di calligrafia a Londra.
Contemporaneamente conosce Anna Ronchi, che diventa oltre che collega anche amica e nel 1991 nasce l’Associazione Calligrafica Italiana, di cui Anna Ronchi è uno dei sei fondatori. In quel momento in Italia non esisteva ancora una associazione che si occupasse di calligrafia malgrado siano italiani due dei principali modelli di caratteri utilizzati nella calligrafia. Questi modelli sono le Maiuscole romane e l’Italico, una scrittura corsiva. È durante il Rinascimento che Aldo Manuzio lo introduce con lo scopo di creare una scrittura compatta e facilmente leggibile.
Il percorso professionale di Francesca Biasetton
Il percorso professionale di Francesca Biasetton prosegue: partecipa ad un simposio di calligrafia con insegnanti di tutto il mondo in Belgio nel 1992 e 1993. L’associazione Calligrafica Italiana intanto inizia ad invitare insegnanti internazionali. Con uno stile di condivisione assoluto: insegnanti generosi che condividono la propria conoscenza, le loro esperienze, e che permettono la maturazione di uno stile personale. Il percorso di formazione parte dallo studio delle scritture storiche: ogni scrittura è codificata da regole che riguardano le proporzioni e il ductus: l’ordine e la direzione dei tratti. Quando la scrittura è vergata rapidamente e le lettere sono legate fra loro e inclinate a destra la scrittura è corsiva, mentre è posata quando le lettere sono separate fra loro e diritte. Ogni calligrafo, quando esegue una scrittura, ci mette qualcosa di personale: proprio come un musicista che esegue la musica ma la rende unica con la propria esecuzione.
Infine, nel 1997 le viene proposto di insegnare all’interno dell’ Associazione Calligrafica Italiana, di cui dal 2010/2011 è Presidente.
“Quando insegno” – dice Francesca – “faccio riferimento al mio modello, quello che ho costruito nel tempo. È fondamentale vedere come un insegnante lavora ed è per questo che sono scettica sull’utilità dei tutorial e dell’essere autodidatti. La scrittura richiede di “andare a bottega” per imparare dalla vicinanza con il proprio insegnante”. Insegnante che rimane, sempre, allievo. È abitudine comune infatti continuare a frequentare corsi di altri insegnanti, come allievi, per imparare continuamente e coltivare quella che – in termini meditativi – è la mente del principiante. Si impara dall’insegnante e dalla classe e – dice Francesca – “non siamo gelosi delle nostre produzioni e c’è sempre qualcosa da scoprire”.
Quando si smette di imparare si inizia ad invecchiare. Francesca Biasetton
La rete ha deteriorato la calligrafia
Francesca si aggiunge al coro di chi pensa che la rete abbia deteriorato la calligrafia, rendendo la comunicazione mediata da mezzi che riducono – fin quasi alla scomparsa – la scrittura a mano. Niente più biglietti di auguri natalizi, niente più lettere: una comunicazione immediata e superficiale: sempre possibile perchè aiutata dall’immediatezza della rete. La calligrafia però è lontana da tutto questo. Quando scrive Francesca non ha nessuna connessione attiva: né telefono, né computer. E possono passare giorni senza che controlli le mail (posso testimoniarlo!). Perchè la concentrazione che la scrittura richiede non ammette distrazioni né della mente né del corpo. “Tres digiti scribunt totum corpusque laborat”: tre dita scrivono, tutto il corpo lavora era il detto degli amanuensi ed è ancora vero. Un corpo irrequieto lascia segni tesi. Una attenzione divisa rende impossibile la calligrafia.
Una curiosità: Steve Jobs e la calligrafia
Forse tutti conoscono l’avventurosa storia universitaria di Steve Jobs che si iscrisse ad una delle università più costose e prestigiose degli Stati Uniti, senza mai arrivare alla laurea. Dei pochi corsi frequentati ne amò uno in particolare: quello di Calligrafia tenuto dal frate trappista Robert Palladino, di origini italiane. Lo stesso Jobs ricorda così quella scelta: “Ho abbandonato il Reed College dopo appena sei mesi. Però, prima di lasciare definitivamente la scuola mi sono imbucato in un corso per altri diciotto mesi”. Che cosa c’era nella calligrafia che attraeva Jobs?” C’era un intimo equilibrio tra il bello e l’utile, tra la forma e la funzione che poi è ciò che definisce il design. Alla fine è tutta una questione di gusto. Devi esporti alle cose migliori che l’umanità abbia mai prodotto e poi provare a metterle in quello che stai facendo”
Scrivere sul muro, mettersi in rapporto con un testo

Una chiacchiera tira l’altra e finiamo per parlare della scrittura su muro: una scrittura in cui non è possibile sbagliare e del rapporto tra testo e scrittura. Nell’insegnamento della calligrafia Francesca fa lavorare sui segni che compongono le singole lettere, prima ancora che sulle lettere. Sul rapporto tra bianco e nero, sullo spazio disegnato dalla singola lettera, in una sorta di annullamento del contenuto. In realtà per anni, in passato, Francesca ha lavorato anche sulla ricerca di una calligrafia che esprimesse il testo. La partenza della calligrafia però è lì, nella difficile arte di lasciare la forma che si conosce per entrare nel bianco che si crea quando si fa un segno nero. Il segno modifica il non segno perchè entrano in relazione. Non è più quindi solo contenuto ma contenuto e forma in relazione con la materia su cui viene scritto.
Questo lavoro essenziale sulla lettera, prima ancora che sulla parola, diventa, in realtà, una forma di arricchimento cognitivo ed espressivo.
Bambini e scrittura: l’esperimento nulla dies sine linea
Lo sa bene il pedagogista Benedetto Vertecchi, coordinatore del progetto In intellectu et in Sensu – Nulla dies sine linea, nell’ambito del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma TRE. Vertecchi sottolinea le conseguenze di un uso inconsapevole della tecnologia nella fasi più delicate della crescita e dello sviluppo cognitivo. La frase Nulla dies sine linea si riferisce al pittore Apelle, che non lasciava passar giorno senza tratteggiare col pennello qualche linea. Nel significato comune vuol sottolineare la necessità dell’esercizio quotidiano per raggiungere la perfezione e per progredire.
L’avvertenza sull’importanza della calligrafia arriva dagli Stati Uniti, dove già nel 2012, il proliferare di forme di didattica della scrittura attraverso la tastiera, a discapito della penna e matita, ha sollecitato la convocazione di un summit di studiosi e addetti ai lavori tenutosi a Washington e intitolato Handwriting in the 21st century? An educational summit (Spencer, 2012). I lavori del convegno hanno messo in luce i danni considerevoli della decisione – presa dal Dipartimento dell’Educazione nel 2010 – di variare i curricula dei primi anni della scuola primaria, rendendo obbligatorio l’uso della tastiera e minimizzando l’attività di scrittura a mano, a stampatello o in corsivo.
Gruppi di bambini esaminati con la risonanza magnetica funzionale durante la scrittura manuale, hanno dimostrato un aumento dell’attività in tre aree celebrali: le stesse che negli adulti si attivano con la lettura o la scrittura. Questa risposta cerebrale non è stata riscontrata nei bambini che hanno utilizzato la tastiera durante l’esperimento. In sostanza, l’attività di riproduzione del modello, che avviene per tentativi ed errori, aiuta la capacità di apprendimento del bambino, che riesce a riconoscere le lettere che ha scritto, anche se in modo approssimativo, diversamente da quanto accade usando la tastiera.
Scrivere a mano, scrivere in “bella calligrafia” diventa quindi un aiuto all’apprendimento. E, forse, una pratica di concentrazione per grandi e piccini. Per tutte queste ragioni La scrittura a mano ha un futuro?“ (trovi il pdf cliccando sul link evidenziato) è stato anche il tema di un Convegno organizzato lo scorso anno in Italia per festeggiare i 25 anni dell’Associazione Calligrafica. Io credo che un futuro ci sia, soprattutto se ce ne occupiamo adesso!
Quali e quanti corsi
In effetti, tra le proposte della Associazione Calligrafica Italiana c’è il progetto “Bentornata calligrafia” per diffondere l’apprendimento della scrittura corsiva e della calligrafia nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Scrivere non è per nulla facile. Prima che il bambino possa compiere i movimenti adatti, deve raggiungere una raffinatezza del gesto che matura solo intorno ai quattro-cinque anni. Tra l’omero e il polso ci sono ben 29 ossa che devono coordinarsi in modo equilibrato per ottenere un buon risultato. La scrittura, in questo senso, è parente della danza: è un’attività che implica senso dello spazio, del ritmo, dell’azione, e persino delle pause, tutte cose che in molti cercano attraverso pratiche del corpo come lo yoga e che i bambini possono imparare con facilità e tenere con sé per il resto della vita.
I calligrafi offrono quindi corsi per migliorare la propria scrittura, corsi rivolti sia a grandi che a bambini, che beneficiano dell’effetto del miglioramento della loro calligrafia anche in sede di rendimento scolastico. A questi interventi individuali si aggiungono i corsi di gruppo. Potrete trovare il calendario sul sito dell’ Associazione Calligrafica italiana che organizza corsi a Roma, Milano, Vicenza e in altre città italiane. Di solito i corsi sono 16 ore in un fine settimana: dopo un corso si inizia a capire come girano le cose e si può approfondire con seminari successivi e più specifici. Periodicamente, per i soci, vengono organizzati corsi di refresh, gratuiti, per il ripasso. D’altra parte il tempo di preparazione del materiale è lungo e non sarebbe possibile fare lezioni con orari brevi.
E poi c’è un bellissimo programma estivo di una settimana ad Abano Terme “Fine estate in calligrafia” dal 23 al 27 Agosto.
I docenti di ACI (Associazione Calligrafica Italiana) seguono ogni allievo al banco e per questa ragione non ci sono più di 15 allievi per corso. L’insegnante passa, si siede a fianco di ciascuno perchè ognuno ha la propria difficoltà e deve quindi essere possibile un rapporto individuale. La situazione ottimale sarebbe avere un tavolo inclinato anche se questa non è una condizione facilmente ripetibile, perchè i corsi sono ospitati in situazioni molto diverse. Si lavora su un formato grande – un foglio A3 – e l’apprendimento non avviene solo durante il corso ma anche e soprattutto con la pratica a casa, come accade, del resto, per qualsiasi cosa: per uno sport, per la musica, per la danza. Si segue una falsa riga che è diversa per ogni tipo di scrittura e già preparare la falsariga fa parte del processo. Fatta una volta poi non è necessario rifarla ogni volta ma permette di capire qualcosa di più della scrittura che si andrà a fare.
“Faccio vedere anche gli esempi scorretti perchè per imparare è necessario saper osservare e si impara a farlo attraverso il riconoscimento degli errori: è così che si comprende cosa fare e cosa non fare”. Non è possibile fare la cosa giusta se non si riconosce la cosa sbagliata. “Adesso sto raccogliendo brutti esempi da far vedere agli studenti proprio per questa ragione”, prosegue Francesca, “bisogna imparare la lentezza anche attraverso l’osservazione degli errori”
Insomma cosa fa una calligrafa a Genova?
Così la domanda iniziale “Cosa ci fa un calligrafo giapponese a Genova?” si ribalta. Diventa “Cosa fa una calligrafa a Genova?” Francesca a Genova vive e lavora. In mezzo è in continuo movimento tra le diverse città italiane in cui insegna. Insomma fa quello che fanno molti suoi colleghi calligrafi. Si muove per imparare e per insegnare e poi riporta tutto a casa, nel bellissimo centro storico genovese in cui vive. Dove le sue parole non sono più solo contenuto ma anche forma. Ed è li – in questo fondersi di forma e contenuto – che ogni parola inizia a splendere, come diceva Emily Dickinson.
Da buona genovese coltiva tutto questo con assoluto understatement: ma non lasciatevi ingannare. Il suo curriculum parla di collaborazioni importanti, prima fa tutte quella con Brody Neuenschwander, nell’allestimento di “The Children of Uranium” di Peter Greenaway (Genova – Napoli, 2005). È stata invitata a Teheran per partecipare a “Incontri”, un’esperienza di lavoro con l’artista iraniana Golnaz Fathi (2004) ed è autrice dello slogan calligrafico dei XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006. Da buona genovese, tutto questo come se nulla fosse.
Ah, come amo Genova!
© Nicoletta Cinotti 2017
Foto di ©Francesca Biasetton e ©Eleonora Curto

Bibliografia di riferimento
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Area Calligrafica
- Francesco Ascoli, Scrivere meglio
- Luca Barcellona ,Take your pleasure seriously. Ediz. italiana e inglese
- Francesca Biasetton,Unique. What it says, how it looks
- Norio Nagayama, Il segreto della calligrafia
Area pedagogica
- Vertecchi B., I bambini e la scrittura. L’esperimento Nulla dies sine linea
- Berninger, V., & Chanquoy, L. (2012), “What writing is and how it changes across early and middle childhood development: A multidisciplinary perspective”, in E. Grigorenko, E. Mambrino, & D. Preiss (Eds.), Writing: A mosaic of perspectives and views (Ch. 5, pp. 65-84). New York: Psychology Press.
- Graham S. (2009), “Want to improve Children’s writing? Don’t neglect their handwriting, in American Educator (Winter 2009/2010), http://www.aft.org/sites/default/files/periodicals/graham.pdf, u.a. 10.04.2017
- James K.H., L. Engelhardt (2012), “The effects of handwriting experience on functional brain development in pre-literate children”, in Trends in Neuroscience and education, vol.1, issue 1, 2012. 32:42.
- James KH, Atwood TP (2009), “The Role of sensory motor learning in the perception of letter like forms: tracking the causes of neural specialisation for letters”, Cognitive Neuropsychology, 2009, 26:91-110.
- James KH, Gauthier I. (2006), Letter processing automatically recruits a sensory motor brain network, Neuropsychology, 2006, 44; 2937-49.
- Spencer L. (2012), “Does Cursive Handwriting need to be taught in a high tech world?” in Chicago Tribune Local, 12 Aprile 2012, http://www.triblocal.com, u.a. 16.11.2014.
- O’Connor R.E., Jenkins J.R. (1999), “The prediction of reading disabilities in Kindergarten and first grade” in Scientific Studies of Reading, 3, 159-197.
- Vertecchi B, http://lps.uniroma3.it/2017/03/01/in-intellectu-et-in-sensu-scrivere-per-capire-scrivere-per-fare/
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