
Ho passato un sacco di tempo a leggere biografie. E poi anche auto biografie. Alcune mi hanno appassionato – in genere erano biografie – alcune mi hanno annoiato – in genere erano autobiografie – in ogni caso arrivavo sempre alla fine. Perchè in ogni storia mi sembrava che stesse per succedere qualcosa che poi non si realizzava.
Non so bene cosa cercassi. A volte erano un modo per conoscere meglio personaggi che amavo e che mi incuriosivano.Altre volte credo che cercassi di capire che cosa mette insieme il senso della vita. Non l’ho ancora scoperto però ho scoperto perché le (auto) biografie mi fanno paura.
Che cosa mi fa paura di una biografia?
La cosa che mi fa più paura è che colgono un filo conduttore, a volte a ritroso, e danno coerenza a tutto attraverso quel filo conduttore. A volte è l’infanzia difficile. Altre volte la genialità, altre volte ancora gli incontri fortunati o sfortunati. Sembra che tutto abbia una sua predestinazione. Ecco, questa assenza di varianti di cambiamento mi fa paura. Come se la coerenza finisse per diventare un binario e la vita un treno che corre su quei binari.
Poi ci sono delle biografie in cui il punto di svolta è netto: un evento traumatico per esempio ma, dopo quello, si riprende una predestinazione, magari molto più fortunata ma sempre predestinazione. Insomma anche il viaggio dell’eroe rischia di essere un po’ ripetitivo.
Si può scrivere una storia senza entrare nella predestinazione?
Come cogliere quello che non si realizza?
Quando ascolto le persone, la sensazione che ci sia qualcosa che non riescono a realizzare, una parte di loro che rimane inespressa, è fortissima. E infatti le storie ruotano tutte attorno a questi due punti: cosa di me si è realizzato, e cosa di me non si è realizzato. Allora, mi sono detta, perché non andare a cercare proprio lì, nel punto in cui nasce il fattore di cambiamento, il cosiddetto “x factor”?Quello che ci dà la sensazione di aver realizzato i propri sogni?
È nato così il progetto di Scrivere la mente, che è diventato un libro pieno di stimoli per cercare il fattore di realizzazione dentro di noi. Uscirà ad Ottobre. Bilancia, direbbe una mia amica astrologa. Io spero equanime, come meditante poco astrologa e un po’ astratta! È un libro piccolo come i semi eppure, proprio come i semi, contiene tutte le istruzioni di crescita al suo interno.
Che strada possiamo fare?
Tutto inizia e finisce con una storia d’amore. L’x factor è legato a come amiamo noi stessi e come amiamo gli altri. Per strano che possa sembrare ruota tutto attorno all’amore. Non è una affermazione romantica, anche se potrebbe suonare così: il nostro fattore di crescita è strettamente legato a come ci siamo sentiti amati e a come abbiamo imparato ad amarci. Da lì si estende, come i cerchi di un sasso che cade nell’acqua, al nostro modo di stare in relazione con gli altri. Con chi amiamo, con i nostri amici e con gli sconosciuti. Se non riusciamo ad amare dobbiamo entrare in una relazione di dominio, di potere, in cui imponiamo o subiamo, siamo vittime o carnefici e questo occupa e dirige tutte le nostre energie, dando forma alla nostra vita.
Risponderesti se qualcuno ti chiamasse
con il nome sbagliato?Ho sospirato perché, per anni, non è stato tra le mie braccia.
Poi, una notte, qualcuno mi disse un segretoForse il nome con cui chiami Dio non è proprio il suo,
forse appartiene a qualcun altro.
Ci ho pensato e ho chiamato il mio Amato con un nome
che non ho mai detto a nessuno, un nome di animale piccolo.
Tutto quello che posso dire è che ha funzionato. Pat Schneider
Scrivere la mente nel territorio dell’amore
Cosi quello che scrive la nostra mente non è solo la storia che ci raccontiamo ma quell’insieme implicito di atti e parole interiori con cui entriamo nel territorio dell’amore. Per questa ragione il libro è diviso in tre parti. La prima parte, attraverso la storia di Elsa, racconta come impariamo ad amarci e come possiamo fare per entrare in dialogo con la nostra autocritica. La seconda parte, con la storia di Alessandro, esplora come possiamo imparare ad amare gli altri anche quando non sono come vorremmo, anche quando non sono all’altezza dei nostri standard. La terza parte racconta la storia di Giovanna e la ripetizione che costruiamo dentro le relazioni affettive. Il modo in cui entriamo nella ripetizione ma, soprattutto, il modo per uscirne.
Qual è la domanda che facciamo per tutta la vita? La nostra domanda è questa: sono amato? Sono come te, curioso e piccolo. Come te ascolto attento e apro i miei sensi per cercare di leggere nell’aria, nelle nuvole, tra i raggi del sole, nei piccoli movimenti degli animali, tutto nella speranza di scoprire il segreto se sono amato. Pat Schneider
La bellezza delle parole
Tutto questo comunque non inizia con un discorso. Inizia con le parole. Noi iniziamo così a costruire la mente. Poche parole che teniamo strette e che rivelano la loro bellezza perché, quando iniziamo a parlare, le parole nascono nel corpo. I bambini sono poeti perché le parole, prima ancora che dirle, le sentono. Non perdiamo questa capacità: abbiamo solo bisogno di risvegliare la nostra mente sensoriale, quella che avevamo attiva da piccoli, per riconoscere il suono, il potere e la bellezza delle parole e lasciarle risuonare dentro di noi. Così bastano pochissime parole per scrivere la mente. A volte sono lance come cacciatori, a volte fiori come contadini, a volte parole guerriere, a volte parole sconfitte. Parole i cui bordi sono disegnati dal silenzio tagliente in cui brillano. Perché noi, per imparare a parlare, iniziamo ascoltando. Ascoltiamo e le parole brillano nel silenzio dell’ascolto.
Scrivere è per me il modo più sicuro di sapere dove sono, per aprire la porta e conoscere dove sarò. È un modo per raccogliere i fili e vedere come si tessono insieme. Pat Schneider
© Nicoletta Cinotti 2019
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Eventi futuri
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