
Quante volte capita di pensare, “avrei potuto evitarlo?” riferito a qualcosa che ci ha fatto male o che ha fatto male a qualcuno. Sappiamo che, in quel momento, la forza dell’impulso è stata troppo grande ma, nello stesso tempo, sappiamo anche che quello che abbiamo fatto lascerà delle conseguenze per noi e per altri. Come mai non ci siamo fermati prima?
Non ci siamo fermati prima mentre tante altre volte, usando il nostro fatidico autocontrollo, lo abbiamo fatto e abbiamo scoperto una verità: l’autocontrollo funziona ma non può funzionare sempre perché quello che tratteniamo lascia una traccia nel corpo. La pressione interna aumenta silenziosamente fino a raggiungere una specie di punto di non ritorno. Tanto di non ritorno che ci accorgiamo di averlo superato dopo che è già avvenuto, come se fosse scattato un interruttore di cui non avevamo conoscenza. Si proprio così: tanto autocontrollo conduce, prima o poi, ad una perdita di controllo impulsiva e improvvisa.
Tenere dentro, tirarsi indietro – le due forme preferite di controllo quotidiano – funzionano fino a che non facciamo troppo cumulo. Quel cumulo, silenzioso o rumoroso che sia, è come la palla di neve che si trasforma in valanga.
Cosa fare? Riconoscere l’avversione, senza giudicarla, senza negarla, esplorare come si realizza nel corpo, quali parti di noi risuonano con l’avversione e quali parti di noi la combattono. restituendo a noi stessi il permesso di sentirla senza scandalo. Così facendo ci restituiamo il permesso di esprimersi senza essere trascinati dall’impulsività
Possiamo praticare con la rabbia attraverso tre passi.15 Il primo passo è sentirla nel corpo fino ad arrivare all’emozione sottostante. La rabbia infatti è un’emozione reattiva e, per questa ragione, nasconde sempre un’altra emozione. Il passo successivo è sentire esattamente cosa significa nel corpo la rabbia che proviamo, in modo non analitico e non storico. È il “cos’è” fisico dell’esperienza: capire quale tensione, dove, come cambia, senza rinforzare l’identificazione con l’emozione, che è quella che produce una spinta all’azione. Il terzo passo è suddividerla nelle sue tre componenti: la situazione obiettiva, l’emozione percepita nel corpo e i comportamenti che ne sono scaturiti. La strategia comportamentale permette di approfondire ed entrare in contatto con le convinzioni di fondo che alimentano la nostra rabbia e che ci in- trappolano in schemi ripetitivi di reazione. da Mindfulness ed emozioni
Pratica del giorno: Un estratto dal corso di Yoga e bioenergetica
© Nicoletta Cinotti 2022 Reparenting ourselves. Ritiro di bioenergetica e mindfulness